Prescrizione del reato, quando la sospensione del dibattimento comporta la sospensione dei termini

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Il fatto

Il Tribunale di Cagliari riconosceva un imputato responsabile del reato di cui all’art. 95 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per avere falsamente dichiarato in autocertificazione finalizzata all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato depositata il 23 maggio 2012 in procedimento penale che il proprio nucleo familiare nell’anno d’imposta 2011 aveva conseguito un reddito imponibile complessivo di circa 5.000,00 euro, anziché di 102.682,00 euro, come in realtà emerso, «in particolare omettendo di comunicare le variazioni rilevanti dei limiti di reddito relative all’anno precedente, come imposto dall’art. 79, lett. d), d.P.R. n. 115 del 2002» e, in conseguenza, senza circostanze attenuanti e con l’aumento per la con la recidiva qualificata, lo condannava alla pena stimata di giustizia.

La Corte di Appello di Cagliari, dal canto suo, in parziale riforma della sentenza, impugnata dall’imputato, rideterminava, riducendola, la pena, confermando nel resto.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure, l’imputato, per il tramite del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione deducendo i seguenti motivi: 1) violazione degli artt. 516, 518, 521 e 522 cod. proc. pen., con conseguente nullità ex art. 177 cod. proc. pen., in relazione alla modifica dell’imputazione originaria, essendo stato contestato all’imputato un fatto non già diverso, come si legge nella sentenza impugnata, ma, ad avviso del ricorrente, radicalmente nuovo ed ulteriore, siccome strutturalmente “altro“, omissivo anziché attivo, e posto in essere in data diversa; 2) violazione degli artt. 79 e 95 del d.P.R. n. 115 del 2002 e vizio di motivazione che, per il legale, sarebbe stata mancante, contradittoria e manifestamente illogica; 3) violazione dell’art. 79, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 115 del 2002, sotto il profilo della mancanza dell’elemento soggettivo del reato contestato, rilevandosi al contempo la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione; 4) violazione dell’art. 99 cod. pen. e difetto di motivazione che, per il difensore, sarebbe stata contraddittoria e manifestamente illogica; 5) violazione dell’art. 157 cod. pen., per essere il reato estinto per prescrizione.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso proposto era ritenuto complessivamente infondato e, quindi, da doversi rigettare.

Quanto al primo motivo, si procedeva alla sua reiezione ritenendosi come la Corte territoriale avesse fatto buon governo del principio di diritto secondo cui, se la locuzione “fatto nuovo“, di cui all’art. 518 cod. proc. pen., denota un accadimento assolutamente difforme da quello contestato, e l’emergere in dibattimento di accuse in nessun modo rintracciabili nel decreto di rinvio o di citazione a giudizio, per “fatto diverso” – che, ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen., consente la modifica dell’imputazione – deve, invece, intendersi non solo un fatto che integri una imputazione diversa, restando esso invariato, ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria, rendendo necessaria una puntualizzazione nella ricostruzione degli elementi essenziali del reato (così Sez. 2, n. 18868 del 10/02/2012; v. già Sez. 5, n. 10310 del 25/08/1998), essendo stata tale affermazione costantemente ribadita posto che, con la pronuncia n. 26294/2013, la Sez. VI ha postulato che per «”fatto nuovo” si intende un fatto ulteriore ed autonomo rispetto a quello contestato, ossia un episodio storico che non si sostituisce ad esso, ma che eventualmente vi si aggiunge, affiancandolo quale autonomo “thema decidendum“, trattandosi di un accadimento naturalisticamente e giuridicamente autonomo; per “fatto diverso“, invece, deve intendersi non solo un fatto che integri una imputazione diversa, restando esso invariato, ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria, rendendo necessaria una puntualizzazione nella ricostruzione degli elementi essenziali del reato» (in termini, Sez. 3, n. 8965 del 16/0172019, e, più recentemente, Sez. 4, n. 10149 del 15/12/20202).

Ciò posto, se, in relazione al secondo motivo, gli Ermellini ritenevano come siffatta doglianza, da un lato, facesse riferimento alla contestazione antecedente alla modifica effettuata dal P.M. e, dall’altro, a ben vedere, al di là dell’apparente richiamo a violazione di legge, si incentrasse su un dedotto difetto di motivazione pur in presenza di una doppia conforme quanto all’an della responsabilità, auspicando una rilettura dell’esito dell’istruttoria senza che sia dedotto un travisamento della prova, quanto al terzo motivo, sempre per la Corte di legittimità, il ricorrente auspicava una rivisitazione in senso favorevole alla Difesa della – non illogiche né incongrue – argomentazioni svolte nella sentenza impugnata e alla in quella di primo grado mentre, per quanto concerne il quarto motivo, il Supremo Consesso considerava come l’impugnazione proposta non si fosse misurata effettivamente con la diffusa motivazione della sentenza impugnata ove si giustificava in maniera (reputata) adeguata la ritenuta “natura tutt’altro che occasionale della condotta e l’intenzione di non modificare, nonostante gli anni trascorsi, il proprio stile di vita, valutazione ancorata al numero di precedenti ancorchè non specifici oltre che alla recente messa alla prova“.

Da ultimo, era fatto presente come il reato contestato non fosse prescritto atteso che non potendo trovare accoglimento, per le ragioni esposte, il motivo di ricorso sulla recidiva, non era maturato il termine massimo di prescrizione, cui occorreva aggiungere anche 75 giorni, per effetto del rinvio chiesto dalla Difesa all’udienza del 16 aprile 2019, e concesso sino al 2 luglio 2019.

Orbene, a fronte di ciò, per i giudici di piazza Cavour, non doveva tenersi conto del rinvio disposto per esigenze di ufficio, pur concorrendo un motivo attribuibile alla Difesa dell’imputato (nel caso di specie dal 20 novembre 2018 al 16 aprile 2019) in quanto, in « tema di prescrizione del reato, nel concorso di due fatti che legittimano il rinvio del dibattimento, l’uno riferibile all’imputato o al difensore e l’altro al giudice, deve accordarsi la prevalenza a quello riferibile al giudice e pertanto il rinvio non determina la sospensione del corso della prescrizione. (Fattispecie in cui i rinvii del processo erano stati disposti per rinnovare la notifica del decreto di citazione a giudizio dell’imputato, ancorché il difensore nelle relative udienze avesse aderito allo sciopero proclamato dall’associazione di categoria» (Sez. 5, n. 36990 del 24/06/2019), principio che, a sua volta, era stato recentemente ribadito da Sez. 2, n. 11039 del 03/12/2019, secondo cui: «In caso di differimento del processo per rinnovare la citazione dell’imputato a causa della violazione del termine a comparire e di concomitante istanza difensiva di rinvio, da qualsiasi causa determinata, non opera, per tutto il tempo del differimento, la sospensione della prescrizione, in quanto il rinvio deve essere ascritto alla prioritaria esigenza di assicurare la regolarità del contraddittorio» (nello stesso senso cfr. Sez. 2, n. 11559 del 09/02/2011; Sez. 6, n. 41557 del 05/10/2005; Sez. 4, n. 18641 del 20/01/2004; a partire da Sez. U, n. 1021 del 28/11/2001, che ha puntualizzato che «In tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre che l’una o l’altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che plurimi rinvii del dibattimento disposti in un procedimento per lesioni colpose, a seguito dell’adesione del difensore all’astensione collettiva dalle udienze proclamata dall’associazione di categoria, comportino la sospensione del corso della prescrizione per tutto il periodo complessivo della durata dei rinvii predetti)»).

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, quando la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comporta la sospensione dei termini in tema di prescrizione del reato.

Difatti, in tale pronuncia, alla luce di quanto postulato nell’arresto giurisprudenziale operato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 1021/2011, si afferma che, in tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre che l’una o l’altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa mentre, come postulato dalla stessa Cassazione, sez. II, nel provvedimento n. n. 11039 del 03/12/2019, in caso di differimento del processo per rinnovare la citazione dell’imputato a causa della violazione del termine a comparire e di concomitante istanza difensiva di rinvio, da qualsiasi causa determinata, invece, non opera, per tutto il tempo del differimento, la sospensione della prescrizione in quanto il rinvio deve essere ascritto alla prioritaria esigenza di assicurare la regolarità del contraddittorio.

La sentenza qui in commento, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare quando la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comporti (o meno) la sospensione dei termini in tema di prescrizione del reato.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta decisione, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

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