La risoluzione giudiziale del preliminare di vendita di beni immobili con caparra per inadempimento del promittente venditore ed il risarcimento dei danni
Indice
1. L’azione di risoluzione per inadempimento
L’azione di risoluzione per inadempimento è disciplinata nel codice civile dall’art. 1453 ai sensi del quale: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni casoù, il risarcimento del danno. La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.”
La risoluzione giudiziale del contratto è un rimedio concesso al creditore per reagire all’inadempimento del debitore nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive o sinallagmatici; il termine significa scioglimento perché quando uno dei contraenti non adempie le obbligazioni scaturenti dal contratto, l’altro può chiedere la risoluzione – in alternativa all’adempimento della prestazione che invece implica il mantenimento del contratto – qualora voglia liberarsi dal vincolo contrattuale, ritenendo che il debitore sia incapace o non abbia volontà di dare esecuzione al contratto o per timore di poter perdere la prestazione già eseguita.
Ebbene, lo scioglimento del contratto conseguente alla risoluzione ha l’effetto retroattivo di ripristinare la situazione preesistente alla stipula fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi (art. 1458 c.c.), così determinando per il contraente adempiente innanzitutto il diritto ad ottenere la restituzione della prestazione effettuata, salvo il diritto al risarcimento del maggior danno subito da costui ricorrente nell’ipotesi in cui l’inadempimento sia esclusivamente responsabile contrattuale imputabile al debitore ovvero che non sia stato determinato da cause non imputabili a questi (es. caso fortuito, avvenimenti straordinari ed imprevedibili, impossibilità sopravvenuta, ecc…).
In virtù della sopra citata norma codicistica è previsto che la domanda di risoluzione preclude a colui che l’ha avanzata la possibilità di richiedere l’adempimento della obbligazione così come l’inadempiente, una volta chiesta la risoluzione, non può più rimediare con una tardiva esecuzione salvo che il creditore non la accetti.
La risoluzione del contratto può essere chiesta solo in se l’inadempimento è grave, non potendosi sciogliere il contratto in allorquando ricorra un inadempimento di scarsa importanza (art. 1455 c.c.).
La valutazione della gravità dell’inadempimento va operata tenendo conto l’interesse della parte che ha adempiuto aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto, che deve ritenersi leso se solo se l’inadempimento sia stato di rilevante entità (ex multis Cassazione civile, sez. III, ordinanza 20/02/2018 n° 4022).
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2. L’azione di risoluzione per inadempimento nel preliminare di vendita immobiliare con caparra
Il contratto preliminare di vendita immobiliare, chiamato anche “compromesso”, è un accordo tra venditore e compratore che si impegnano reciprocamente a stipulare un successivo e definitivo contratto di compravendita. Il trasferimento del diritto di proprietà sull’immobile si avrà solo con la stipula di quest’ultimo contratto.
Nel contratto preliminare è concordato un termine entro il quale il promittente-venditore ed il promittente-acquirente addiverranno alla stipula del contratto di vendita definitivo da perfezionarsi con rogito notarile.
Il contratto preliminare di vendita immobiliare ha quale effetto principale quello di obbligare le parti ad addivenire alla compravendita immobiliare a cui è strumentale costituendo una programmazione futura di interessi per il raggiungimento di tale scopo; gli elementi essenziali che ne costituiscono il contenuto minimo previsti dalla legge sono: il consenso delle parti, la forma scritta, l’esatta indicazione dell’immobile oggetto della vendita, il prezzo.
Spesso e volentieri il contratto preliminare di vendita immobiliare prevede a carico promissario-acquirente il versamento di una somma di denaro per confermare la serietà dell’impegno assunto a titolo di caparra “confirmatoria” ex art. 1385 c.c. che al suo secondo comma per le anzi dette ragioni prevede che: “Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.”, somma di denaro che alla fisiologica conclusione del contratto definitivo viene trattenuta dal promittente venditore quale acconto sul maggior prezzo pattuito. Ove le parti concordino invece che la caparra in questione sia versata quale prezzo corrispettivo da corrispondere da parte di chi intenda esercitare il diritto di recesso questa sarà denominata caparra “penitenziale” (art. 1386 c.c.).
E’ evidente che nel contratto preliminare di vendita immobiliare l’obbligazione principale, sia per il promissario-venditore che per il promissario-acquirente, è quella di addivenire alla vendita definitiva e che nell’ambito di tale figura contrattuale l’ipotesi di inadempimento a tale obbligo è da ritenersi importante e grave essendo che impedisce la realizzabilità dell’intento perseguito dalle parti con il contratto in questione.
Da quanto appena osservato discende che allorquando una delle parti del preliminare di vendita immobiliare si sottrae dalla stipula della vendita definitiva la parte adempiente potrà agire in giudizio per la risoluzione per inadempimento del contratto.
3. L’inadempimento del promissario venditore e il risarcimento del danno al promissario acquirente
Quando a sottrarsi al predetto obbligo è il promittente-venditore, il promittente-acquirente che abbia versato a costui la caparra in adempimento alla relativa pattuizione contemplata nel preliminare potrà esercitare l’azione di risoluzione richiedendo in primis la restituzione della caparra versata ma non del doppio della stessa, essendo che per quanto previsto dal 2° comma dell’art.1385 tale ipotesi incorre solo quando la parte adempiente eserciti l’azione di recesso e non l’azione di risoluzione per inadempimento.
Per effetto della risoluzione del preliminare il promittente-venditore che si sottrae alla stipula del definitivo è invece in ogni caso tenuto alla restituzione della caparra versata dal promittente-acquirente (Cass. ord. n. 11012/2018) – ciò ricollegandosi agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale come conseguenza del venir meno della causa della sua corresponsione (Cass. n. 10953/2012; Cass. n. 11356/2006; Cass. 8310/03; Cass. 13828/00, 8630/98; Cass. 10217/94) – senza alcuna necessità di specifica prova del danno, essendo il danno stesso, consistente nella perdita della somma capitale versata alla controparte maggiorata degli interessi, in re ipsa.
Come già anticipato con la proposizione dell’azione risoluzione del contratto la parte adempiente oltre che la restituzione della prestazione eseguita ha anche la possibilità di richiedere il risarcimento del maggior danno cagionatogli dall’inadempimento della parte inadempiente.
Ebbene, nel preliminare di vendita di bene immobile il danno cagionato al promittente-acquirente dal promittente-venditore che inadempie all’obbligo della stipula della vendita definitiva è identificabile nel lucro cessante derivante al promittente venditore in conseguenza del mancato acquisto dell’immobile oggetto della vendita del preliminare, individuato – come da recente orientamento giurisprudenziale in tal senso della Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 32536/2022 (cfr. anche Cass. n. 18498/2021) – nella differenza tra il valore di mercato dell’immobile nel momento in cui l’inadempimento è divenuto definitivo e il prezzo concordato in sede di preliminare, da rivalutarsi, se non corrisposto, tenendo conto degli effetti della svalutazione monetaria che interverrà nelle more del giudizio (Cass. ordinanza n. 28375/2017), il cui importo è accertabile mediante prova documentale costituita dal preliminare stesso e consulenza tecnica d’ufficio che accerti il valore di mercato dell’immobile nel momento in cui l’inadempimento è insorto.
Pacifico è, infatti, secondo quanto espresso dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, il principio secondo cui il risarcimento deve porre il creditore nella situazione in cui si sarebbe trovato se l’inadempimento non si fosse verificato.
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