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Il presente lavoro si incentra su un’indagine inerente alla possibilità di fornire la prova della proprietà di alcuni beni mobili, sottoposti a pignoramento mobiliare da parte dell’ufficiale giudiziario, da colui che si reclama essere legittimo proprietario degli stessi.
Si immagini la seguente vicenda. Un parente viene ospitato stabilmente in casa presso una città diversa da quella di sua provenienza, per consentire a costui di trovare lavoro. Il soggetto convive stabilmente per anni con i propri parenti, trasferendo la propria residenza presso l’abitazione di costoro; trovato un lavoro più congruo in un altro Stato, il parente si trasferisce definitivamente, andando ad abitare per conto proprio. Durante il periodo di ospitalità, nondimeno, detta persona aveva contratto numerosi debiti, mai ripianati, a causa delle difficoltà economiche incontrate all’epoca in cui questi non aveva ancora un lavoro stabile. Tali pendenze non sono state sanate, così i creditori decidono di ottenere ciascuno un decreto ingiuntivo e di iniziare l’esecuzione.
La coppia di coniugi residenti nell’appartamento è preoccupata dalle notificazioni dei decreti ingiuntivi, pure regolarmente notificati ai sensi e per gli effetti dell’art. 139, comma 2°, c.p.c., in quanto il debitore era ancora formalmente residente presso l’abitazione dei parenti che lo avevano ospitato.
Come possono i coniugi ospitanti evitare di pagare di tasca propria per i debiti del proprio parente?
Inquadrando giuridicamente la fattispecie che ci occupa, il problema da risolvere inerisce alla prova che deve essere fornita dal terzo non debitore circa la proprietà dei beni che si intendono sottoporre a pignoramento. Notevole rilevanza assume, ai fini della soluzione del presente quesito, il fatto che il debitore risiedesse nella casa presso la quale era ospitato.
Se quindi il proprietario dei beni da pignorare o pignorati non coincide con il debitore del creditore procedente, ciò significa che detto soggetto è terzo rispetto all’esecuzione. In quanto tale, egli deve esperire opposizione di terzo all’esecuzione, ai sensi dell’art. 619 c.p.c.
Quest’ultima disposizione normativa statuisce che il terzo che pretende di vantare la proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati può esperire ricorso innanzi al giudice dell’esecuzione prima che sia promossa la vendita o l’assegnazione dei beni. Nel caso in cui l’opposizione dispiegata dal terzo sia proposta successivamente alla vendita dei beni, le spettanze che competono al terzo sono fatte valere sulla somma ricavata dalla vendita, come dispone l’art. 620 c.p.c.
Una pesante limitazione è incontrata dal terzo per quanto concerne le prove a sua disposizione con le quali fornire la prova del proprio titolo dominicale o di altro diritto reale da esso vantato sul bene o sui beni oggetto di esecuzione. L’art 621 c.p.c. dispone, infatti, che il terzo opponente non può giovarsi della prova testimoniale per provare il diritto proprietario o reale limitato sui beni pignorati nella casa o nell’azienda del debitore, a meno che l’esistenza del diritto stesso non sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore.
Occorre pertanto fornire la nozione di casa del debitore, per poi chiarire se, per caso, sussista una presunzione di appartenenza in capo al debitore dei beni che si trovano nella casa o nell’azienda di questi.
Una volta chiarito questo punto, è necessario soffermarsi sull’ampiezza dell’onere probatorio imposto al terzo, per far valere le proprie spettanze sui beni che costituiscono oggetto di pignoramento.
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Ai fini della qualificabilità, o meno, di un alloggio come “casa del debitore”, ha chiarito una pronuncia di legittimità, deve ritenersi rilevante un mero rapporto di fatto durevole, con la conseguenza che, nel caso in cui nel medesimo alloggio convivano più persone, tutti i beni possono essere esecutati, ferma la possibilità riconosciuta in capo ai conviventi non debitori di esperire opposizione di terzo:
L’espressione “casa del debitore” – usata dall’art. 621 c.p.c. per stabilire i limiti della prova testimoniale nel giudizio di opposizione all’esecuzione promosso dal terzo che pretende di avere la proprietà sui beni pignorati in quel luogo – inerisce ad un semplice rapporto di fatto, che abbia però una certa stabilità e non sia di temporanea ospitalità in casa altrui. Conseguentemente, qualora in una casa convivano più persone, tutti i beni ivi esistenti possono essere pignorati per il debito di ciascuno, salvo il diritto dei conviventi non debitori di proporre opposizione a norma dell’art. 619 c.p.c. e con le limitazioni di prova stabilite dal citato art. 621, ancorché l’opponente sia un parente
(Cass. civ., 14.06.1982, n. 3626, CED Cassazione).
Chiarita la definizione di casa del debitore, rilevante ai sensi dell’art. 621 c.p.c., occorre domandarsi se la mera presenza dei beni mobili nella casa del debitore faccia sorgere la presunzione semplice di appartenenza degli stessi al debitore. Qualora infatti si ammettesse una simile presunzione, il terzo dovrebbe fornire la prova contraria, ossia provare il proprio titolo dominicale in capo ai beni di cui reclama la proprietà.
La giurisprudenza di legittimità, al riguardo, ritiene sussistente una simile presunzione e la inquadra come ratio del divieto, posto in capo al terzo, di fornire la prova testimoniale circa i diritti che rivendichi sulle cose sottoposte a pignoramento:
Nell’opposizione di terzo all’esecuzione, l’art. 621 cod. proc. civ. nega al terzo opponente (e tale ultima veste può essere assunta anche dal coniuge, in quanto la diversa disposizione contenuta nell’art. 622 cod. proc. civ. è stata dichiarata incostituzionale da Corte cost. n. 143 del 1967), la possibilità di provare con testimoni il diritto vantato sui beni pignorati nella casa in cui conviva o coabiti non occasionalmente con il debitore pignorato, ovvero in altri luoghi a quest’ultimo appartenenti, giacché la presenza di beni pignorati nella casa o nell’azienda del debitore crea la presunzione di appartenenza di essi al debitore medesimo
(Cass. civ., 16.04.2003, n. 6097, in CED Cassazione).
In un altro caso, la Suprema Corte ha chiarito che alla base della presunzione di appartenenza è dato rinvenire una massima di esperienza, fondata sul comportamento abituale del soggetto che fruisce di un luogo a fini familiari o lavorativi, consistente nell’introdurre cose di sua proprietà nei detti luoghi:
La presunzione, valevole in sede esecutiva a norma dell’art. 621 c.p.c., per cui tutti i mobili che si trovano nell’azienda o nell’abitazione del debitore sono di sua proprietà, opera sul presupposto di una relazione di fatto tra il debitore e questi particolari spazi di vita professionale o familiare, perché chi ne gode può liberamente introdurvi e solitamente vi introduce cose che gli appartengono
(Cass. civ., 09.02.2007, n. 2909, in Arch. loc., 2007, 5, 515).
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La giurisprudenza di legittimità si è intrattenuta sulla prova che deve essere offerta dal terzo per superare la presunzione di appartenenza posta dall’art. 621 c.p.c. Talora, si è ritenuto rilevante il documento avente data certa anteriore al pignoramento, oppure le circostanze inerenti alla professione o al commercio esercitati dal terzo, di cui parla l’art. 621 c.p.c. In quest’ultimo caso, è ammissibile la prova testimoniale. Ai fini dell’accoglimento dell’opposizione dispiegata dal terzo all’esecuzione, questi deve provare il fatto costitutivo del diritto vantato sui beni oggetto di pignoramento, nonché il titolo che fonda la loro presenza presso il debitore pignorato.
Quanto alle prove che devono essere fornite dal terzo e al contenuto dell’onere probatorio ad esso imposto, queste si sostanziano in un documento avente data certa anteriore al pignoramento o in particolari fatti inerenti alla professione o al commercio esercitato dal terzo o dal debitore:
Nell’opposizione di terzo all’esecuzione, l’art. 621 c.p.c. nega al terzo opponente la possibilità di provare con testimoni e, quindi, con presunzioni semplici il diritto vantato sui beni pignorati nella casa o nell’azienda del debitore. La presunzione di appartenenza dei beni al debitore posta dalla disposizione indicata è superabile con lo scritto di data certa anteriore al pignoramento o con circostanze inerenti alla professione o al commercio esercitato dal terzo o dal debitore. Consegue che il terzo ha l’onere di provare il fatto costitutivo del suo diritto di proprietà nonché il titolo per cui essi si trovano presso il debitore
(Cass. civ., 16.11.2000, n. 14873, in Mass. Giur. it, 2000).
L’azione promossa dal terzo ha natura di domanda di accertamento negativo dell’appartenenza al debitore dei beni pignorati:
L’azione del terzo opponente, prevista dagli artt. 619 e ss. c.p.c., ha contenuto di accertamento negativo circa l’appartenenza al debitore, presunta iuris tantum, dei beni pignorati nella casa o nell’azienda dello stesso
(Cass. civ., 07.01.1980, n. 96, in CED Cassazione).
L’affidamento dei beni al debitore deve avere data certa anteriore al pignoramento e costituisce oggetto di prova da parte del terzo:
Il terzo che si oppone all’esecuzione mobiliare ha l’onere di provare documentalmente non soltanto l’affidamento dei beni al debitore in data certa, anteriore al pignoramento, ma altresì il suo diritto di proprietà su di essi e a questo fine il contratto di comodato è inidoneo
(Cass. 24.04.1998, n. 4222, in Mass. Giur. it., 1998).
La prova offerta dal terzo deve essere connotata da precisione:
Stante la presunzione, valevole in sede esecutiva, a norma degli artt. 513 e 621 cod. proc. civ., per cui tutti i mobili arredanti l’abitazione del debitore da questi goduti, sono di sua proprietà, chiunque li abbia acquistati e li abbia introdotti nella casa, al terzo, opponentesi all’esecuzione, incombe l’onere di fornire la prova precisa che quei beni specifici, individuati nel verbale di pignoramento, costituiscono oggetto del diritto di proprietà acquistato da esso opponente in data anteriore al pignoramento, esclusa la prova per testimoni e per presunzioni semplici, nei limiti indicati dall’art. 621 cod. proc. civ.
(Cass. civ., 29.08.1994, n. 7564, in Mass. Giust. civ., 1994, 1110).
Per vincere la presunzione di appartenenza, il terzo può anche contestare uno dei presupposti di fattispecie, ossia che il luogo ove le cose sono state pignorate costituisca la casa del debitore:
Al terzo opponente è dato il potere di combattere la presunzione di appartenenza prevista dall’art. 621 c.p.c. mediante la prova che il luogo in cui il pignoramento è stato eseguito non costituisce la casa del debitore, ma non è producente a tale scopo la dimostrazione della circostanza che nel passato debitore e terzo hanno avuto distinte abitazioni, tanto più se accompagnata dalla contestuale ammissione dell’attualità della convivenza fra i due
(Cass. 24.03.1979, n. 1709, in Giust. civ., 1979, I, 579).
Il terzo può anche cimentarsi nella prova del fatto che il debitore non abitava nella casa ove sono state pignorate le cose al tempo del pignoramento, fornendo parimenti la prova del proprio diritto dominicale sui beni:
La dimostrazione, da parte del terzo che propone opposizione alla esecuzione ai sensi dell’art. 619 c.p.c., che il debitore esecutato non abitava, alla data del pignoramento, nella casa ove sono stati pignorati i beni mobili fa venir meno la presunzione di appartenenza di quei mobili al debitore esecutato, ma non esonera costui dall’onere dell’ulteriore prova dell’esistenza di un suo diritto reale sui mobili medesimi
(Cass. civ., 04.06.1980, n. 3628, in Mass. Giur. civ., 1980, 6).
Quest’ultima pronuncia, seguita dalla giurisprudenza maggioritaria, è stata contraddetta da una sentenza della Suprema Corte, invero rimasta isolata, la quale ha ritenuto che, una volta appurato che il luogo non costituisce la casa del debitore, sia onere del creditore che intende insistere nell’esecuzione fornire la prova del titolo dominicale o reale limitato vantato sui medesimi dal debitore:
La presunzione iuris tantum di appartenenza al debitore dei beni pignorati, opera solo se ed in quanto i beni siano rinvenuti nella casa di abitazione dello stesso; pertanto, quando in sede di opposizione di terzo all’esecuzione, risulti che il luogo in cui essi sono stati staggiti non è la casa del debitore, spetta al creditore che intende insistere nell’esecuzione provarne specificamente l’appartenenza al debitore
(Cass. 20.02.1987, n. 4616, in Mass. Giur. it, 1987).
Poiché il terzo deve fornire la prova del proprio diritto di proprietà o di altro diritto reale limitato che egli vanti sulle cose esecutate, la Suprema Corte ritiene che il contratto di comodato non sia sufficiente per vincere la presunzione di cui all’art. 621 c.p.c., ma possa essere utilizzato dal terzo per provare il titolo dell’affidamento delle cose pignorate al debitore:
Il principio secondo cui il contratto di comodato dei beni pignorati nell’abitazione del debitore non è sufficiente a vincere la presunzione di appartenenza di detti beni al debitore medesimo presuppone che il terzo opponente intenda provare la proprietà dei beni pignorati sulla base della semplice concessione in comodato dei beni stessi al debitore (o a persona con lui convivente) e non è, pertanto, applicabile al caso in cui l’opponente, attraverso il contratto di comodato, miri invece a dimostrare non la proprietà dei mobili pignorati, già provata mediante la produzione di un titolo diverso ed idoneo, ma l’affidamento dei mobili al debitore (o ad un suo congiunto), al fine di giustificare la loro permanenza nella casa dell’esecutato e comprovare, nel contempo, l’insussistenza, nel debitore, di un possesso idoneo a fargliene acquistare la proprietà
(Cass. civ., 03.05.1980, n. 2916, in Rep. Foro it., 1980).
Analogo principio vale per il contratto di locazione, poiché esso prescinde dalla prova del titolo proprietario e può essere stipulato da chiunque sia in condizione di disporre materialmente della cosa locata; nondimeno, esso può fornire elementi presuntivi sottoposti al libero apprezzamento del giudice di merito:
In tema di opposizione di terzo all’esecuzione forzata, il contratto di locazione delle cose pignorate, stipulato dal terzo con il debitore, pur non essendo di per sé idoneo a dare la prova della spettanza all’opponente della proprietà o di altro diritto reale, in quanto prescinde da tali diritti e può intervenire con chiunque sia in condizione di disporre di fatto della cosa, può – in presenza di altri elementi che valgano ad integrarne la rilevanza probatoria – fornire in proposito elementi presuntivi, che il giudice del merito deve valutare, ove non sussista l’obbligo di dimostrare documentalmente gli indicati diritti, in relazione alla professione od al commercio del terzo o del debitore
(Cass. civ., 06.07.1978, n. 3359, in Rep. Foro it., 1978).
Con riferimento ai rapporti familiari o di convivenza, i giudici di legittimità ritengono che i soggetti conviventi con il debitore siano esonerati soltanto dal fornire la prova del titolo dell’affidamento dei beni al debitore, a causa del rapporto familiare o di convivenza con esso instaurato; tuttavia, essi devono pur sempre, al pari di qualsiasi altro terzo, fornire la prova del diritto reale da essi vantato sui beni di cui si reclamano proprietari, o titolari di diritto reale minore. A tale proposito, si è giudicata insufficiente la prova offerta mediante una scrittura privata, conclusa tra i coniugi, con la quale costoro hanno proceduto a inventariare i beni mobili presenti nella casa ed il rispettivo coniuge proprietario:
In tema di opposizione di terzi avverso l’esecuzione mobiliare, avente ad oggetto beni pignorati presso l’abitazione del debitore, i soggetti conviventi con il debitore medesimo, ivi compresa la moglie, se sono esonerati, in ragione del rapporto di coabitazione, dalla dimostrazione dell’affidamento di quei beni ad esso esecutato per un titolo diverso dalla proprietà, restano gravati, a norma dell’art. 621 c.p.c., ed al pari di ogni altro terzo opponente, dall’onere di provare documentalmente, con scrittura di data certa anteriore al pignoramento, l’acquisto del diritto dominicale sui beni stessi. A questo fine, pertanto, non può ritenersi sufficiente una scrittura intervenuta fra i coniugi, la quale contenga la reciproca ricognizione o l’accertamento della distinta appartenenza all’uno ed all’altro degli arredi della casa coniugale, trattandosi di atto dichiarativo, vincolante nei rapporti interni, ma inidoneo ad evidenziare il suddetto acquisto del diritto di proprietà, e come tale inopponibile al creditore procedente
(Cass. civ., 24.05.1984, n. 3193, in CED Cassazione).
In merito all’utilizzabilità della prova testimoniale da parte del terzo, soccorre il criterio di verosimiglianza, fondato sulla comparazione tra l’occupazione del terzo e quella del debitore (si pensi alla autovettura che sia stata portata dal meccanico perché quest’ultimo vi effettui delle riparazioni):
Nell’opposizione di terzo all’esecuzione, al terzo è consentito avvalersi della prova testimoniale o di presunzioni semplici per provare il suo diritto di proprietà sui beni rinvenuti presso il debitore all’atto del pignoramento, soltanto quando appaia verosimile, in base ad un giudizio di comparazione tra la professione e il commercio rispettivamente esercitati dal terzo opponente e dal debitore, necessariamente differenti, che a cagione della diversa attività svolta i beni rinvenuti presso l’abitazione del debitore siano di proprietà del terzo
(Cass. civ., 16.06.2003, n. 9627, in Guida al dir., 2003, 31, 51).
La Suprema Corte ha precisato che i limiti dettati dal codice circa l’utilizzabilità della prova testimoniale scattano solo nel caso in cui le cose siano state pignorate nella casa del debitore:
Nell’opposizione all’esecuzione proposta dal terzo, ai sensi dell’art. 619 c.p.c., i limiti alla prova testimoniali, indicati dal successivo art. 621, hanno riguardo alla sola ipotesi in cui i beni mobili siano stati pignorati nella casa del debitore, così che, in mancanza di tale condizione, la prova della proprietà potrà essere fornita dall’opponente con ogni mezzo, ivi comprese le presunzioni
(Cass. civ., 24.06.1997, n. 5636, in CED Cassazione).
Più recentemente:
Nell’opposizione all’esecuzione proposta dal terzo, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. civ., i limiti alla prova testimoniale, indicati dal successivo art. 621, hanno riguardo alla sola ipotesi in cui i beni mobili siano stati pignorati nella casa del debitore, così che, in mancanza di tale condizione, la prova della proprietà può essere fornita dall’opponente con ogni mezzo, ivi comprese le presunzioni
(Cass. 12.03.2005, n. 5467, in Mass. Giur. it, 2005).
Queste sentenze costituiscono il precedente ribadito dal Giudice nomofilattico nei suoi successivi pronunciamenti, pienamente aderenti con l’impostazione profilata circa le limitazioni in cui incorre la prova testimoniale nel caso dell’art. 621 c.p.c.:
La corte territoriale, difatti, ha ritenuto, con apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede, che i terzi in opposizione avessero dato la prova della proprietà in ordine ai beni mobili pignorati, in conformità con quanto ritenuto dalla più recente giurisprudenza di questa corte regolatrice (Cass. 5636 del 1997; 5467 del 2005). Non trovando applicazione, nella specie, la limitazione probatoria di cui all’art. 621 c.p.c., e non essendo stati i beni oggetto di pignoramento rinvenuti nella casa del debitore, la sentenza si sottrae, anche sotto tale aspetto, alle censure mossele
(Cass. 30.03.2011, n. 7222, reperibile su www.indebitati.it).
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In sintesi, dall’esame della giurisprudenza in materia è lecito desumere i seguenti principi:
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la convivenza stabile e non saltuaria con familiari (figlio maggiorenne convivente con i genitori; rapporti di parentela) o con persone non legate da vincolo di parentela, ma con le quali si divida abitualmente un appartamento (come nel caso della convivenza more uxorio, tra co-conduttori di una medesima porzione immobiliare) legittima l’apprensione, da parte dell’ufficiale giudiziario, di tutti i beni esistenti per il debito di ogni soggetto, salva la possibilità di esperire opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.);
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la presenza di beni pignorati nella casa o nell’azienda del debitore crea la presunzione di appartenenza dei medesimi in capo al debitore;
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il terzo deve fornire la prova del diritto reale vantato sul bene staggito, nonché il titolo in base al quale detto bene si trova presso il debitore esecutato;
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il terzo non può provare per testi il proprio diritto dominicale o reale minore sul bene, a meno che l’esistenza del diritto sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore;
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contratti come la locazione o il comodato, nonché i rapporti familiari o di convivenza possono rilevare soltanto ai fini della prova del titolo per cui il bene si trova presso il debitore, ma non esimono dal fornire la prova del diritto dominicale o reale limitato in capo al terzo che reclami la proprietà di un bene sottoposto ad esecuzione
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