Nel caso delle frodi IVA la disciplina italiana sulla prescrizione va disapplicata nella parte in cui si pone un limite massimo rispetto alla durata massima del termine a decorrere dall’atto interruttivo della prescrizione.
Il caso.
Un soggetto ha proposto personalmente ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello che, in parziale riforma della sentenza del tribunale, lo aveva riconosciuto colpevole del reato continuato di cui all’art. 2, Decreto Legislativo n. 74 del 2000 (Dichiarazione fraudolenta IVA mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti relativamente ai periodi imposta dal 2005 al 2007), per essersi avvalso di fatture per operazioni inesistenti.
Con la stessa sentenza veniva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai fatti relativi al periodo di imposta 2004, con riferimento alla dichiarazione 2005, perché estinti per prescrizione; veniva, pertanto, rideterminata la pena inflitta al medesimo in 2 anni ed 8 mesi di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata che aveva irrogato le pene accessorie di legge.
Il ricorso è stato parzialmente accolto con rinvio alla Corte di Appello.
La decisione.
Sentenza n. 2210/2016 Cassazione Penale – Sez. III
La Cassazione ha richiamato la sentenza Taricco della Corte di Giustizia Europea (Causa C-105/14) con la quale veniva statuito l’obbligo per il giudice nazionale di disapplicare le disposizioni che fissano un termine assoluto per la prescrizione anche in presenza di atti interruttivi (artt. 160 e 161 codice penale) nel caso di gravi reati che minacciano gli interessi finanziari della UE.
Il giudice di legittimità italiano ha riaffermato che il diritto di difesa non può espandersi fino a includere l’aspettativa dell’imputato a vedere estinto il reato per essere maturata la prescrizione.
Così si era espressa anche la Corte Costituzionale, ordinanza n. 452 del 1999, che, nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 160 del codice penale, sollevata in riferimento gli artt. 3 e 24 della Costituzione, precisò appunto come dovesse «escludersi ogni violazione del diritto di difesa, ….. perché non può assegnarsi alcun rilievo giuridico ad una sorta di “aspettativa” dell’imputato al maturarsi della prescrizione».
La Cassazione chiarisce: «E’ dunque evidente, per quanto sinora chiarito, che la sentenza europea non incide sulla disciplina e sui termini di prescrizione, ma solo sulla durata massima della interruzione, peraltro comportando l’applicazione anche per le gravi frodi in tema di IVA di una norma già prevista per altri casi concernenti imposte nazionali.»
Qualora la dichiarazione di estinzione del reato sia già stata emessa, essendo il reato estinto la persona interessata è titolare di un vero e proprio diritto soggettivo che inibisce la possibilità di rimetterla in discussione.
Nell’ipotesi in cui il reato non sia ancora estinto per prescrizione, vanno distinti due casi: 1) la eventuale dichiarazione di prescrizione futura dipende dal decorso dei termini ordinari; 2) la eventuale dichiarazione di prescrizione futura dipende dalle disposizioni che disciplinano gli atti interruttivi.
Nel caso 1) non si pone alcun problema, perché la sentenza della Corte di Giustizia UE non affronta questo aspetto.
Nel caso 2), invece, le disposizioni nazionali sugli atti interruttivi vanno disapplicate dal giudice interno nel caso di frodi IVA di rilevanza come per i casi di reati più gravi, applicando quindi le regole che fanno ripartire il termine ordinario di prescrizione dal verificarsi degli atti interruttivi elencati dal codice penale.
La Cassazione, in motivazione, così si esprime: «il contrasto con gli obblighi europei concerne, pertanto, unicamente il regime della durata massima del termine che comincia a decorrere dopo l’interruzione della prescrizione, regime che non riceve copertura dall’art. 25 Cost. per le ragioni già indicate. Ne discende, quindi, per effetto della disapplicazione della norma dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 160 e del secondo comma dell’art. 161 cod. pen. che, anche per l’ipotesi di reati concernenti gravi frodi in materia di IVA, in applicazione della regola già prevista da dette disposizioni per i reati di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., il termine ordinario di prescrizione (nel caso di specie, anni 6) ricomincerà da capo a decorrere dopo ogni atto interruttivo (nella specie, dall’ultimo, costituito dalla sentenza d’appello, intervenuta in data 21/10/2014), come accade nei procedimenti attribuiti alla competenza della Procura distrettuale dove appunto già vige questa regola, senza essere vincolato dai limiti massimi stabiliti dal successivo art. 161 in maniera differenziata per delinquenti primari o recidivi.»
Osservazioni.
La sentenza della Cassazione ripercorre alcune considerazioni relative al combinato disposto dell’art. 160, terzo comma e 161, secondo comma codice penale.
In sintesi, il giudice italiano è tenuto (in virtù della prevalenza del diritto dell’Unione Europea su quello dei singoli Stati, prevalenza a cui il diritto penale non è sottratto) a disapplicare tali disposizioni nella misura in cui ritenga che, fissando un limite massimo alla durata dell’interruzione della prescrizione (in presenza, appunto, di atti interruttivi), impedisce allo Stato italiano di adempiere agli obblighi di tutela effettiva degli interessi finanziari dell’Unione Europea imposti dall’art. 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione (TFUE).
Questo in virtù del principio del primato del diritto UE rispetto a quello nazionale, compreso anche il diritto penale.
Disposizioni rilevanti.
Codice Penale
LIBRO I – DEI REATI IN GENERALE
TITOLO VI – Della estinzione del reato e della pena
Capo I – Della estinzione del reato
Articolo 160 – Interruzione del corso della prescrizione
Il corso della prescrizione è interrotto dalla sentenza di condanna (cpp 533) o dal decreto di condanna (cpp 565).
Interrompono pure la prescrizione l’ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell’arresto, l’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al giudice, l’invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l’interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio (cpp 416), il decreto di fissazione della udienza preliminare, l’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell’articolo 157 possono essere prolungati oltre i termini di cui all’articolo 161, secondo comma, fatta eccezione per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale (disp. att. cp 41).
Articolo 161 – Effetti della sospensione e della interruzione
La sospensione (159) e la interruzione (160) della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato.
Salvo che si proceda per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, della metà nei casi di cui all’articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all’articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105.
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