Decisione: Sentenza n. 26286/2017 Cassazione Civile – Sezione VI
Massima: L’indicazione di un prezzo più elevato nel preliminare di vendita rispetto al contratto definitivo di cessione è – da solo – insufficiente a fndare l’accertamento analitico-induttivo nei confronti del costruttore.
Osservazioni
Nel decidere il caso, la Suprema Corte ha ritenuto adeguata la motivazione del Giudice di appello, il quale ha affermato che «per i contratti cui viene fatto riferimento al compromesso, si deve tener conto del fatto che, di norma, questo atto preliminare viene redatto e sottoscritto su progetto o quando ancora il manufatto è ancora allo stato grezzo, quindi vengono inserite delle opzioni, che poi potrebbero essere lasciate cadere di comune accordo».
Ha inoltre evidenziato che è «un dato di fatto largamente condiviso nell’esperienza comune, secondo cui l’erogazione dei finanziamenti immobiliari, prima della crisi economica del sistema bancario derivata dalla crisi dei Subprimes negli USA (2007-2008) di cui tuttora si risentono le conseguenze, fosse più agevole, nel 2005, anno dell’accertamento per cui è causa, di quanto non lo sia stato successivamente».
Sulla base anche di tale considerazione, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che aveva sostenuto che il giudice del merito avesse posto a base della decisione un fatto notorio difforme da quanto previsto dall’art. 115, secondo comma, codice d procedura civile.
Giurisprudenza rilevante
Cass. Sezioni Unite 8053/2014
Disposizioni rilevanti
Codice di procedura civile
Vigente al: 02-04-2018
Art. 115 – Disponibilità delle prove
Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita.
Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
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