L’art. 12, comma 7, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 prevede una possibile e non automatica localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, in quanto rimessa ad una valutazione discrezionale dell’Amministrazione.
Il fatto
Il Consiglio di Stato è adito per la riforma della sentenza resa dal G.A. prime cure (T.a.r. Toscana – Firenze, sez. II, n. 287/2015) concernente il giudizio negativo di VIA in ordine alla compatibilità ambientale di un progetto per energie rinnovabili.
Nel merito della vicenda l’appellata sentenza ha ritenuto, tra l’altro, che:
– l’art. 12, comma 7, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 prevede una possibile localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici che non è assoluta, ma affidata ad una valutazione discrezionale dell’Amministrazione;
– la realizzazione dell’impianto in zona agricola costituisce, pertanto, una possibilità da valutare nell’equilibrata composizione dell’interesse alla realizzazione dell’impianto e delle tradizioni agroalimentari locali, della tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.
La decisione del Consiglio di Stato
Avuto riguardo al merito della vicenda, nella sentenza in esame, il Consiglio di Stato sottolinea che il carattere essenziale del procedimento di VIA consiste nella valutazione dell’impatto che il progetto può ragionevolmente e motivatamente produrre sui vari elementi che compongono l’ambiente, elementi rispetto ai quali l’utilità socio-economica del progetto stesso non può che ritenersi recessiva.
E così il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera.
Tale apprezzamento, peraltro, è sindacabile dal Giudice Amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità, o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti, perciò, evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione.
Condividendo, poi, quanto asserito dal G.A. di primo grado, il Consiglio di Stato, nella sentenza in esame, osserva che l’art. 12, comma 7, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 prevede una possibile e non automatica localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, in quanto rimessa ad una valutazione discrezionale dell’Amministrazione.
Peraltro, il medesimo art. 12 d.lgs. n. 387/2003 e le Linee Guida per la localizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, di cui al D.M. 10 settembre 2010, adottato in attuazione del citato art. 12, evidenziano che la VIA rappresenta un sub-procedimento che si instaura all’interno del procedimento di autorizzazione unica, ma che da esso deve essere tenuto distinto perché espletato da un’Autorità dotata di poteri precipuamente ed esclusivamente finalizzati a verificare la compatibilità ambientale del progetto.
La sentenza in esame si innesta così nel disegno interpretativo proprio della decisione del Consiglio di Stato n. 4928/2014 secondo cui, tra l’altro:
– alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero;
– la natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste;
– la valutazione di impatto ambientale non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati.
Consiglio di Stato, sez. IV, 31/03/2016, n. 1274
Respinge l’appello
Decisioni conformi
Il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera, apprezzamento che è sindacabile dal G.A. soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione
(Consiglio di Stato, sez. II, 2 ottobre 2014, n. 4928).
Normativa di riferimento
art. 12, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387
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