Il PPP, la concessione di lavori, di servizi e la finanza di progetto nel nuovo Codice degli appalti (d.lgs. 50/2016)

Redazione 08/10/18
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di Alfredo Biagini

Con il d.lgs. 19 aprile 2016, n. 50, come successivamente integrato e modificato con il d.lgs. 18 aprile 2017, n. 56, adottato in forza della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, sono state recepite nell’ordinamento interno le Direttive UE 23, 24 e 25 del 2014. In particolare, con la Direttiva 2014/23/UE per la prima volta il Legislatore europeo ha dedicato una specifica codificazione ai contratti di concessione, delineando unitariamente la disciplina applicabile alle concessioni di lavori pubblici (di costruzione e gestione) e alle concessioni di servizi.
Il dato rinvenibile dallo sviluppo normativo è che, in sede sovranazionale, si è assistito a una progressiva evoluzione della disciplina delle concessioni.
Ed infatti, la prima Direttiva che si è occupata degli appalti pubblici» non considerava tra i contratti regolati a livello sovranazionale la concessione di “costruzione e gestione” né, tantomeno, quella di “servizi”.
Successivamente, le ulteriori Direttive – sebbene abbiano esteso la regolamentazione alle concessioni di costruzione e gestione, definite quali “concessioni di lavori” – non hanno introdotto alcuna previsione relativamente alle “concessioni di servizi”.
Solo con le Direttive n. 2004/17/CE e n. 2004/18/CE il Legislatore europeo ha prestato attenzione alla tipologia contrattuale delle “concessioni di servizi”, precisando che queste non soggiacevano alle regole introdotte, in via generale, per gli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e speciali, limitandosi a stabilire che tale tipologia di contratto avrebbe dovuto essere assentita agli operatori economici privati mediante procedure di gara informali da esperire nel rispetto dei principi del Trattato.

Concessioni di lavori e di servizi

In altri termini, era ribadito il criterio per cui, mentre le concessioni di lavori pubblici rientravano a pieno titolo tra i contratti regolati dalle norme sovranazionali, le “concessioni di servizi” rimanevano estranee a tale disciplina, ferma la necessità di sottoporre al mercato i relativi affidamenti, ancorché attraverso procedure selettive informali.
In sede di recepimento delle richiamate Direttive del 2004, il Legislatore interno ha, con la norma dell’art. 30 del d.lgs. n. 163/2006, stabilito che le uniche regole preordinate a disciplinare la concessione di servizi erano quelle contenute nello stesso art. 30, attesa la dichiarata inapplicabilità, a tale tipologia negoziale, delle altre disposizioni del Codice.
È stato, dunque, previsto l’esperimento di una gara informale, cui avrebbero dovuto essere invitati almeno 5 concorrenti, se fossero stati presenti sul mercato in tale numero soggetti qualificati a vedersi aggiudicata la concessione, esclusivamente nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità.
Quanto sopra fermo restando il rilievo di norme eventualmente rinvenibili da altre specifiche discipline che avessero previsto forme più ampie di tutela della concorrenza.
In tale quadro era fatta salva l’applicazione, purché conformi ai principi dell’ordinamento sovranazionale, delle regole (anche di matrice nazionale) che prevedevano l’affidamento di servizi a soggetti a loro volta Amministrazioni aggiudicatrici; era altresì chiarito che, nel caso in cui una Pubblica Amministrazione avesse riconosciuto – ovviamente nel rispetto dei criteri europei – diritti speciali o esclusivi a un soggetto non annoverabile tra le Amministrazioni aggiudicatrici, in guisa da consentirgli l’esercizio di un’attività di servizio pubblico, l’atto di concessione avrebbe dovuto prevedere che l’affidatario delle prestazioni, ove fosse stato nella necessità di concludere contratti di fornitura con operatori terzi, avrebbe dovuto, nella scelta del proprio contraente, rispettare il principio di non discriminazione in base alla nazionalità.
Solo, dunque, con la recente Direttiva 2014/23/UE si è compiuto il disegno europeo di declinare una normativa parametro per gli Stati membri, volta a disciplinare le concessioni, e quindi anche quelle di servizi.

Il nuovo assetto legislativo interno

Da qui il recepimento nell’ordinamento nazionale delle regole europee a mezzo del nuovo Codice unico dei contratti, approvato con il d.lgs. n. 50/2016, poi integrato e modificato dal più recente d.lgs. n. 56/2017.
Il nuovo assetto legislativo interno non si è limitato a regolare la fase di aggiudicazione ed esecuzione delle concessioni (di lavori pubblici e di servizi), ma ha anche introdotto una puntuale definizione di tale tipologia di contratto, nonché del partenariato pubblico/privato, replicando, altresì, la regolamentazione della finanza di progetto che, già contemplata nella precedente disciplina, ha trovato una più compiuta regolamentazione, dovendosi, comunque, intendere tale strumento non tanto quale autonoma categoria negoziale, quanto piuttosto una tecnica preordinata all’aggiudicazione di una concessione, sia essa di lavori pubblici ovvero di servizi.
(continua a leggere…)

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