Poteri del giudice di rinvio nel procedimento “de libertate”

Nel procedimento “de libertate” il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato

     Indice

  1. La questione
  2. La soluzione adottata dalla Cassazione
  3. Conclusioni

1. La questione

Il Tribunale di Reggio Calabria, decidendo in sede di rinvio dall’annullamento pronunciato dalla Corte di Cassazione, rigettava un appello a suo tempo presentato ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. dalla difesa di una persona indagata avverso un provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari, a sua volta, aveva disatteso una richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, alla quale costei era stata sottoposta, con la misura meno gravosa degli arresti domiciliari.

Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione la difesa che, alla luce dei motivi addotti (violazione di legge, in relazione all’art. 627 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza e illogicità), chiedeva che il provvedimento impugnato venisse annullato senza rinvio, non essendo necessario, a suo avviso, un ulteriore giudizio di merito perché inidoneo a colmare la situazione di vuoto (sempre a suo dire) accertata.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

Il ricorso proposto era ritenuto inammissibile, costituendo ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale anche nel procedimento “de libertate” il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato e, pertanto, nel rispetto del principio di diritto statuito (e quindi con il limite di non ripetere i vizi già censurati e di non fondare la decisione su argomentazioni già ritenute illogiche o incomplete), egli mantiene piena autonomia di giudizio nella ricostruzione del fatto e nella individuazione e valutazione dei dati emersi e può trarre il suo convincimento anche da elementi prima trascurati o successivamente acquisiti, ponendo, anche per tale via, rimedio alle incongruenze indicate nella fase rescindente e colmando i vuoti di motivazione censurati (così, tra le tante, Sez. 5, n. 1530 del 31/03/1999).

Orbene, ritenendo la Suprema Corte che di tale criterio ermeneutico il Tribunale di Reggio Calabria ne avesse fatto una corretta applicazione, si procedeva alla reiezione di siffatta doglianza, ritenendola manifestamente infondata.

3. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi postulato, lungo il solco di un pregresso orientamento nomofilattico, che, anche nel procedimento “de libertate“, il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato in guisa tale che, nel rispetto del principio di diritto statuito (e quindi con il limite di non ripetere i vizi già censurati e di non fondare la decisione su argomentazioni già ritenute illogiche o incomplete), egli mantiene piena autonomia di giudizio nella ricostruzione del fatto e nella individuazione e valutazione dei dati emersi e può trarre il suo convincimento anche da elementi prima trascurati o successivamente acquisiti, ponendo, anche per tale via, rimedio alle incongruenze indicate nella fase rescindente e colmando i vuoti di motivazione censurati.

E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di cotale approdo ermeneutico, sostenere che il giudice di rinvio, anche in procedimenti di questo genere, nel decidere, debba attenersi alle pregresse statuizioni decisionali.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, di conseguenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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