Abstract
Il presente contributo esamina le disposizioni introdotte dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, così come modificato dal decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238, in materia di controllo dell’urbanizzazione nelle aree a rischio di incidente rilevante e mette in rilievo i contenuti di alcune recenti ordinanze del Consiglio di Stato e del TAR LAZIO-LATINA per l’applicazione del D.M.LL.PP. del 9 maggio 2001[1] in materia di pianificazione urbanistica e territoriale in presenza di attività a rischio di incidente rilevante.
Premessa
Le direttive comunitarie c.d. “Seveso II”
[2] e ”Seveso III”
[3] dettano disposizioni finalizzate a prevenire gli incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente; a tal fine, le stesse direttive indicano i criteri da adottare nelle politiche degli Stati dell’Unione Europea in materia di controllo dell’urbanizzazione, destinazione e utilizzazione dei suoli.
Con l’ordinanza n. 1892/09 del 17 aprile 2009, relativa al ricorso presentato dal Comune di A. per l’annullamento dell’ordinanza del TAR LAZIO – LATINA n. 429/2008, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello (ricorso numero 9765/2008) osservando che “gli artt. 14, D.Lgs. n. 334/99 e 5, D.M. 9 maggio 2001, riconoscono all’organo tecnico regionale la competenza ad adottare la dichiarazione di incompatibilità territoriale allorché non sia stato recepito nel piano regolatore generale l’elaborato tecnico previsto dall’art. 14 del succitato decreto ministeriale”.
Con la predetta ordinanza n. 429/2008, relativa al ricorso sulla richiesta di annullamento del provvedimento del Comune di A. della dichiarazione dell’incompatibilità territoriale del progetto per la realizzazione di una centrale a ciclo combinato alimentata a gas naturale, il TAR LAZIO – LATINA accoglieva l’istanza di tutela cautelare e, per l’effetto, sospendeva l’efficacia dell’atto impugnato ritenendo che “ il ricorso sia assistito da apprezzabili profili di fondatezza in quanto la tesi della ricorrente secondo cui, in base alle disposizioni degli articoli 14 del d.lgs. 17 agosto 1999, n. 334 e 5 del D.M. 9 maggio 2001, in mancanza del recepimento da aprte degli strumenti urbanistici dell’elaborato tecnico previsto dall’art. 4 del citato D.M. (mancanza nella fattispecie incontestata), la competenza a valutare la c.d. compatibilità territoriale non appartiene al comune ma all’autorità di cui all’art. 21 del d.lgs. 17 agosto 1999, n. 334, appare condivisibile”
Il suddetto impianto turbogas non risulta soggetto alla normativa Seveso mentre nel territorio del Comune A. risultano insediate quattro stabilimenti soggetti a presentazione del Rapporto di Sicurezza ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. 334/99 e s.m.i..
1) La Pianificazione urbanistica e Territoriale in presenza di Stabilimenti a rischio di incidente rilevante ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 1999 e s.m.i.
La direttiva c.d. “Seveso II”, all’art. 12, stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché nelle rispettive politiche in materia di controllo dell’urbanizzazione, destinazione e utilizzazione dei suoli e/o in altre politiche pertinenti si tenga conto degli obiettivi di prevenire gli incidenti rilevanti e limitarne le conseguenze.
Tali obiettivi debbono essere perseguiti tramite un controllo:
a) dell’insediamento degli stabilimenti nuovi;
b) delle modifiche degli stabilimenti con aggravio del preesistente livello di rischio;
c) dei nuovi insediamenti attorno agli stabilimenti esistenti, quali vie di comunicazione, luoghi frequentati dal pubblico, zone residenziali, qualora l’ubicazione o gli insediamenti possano aggravare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante.
La direttiva c.d. “Seveso III”, all’art. 1, comma 7, lettera a), stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché la loro politica in materia di assetto del territorio e/o le altre politiche pertinenti, nonché le relative procedure di attuazione tengano conto della necessità, a lungo termine, di mantenere opportune distanze tra gli stabilimenti a rischio da un lato e le zone residenziali, gli edifici e le zone frequentate dal pubblico, le vie di trasporto principali, per quanto possibile, le aree ricreative le aree di particolare interesse naturale o particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, dall’altro.
Il decreto legislativo n. 334 del 1999, dopo avere premesso, all’art. 1, che il decreto stesso contiene disposizioni finalizzate a prevenire incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose e a “limitarne le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente”, all’art. 3, comma 1, lettera f), definisce “incidente rilevante” l’evento che “dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente”.
Le attività di identificazione e valutazione dei pericoli rilevanti, condotte dal Gestore nell’ambito dell’analisi di sicurezza, devono rendere disponibili “le informazioni necessarie per la verifica del rispetto dei requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale, di cui all’art. 14, comma 1, del decreto legislativo n. 334 del 17 agosto 1999. L’espletamento di tali attività deve permettere la valutazione dell’idoneità delle misure di sicurezza adottate, individuare le possibili aree di miglioramento, fornire i termini di sorgente per la pianificazione di emergenza interna ed esterna .. “ (art. 7, comma 2, del D.M. Ambiente 9 agosto 2000 – c.d.”decreto SGS” in G.U. n. 195 del 22 agosto 2000) [4].
Lo stesso decreto legislativo 334/99, all’art. 20, stabilisce che il piano di emergenza esterno di uno stabilimento a rischio deve essere elaborato anche al fine di mettere in atto tutte le misure necessarie per proteggere l’uomo e l’ambiente dalle conseguenze di un incidente rilevante mediante la cooperazione rafforzata, negli interventi di soccorso, con l’organizzazione di Protezione Civile. Dette linee guida, quindi, devono stabilire i criteri generali per la pianificazione territoriale ed urbanistica relativa agli immobili interessati dal rischio di incidente rilevante per:
a) garantire la sicurezza delle persone presenti negli immobili potenzialmente interessati da effetti di incidenti rilevanti;
b) garantire la tutela e la valorizzazione dell’ambiente e dei beni culturali e paesistici presenti nelle aree adiacenti agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante;
c) garantire le condizioni territoriali, ambientali e di sicurezza dei contesti produttivi, al fine di mantenere e potenziare i livelli occupazionali e incentivare il miglioramento della qualità ecologica delle imprese.
In definitiva, il decreto legislativo n. 334 del 1999 riconosce anche alle Regioni la titolarità di una serie di competenze (pur sempre concorrenti con quelle statali), che riguardano profili indissolubilmente connessi ed intrecciati con la tutela dell’ambiente.
Così definito il quadro degli interessi sottostanti alla vigente disciplina sulle attività a rischio di incidente rilevante, ne deriva che essa ha un’incidenza su una pluralità di interessi, in parte di competenza esclusiva dello Stato, ma in parte anche – come si è visto – di competenza concorrente delle Regioni, che pertanto legittimano una serie di interventi regionali nell’ambito, ovviamente, dei principi fondamentali stabiliti della legislazione statale (ed europea) in materia.
2) Il decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 9 maggio 2001
Il decreto 9 maggio 2001 stabilisce i requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti soggetti agli obblighi del decreto legislativo n. 334/99, al fine di fornire orientamenti comuni ai soggetti competenti in materia di pianificazione urbanistica e territoriale e di salvaguardia dell’ambiente, per semplificare e riordinare i procedimenti, oltre che per raccordare le leggi e i regolamenti in materia ambientale con le norme del “governo del territorio”.
Ai sensi dell’art. 2 del decreto in argomento, le Regioni assicurano il coordinamento tra i criteri e le modalità stabiliti per l’acquisizione e la valutazione delle informazioni di cui agli articoli 6,7 e 8 del decreto legislativo 334 e quelli relativi alla pianificazione territoriale e urbanistica e assicurano, altresì, il coordinamento delle nome in materia di pianificazione urbanistica, territoriale e di tutela ambientale con quelle derivanti dal medesimo decreto legislativo n. 334/99, prevedendo anche opportune forme di concertazione tra gli enti territoriali competenti, nonché con gli altri soggetti interessati.
Ai sensi dello stesso articolo 2, il “piano territoriale di coordinamento” di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nell’ambito della determinazione degli assetti generali de territorio, deve disciplinare, tra l’altro, la relazione degli stabilimenti con gli elementi territoriali e ambientali vulnerabili, con le reti e i nodi infrastrutturali, di trasporto, tecnologici ed energetici, esistenti e previsti, tenendo conto delle aree di criticità relativamente alle diverse ipotesi di rischio naturale individuate nel “piano di protezione civile”.
Il decreto del 9 maggio 2001, inoltre, prevede che:
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per quanto riguarda la “pianificazione territoriale”, le province e le città metropolitane, ove costituite, nell’ambito dei propri strumenti di pianificazione territoriale con il concorso dei comuni interessati, individuano le aree sulle quali ricadono gli effetti prodotti dagli stabilimenti soggetti alla disciplina di cui al decreto legislativo 334, acquisendo, ove disponibili, le informazioni relative alla pianificazione urbanistica;
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per la “pianificazione urbanistica”, gli strumenti urbanistici debbono individuare e disciplinare, anche in relazione ai contenuti del suddetto Piano territoriale di coordinamento, le aree da sottoporre a specifica regolamentazione, tenendo conto anche di tutte le problematiche territoriali e infrastrutturali relative nell’area vasta. A tal fine, gli strumenti urbanistici comprendono un Elaborato Tecnico “Rischio di incidenti rilevanti (RIR)” relativo al controllo dell’urbanizzazione;
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ai fini del “controllo dell’urbanizzazione”, le autorità competenti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e finalità, debbano utilizzare: a) per gli stabilimenti soggetti all’articolo 8 del decreto legislativo 334, le valutazioni effettuate dall’Autorità competente di cui all’articolo 21 del medesimo decreto legislativo; b) per gli stabilimenti soggetti agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 334, le informazioni fornite dal gestore.
L’allegato al decreto 9 maggio 2001, al punto 7.1, indica le informazioni che devono essere fornite dai Gestori di attività a rischio di incidente rilevante soggette alla normativa Seveso ex D. Lgs. 17 agosto 1999, n. 334 e s.m.i. nei casi di insediamento di nuovi stabilimenti e/o modifiche di stabilimenti esistenti comportanti aggravio del rischio ai sensi del D.M. Ambiente 9 agosto 2000 (c.d.”decreto Modifiche” in G.U. n. 196 del 23 agosto 2000) [5]: “Le stesse informazioni sono trasmesse alle medesime autorità dal gestore di nuovi stabilimenti all’ atto della presentazione del rapporto preliminare di sicurezza all’ autorità competente per il rilascio del nulla osta di fattibilità di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 o, per gli stabilimenti soggetti agli obblighi dei soli articoli 6 e 7 dello stesso decreto, all’ atto della richiesta di concessioni e autorizzazioni edilizie”.
3) Rilascio Concessioni e Autorizzazioni edilizie nelle aree con presenza di stabilimenti a rischio di incidente rilevante
L’art. 9 del d.lgs. 334/99 e s.m.i. prescrive che: “Chiunque intende realizzare uno degli stabilimenti di cui all’articolo 8, comma 1, prima di dare inizio alla costruzione degli impianti, oltre a tutte le autorizzazioni previste dalla legislazione vigente, deve ottenere il nulla osta di fattibilità di cui all’articolo 21 , comma 3,; a tal fine, fa pervenire all’autorità di cui all’articolo 21, comma 1, un rapporto preliminare di sicurezza. La concessione edilizia non può essere rilasciata in mancanza del nulla osta di fattibilità. Prima di dare inizio all’attività, il gestore, al fine di ottenere il parere tecnico conclusivo, presenta all’autorità di cui all’articolo 21, comma 1, il rapporto di sicurezza, integrando eventualmente quello preliminare”.
L’art. 6 bis dello stresso decreto legislativo stabilisce che “Il gestore di un nuovo stabilimento ovvero il gestore che ha realizzato modifiche con aggravio del preesistente livello di rischio ovvero modifiche da comportare obblighi diversi per lo stabilimento stesso ai sensi del presente decreto, previo conseguimento delle previste autorizzazioni, prima dell’avvio delle attività ne dà comunicazione ai destinatari della notifica di cui al comma 1”.
Con sentenza n. 2331/2007, relativa al ricorso presentato dalla ditta U. (stabilimento Seveso soggetto a presentazione del Rapporto di Sicurezza) contro il Comune di AULLA per l’annullamento della concessione edilizia rilasciata alla Società D. (controinteressata), il TAR TOSCANA ritiene fondata la censura della parte ricorrente per non avere l’Amministrazione preventivamente assunto, in mancanza del documento “R.I.R.”, il parere tecnico del competente Comitato Tecnico Regionale prescritto dall’art. 14 del decreto 9 maggio 2001.
Si legge nella sentenza in argomento “E’ evidente che la normativa ha inteso regolare in via transitoria la fattispecie delle edificazioni assentibili in caso di mancata perimetrazione delle zone di sicurezza e sino alla stessa, da parte dei Comuni (e come avvenuto presso il Comune di Aulla); la legge, proprio sopperendo all’ inerzia delle Amministrazioni, ha così individuato la necessità di una valutazione, da parte del competente Comitato, sulla sicurezza degli insediamenti di volta in volta proposti dalle domande edificatorie (tale competenza del comitato si aggiunge a quella ordinaria in tema di sicurezza sugli stabilimenti interessati dall’attività pericolosa). Indipendentemente quindi dalle problematiche afferenti all’imputabilità della mancata perimetrazione (ed ampiamente sviluppate negli scritti difensivi delle parti) l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto, preventivamente al rilascio, del titolo edilizio, sottoporre al Comitato il progetto edificatorio presentato dalla società D; l’omissione di tale fase prevista imprescindibilmente dalla legge costituisce vizio del procedimento di rilascio della concessione, che deve pertanto essere annullata”.
Conclusioni
Il decreto 9 maggio 2001 ha dimostrato di potere essere attuato nelle Regioni ove esiste una legislazione sul governo del territorio di recente formazione; in altre Regioni, il “controllo dell’urbanizzazione” è stato incardinato nell’ambito delle procedure di pianificazione ordinaria anche indipendentemente dall’ambito oggettivo delle direttive Seveso. In ogni caso, occorrerà migliorare: 1) il metodo di verifica della compatibilità territoriale, tenendo conto della classificazione delle destinazioni d’uso della disciplina urbanistica; 2) il metodo di verifica della compatibilità ambientale, tenendo conto delle declaratorie di tutela definite dagli strumenti di pianificazione e dai vincoli esistenti, nonché dalla pericolosità degli stabilimenti.
Ing. Concetto Aprile [6]
[2] La direttiva 96/82/CE del Consiglio dell’Unione Europea del 9 dicembre 1996 è stata recepita con il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 recante “Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”.
[3] La direttiva 2003/105/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2003 (in GUCE del 31 dicembre 2003) è stata recepita con il decreto legislativo 21 settembre 2005, n. 238 recante “Attuazione della direttiva 2003/105/CE, che modifica della direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”.
[5] Decreto del 9 agosto 2000 (in GU n.196 del 23 agosto 2000) recante ”Individuazione delle modificazioni di impianti e di depositi, di processi industriali, della natura o dei quantitativi di sostanze pericolose che potrebbero costituire aggravio del preesistente livello di rischio”
[6] Dirigente Superiore del Ministero dell’Interno – Dipartimento Vigili del Fuoco – Area Rischi Industriali
Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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