E’ quanto ha ribadito dalla Corte di Cassazione, quarta sezione penale, con sentenza n. 12247 del 16 marzo 2018, facendo proprio un principio a suo tempo espresso dalla Corte Costituzionale –sentenza n. 106/2010 – che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 comma 2, ultimo periodo del Regio Decreto n. 1578/1933 e s.m.i., nella parte in cui prevede che i praticanti avvocati possano essere nominati difensori d’ufficio. La Consulta, in particolare, ha precisato come la norma censurata vada a compromettere l’effettività della difesa d’ufficio “poiché all’indagato o all’imputato potrebbe essere assegnato, senza il concorso della sua volontà, un difensore che non abbia percorso l’intero iter abilitativo per la professione”.
Il fatto. Sulla scorta di detto principio, è stato accolto il ricorso di un’imputata avverso la pronuncia di secondo grado che ne confermava la condanna per furto aggravato. Lamentava in particolare la difesa dell’imputata, di non essere venuta a conoscenza dell’udienza conclusiva del primo grado, svoltasi innanzi al Giudice monocratico del Tribunale. Da qui, in assenza della difesa di fiducia, lo stesso giudice penale aveva provveduto alla nomina di un difensore d’ufficio, che tuttavia, al tempo dei fatti, non risultava iscritto all’Albo degli Avvocati, bensì al Registro speciale dei praticanti Avvocati con abilitazione al patrocinio.
Pertanto – sancisce la Corte di Cassazione penale annullando senza rinvio la sentenza di secondo grado – in veste di praticante, il difensore nominato dal giudice monocratico non avrebbe potuto assumere la difesa d’ufficio dell’imputata.
Altre pronunce in tal senso. Lo stesso principio, a cui ha dato il via la Consulta, è stato espresso in ulteriori pronunce della Cassazione, oltre a quella in esame. Si sovviene, in particolare, la sentenza della sesta sezione penale n. 6580/2012, secondo la quale “il difensore di ufficio, non soltanto deve necessariamente essere un avvocato, ma non può nominare quale sostituto processuale un soggetto – il praticante – privo a sua volta della qualifica per svolgere le funzioni di difensore di ufficio”.
Riprendendo, in proposito, le argomentazioni della Corte Costituzionale (nella citata sentenza n. 106/2010), la differenza tra il praticante e l’avvocato iscritto all’Albo si apprezza non solo sotto il profilo della capacità professionale, ma anche sotto l’aspetto della capacità processuale, intesa come legittimazione ad esercitare, in tutto o in parte, i diritti e le facoltà proprie della funzione defensionale. Orbene, il praticante iscritto nel relativo Registro, pur essendo abilitato a proporre dichiarazione di impugnazione, non può partecipare all’eventuale giudizio di gravame e si trova, inoltre, nell’impossibilità di esercitare attività difensiva davanti al Tribunale in composizione collegiale.
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