La decisione in commento, ad oggi inedita, costituisce senza dubbio una interessante ipotesi in cui la giurisprudenza di merito recepisce e fa applicazione dei principi di diritto stabiliti dalla S.C. a SS.UU. con la nota decisione n. 23726 del 15.11.2007 in termini di abuso del processo da parte del creditore, con un richiamo molto veloce, nonché incidenter tantum, anche a quanto le SS.UU. Hanno avuto modo di precisare e stabilire in termini di condotta delle parti del rapporto obbligatorio, nel caso sub specie debitoris.
La fattispecie ha ad oggetto una richiesta di risarcimento danni materiali da circolazione stradale, il cui sinistro è stato altresì oggetto, in precedenza, di altri due distinti giudizi relativi ad altri soggetti danneggiati, terminati con sentenze passate in cosa giudicata rese da giudice inferiore.
Tale pronunzia si segnala anche dal punto di vista <sanzionatorio> nei confronti della parte resasi <colpevole> di avere abusato del processo, adottando provvedimenti sanzionatori sotto un duplice profilo, anche deontologico.
Dall’esame della decisione del Tribunale, emergono le seguenti considerazioni :
1. la Impresa assicuratrice, quale debitore, è tenuta a comportarsi, nell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria nascente a suo carico dalla condotta del proprio assicurato, secondo correttezza.
2. La condotta di un soggetto che da un medesimo fatto generatore – un sinistro stradale – fa nascere tre procedimenti civili, si pone in contrasto innanzitutto con il principio di favor che l’ordinamento riconosce per la celebrazione del simultaneus processus, ricavabile dall’art. 40 c.p.c.
3. Tale condotta viene anche a contrastare anche il principio del <giusto processo> sotto il profilo della sua <ragionevole durata> come introdotto nella costituzione all’art. 111 c.p.c. a seguito della legge costituzionale n. 2 del 23.11.1999 ;
4. Si porrebbe un profilo di incostituzionalità dell’art. 40 c.p.c. per contrasto con l’art. 111 Cost, nella parte in cui la norma processuacivilistica non impone a tutti coloro che risultino danneggiati in un unico sinistro stradale, di cumulare tutte le azioni in un unico processo.
5. Non ritenendo di poter sollevare tale questione di costituzionalità, il Tribunale riscontrando nella fattispecie evidenti violazioni della deontologia professionale da parte del legale attoreo, dispone la segnalazione della fattispecie al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, per le sanzioni disciplinari del caso ;
6. Pur ritenendo di accogliere la domanda siccome fondata, il Tribunale, sulla scorta della rilevata e censurabile moltiplicazione di giudizi per il medesimo fatto storico, fa applicazione dell’art. 5, V° comma del cap. I allegato al DM 08.04.2004 n. 127, per cui decurta le spese professionali liquidate nella misura del 30%.
Dalla lettura di tale decisione è possibile svolgere le seguenti considerazioni:
A)Il richiamo al dovere di correttezza gravante sulle parti nell’adempimento del rapporto obbligatorio appare una condivisibile applicazione dei principi fissati da ultimo da Css. Civ. SS.UU. n. 23726 del 15.11.07 e, a leggere tra le righe, esso contiene – anche se non esplicitato expressis verbis – a maggiore ragione quello alla buona fede cui le parti devono improntare la propria condotta in ogni fase del rapporto obbligatorio e, rigettando siccome infondata l’eccezione di improponibilità della domanda sollevata dalla convenuta impresa assicuratrice sul presupposto di una erronea indicazione del numero di targa del veicolo assunto danneggiato, evidenzia come nella fattispecie sia in sostanza mancato un comportamento della predetta impresa conforme a tali principi, sia in quanto l’eventuale errore circa la targa, e quindi la individuazione del veicolo effettivamente danneggiato, era superabile sulla scorta della ulteriore documentazione in atti, sia in quanto essa assicurazione, ove un simile errore risultasse preclusivo della identificazione del veicolo e non emendabile e/o rimediabile in base alla ulteriore documentazione in atti, era tenuta, appunto in base al richiamato principio di correttezza, a richiedere i dovuti chiarimenti e precisazioni al danneggiato ; quindi, viene ovvio da pensare che la mancata richiesta di chiarimenti e precisazioni da parte della Impresa assicuratrice, che all’evidenza ben avrebbe potuto farlo ante causam, a maggiore ragione visto che ben doveva conoscere il fatto storico visti i due pregressi giudizi, cui poi fa seguito in corso di causa una eccezione fondata – ma infondata, si perdoni il gioco di parole – su di una presunta mancanza di conoscenza cui il debitore, se pure fosse stata effettivamente tale – e certo non lo era, invece – avrebbe potuto( e dovuto, nel pensiero del Tribunale) porre rimedio con una attività assolutamente non gravosa, non posta in essere né prima della introduzione del giudizio né in corso di causa, configura all’evidenza un comportamento contrario ai doveri di correttezza da parte della convenuta Impresa assicuratrice, ma anche di buona fede poiché il Tribunale, ad opinione dello scrivente, anche se non lo dice espressamente, con il riferimento a quella semplice(e per nulla gravosa) attività del debitore – che in ogni caso avrebbe consentito di rimediare alla presunta insuperabile mancata individuazione del veicolo danneggiato – consistente nella richiesta di precisazioni e chiarimenti, manifesta all’evidenza di condividere l’orientamento espresso già in precedenza dalle SS.UU.(1), in forza del quale era stato sancito come la rilevanza del principio di correttezza e buona fede viene in rilievo per il fatto che esso impone, a ciascuna parte del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali ovvero di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge ; sul punto tuttavia, proprio alla luce di quanto correttamente rilevato dal Tribunale, potevano ritenersi sussistenti i presupposti per una declaratoria di responsabilità ex artt. 88 e 96 c.p.c. a carico della convenuta Impresa assicuratrice, e bene avrebbe fatto il giudice ad accoglierla ove in tal senso fosse stata formulata domanda da parte attrice, il che non risulta, anche se va detto come, se è vero che il giudice di merito è stato sensibile a riscontrare una ipotesi di <abuso del diritto> nella condotta della parte attrice, è anche vero che pure una condotta difensiva quale quella che il medesimo giudice ha posto in rilievo con riguardo alla convenuta Impresa assicuratrice – ed in particolare alla infondata eccezione di improponibilità della domanda –può costituire una ipotesi di <abuso del diritto>, a nulla rilevando il fatto che un tale <abuso> sia avvenuto nell’esercizio di quello che è un diritto comunque riconosciuto dall’ordinamento al massimo livello, qual è quello alla difesa ex art. 24 Cost., ove ciò avvenga per uno scopo differente rispetto a quello attribuitogli dal sistema ovvero con modalità irrituali e contrastanti con quelle previste dalla ratio legis, come del resto appare essere accaduto nella fattispecie esaminata dal tribunale campano, vista la evidente dilatorietà e pretestuosità della eccezione in questione ; il tutto a maggiore ragione in considerazione del fatto che giurisprudenza e dottrina hanno affermato come l’interesse protetto dalla norma di cui all’art. 96 c.p.c. ha natura sostanziale ed in quanto tale è, allo stesso modo di qualsivoglia altro diritto, reale o personale che sia, senza dubbio in grado di essere toccato dalla altrui condotta antigiuridica, ove la stessa si rivela dannosa ; in particolare, in dottrina si è affermato come l’interesse che viene ad essere pregiudicato dalla condotta in violazione dell’art. 96 c.p.c. è quello a non subire turbative processuali(2) ; tuttavia, una simile pronunzia non vi è stata per difetto di domanda, anche se deve ritenersi come il Tribunale, inquadrata anche la condotta difensiva della convenuta impresa – ovviamente nella parte in questione – come abuso del diritto, ben avrebbe potuto emettere analogo provvedimento sanzionatorio anche senza una specifica domanda di parte attrice ;
B) Sotto il profilo della violazione del principio del <giusto processo> ex art. 111 Cost. in relazione al profilo della <ragionevole durata> del processo, il tribunale – pur riconoscendo nella fattispecie una violazione del detto principio – affronta la questione in maniera singolare poiché la riscontra sotto un profilo per c.d. <aritmetico> sul rilievo che i tempi di quello che avrebbe potuto(e dovuto, nel pensiero del tribunale) essere un processo unico, sono stati frazionati in tre processi distinti, con tutto ciò che a tale moltiplicazione di attività istruttorie consegue ; a volere essere rigorosi nell’applicare il principio statuito dalle SS.UU. tuttavia, proprio in quanto due processi si erano già conclusi con una sentenza passata in giudicato, probabilmente un tale principio risulta di difficile applicazione ad una simile fattispecie, sia per quanto già detto sia perché i soggetti agenti nelle diverse procedure erano a loro volta parzialmente diversi, per cui può non essere astrattamente pretendibile da tutti i soggetti danneggiati da un medesimo sinistro di agire parimenti in un medesimo processo ; sotto tale profilo, la condotta dell’attore appare in contrasto, più che con l’art. 40 c.p.c. – rispetto al quale la prospettata questione di costituzionalità appare davvero infondata a prescindere dalle motivazioni che il giudice ha fornito a sostegno della propria scelta di non sollevarla – con altra norma dell’ordinamento, la quale appare essere, ben più dell’art. 40 c.p.c., una specificazione del principio del processo <giusto> nel senso prospettato dalle SS.UU., e che è costituita dall’art. 140, IV° comma del Codice delle Assicurazioni( D.LGS 209/2005), dal momento che tale norma – altro discorso riguarda gli indubbi profili problematici che la stessa suscita dal punto di vista applicativo, come ben hanno evidenziato praticamente tutti i commentatori della riforma, la quale in sostanza impone a tutte le persone danneggiate dal medesimo sinistro stradale di partecipare al giudizio promosso anche da una soltanto di esse, per cui senza dubbio è questa la disposizione che appare subire il maggiore vulnus da una condotta come quella censurata dal tribunale ; per altro verso ancora, comunque, certo non può ritenersi esente da responsabilità nemmeno la condotta tenuta dalla compagnia assicuratrice convenuta, la quale – non essendo certo imprevedibile, anche per un debitore che facesse applicazione della diligenza ordinaria ex art. 1176 I° comma, ma a maggiore ragione per soggetto professionista qual è la impresa assicuratrice, la cui diligenza non può che essere quella ex art. 1176, II° comma C.C. – essendo senza dubbio in possesso di tutti gli elementi atti a consentirle di individuare chi fossero tutti i soggetti effettivamente danneggiati dal sinistro in questione, la stessa innanzitutto ben avrebbe potuto chiederne, appunto ex art. 140 Codice Assicurazioni, la evocazione nel medesimo giudizio onde evitare situazioni quali quella poi verificatasi ed abusi del diritto ; e poi, in ogni caso, ove uno dei soggetti attori avesse concretamente <frazionato> il proprio credito, avrebbe potuto reagire chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento della effettiva entità del credito vantato da quel soggetto, sia al fine di evitare duplicazione di giudizi sia di provocare una declaratoria di incompetenza in favore del giudice superiore che eventualmente veniva a risultare competente per l’intero credito ;
C) Ciò che appare essere mancato, nel ragionamento del tribunale, è la valutazione circa la sussistenza o meno, nella fattispecie : 1) di un concreto interesse del creditore a conseguire un adempimento parziale della prestazione ; 2) che tale interesse possa essere considerato meritevole di tutela dall’ordinamento. Invero, con la nota decisione di fine 2007(4), la Corte è pervenuta a riconoscere, per un verso, che nell’ordinamento giuridico esiste il principio dell’adempimento integrale della prestazione cui ha diritto il creditore, e per altro verso ad affermare che la deroga di cui all’art. 1181 c.c. – che consente di al creditore di rifiutare l’adempimento parziale – abbia natura assolutamente eccezionale e trovi la sua giustificazione allorquando, nel necessario giudizio di bilanciamento tra le contrapposte esigenze delle parti del rapporto obbligatorio, l’interesse del creditore a conseguire un’adempimento parziale della prestazione sia dall’ordinamento riconosciuto come meritevole di tutela. Orbene in forza di un tale principio il Tribunale, atteso che comunque aveva a disposizione i precedenti giudicati, si ritiene avrebbe potuto e dovuto compiere un ulteriore passaggio – a maggiore ragione vista la diversità, anche se parziale, dei danneggiati – onde verificare se nella condotta attorea che è poi pervenuto a censurare come <abuso del processo> sussistesse o meno un qualche elemento che per l’ordinamento potesse risultare meritevole di giustificare la decisione di <moltiplicare> i processi. Invero, non è infrequente riscontrare – in fattispecie come quella esaminata dal giudice – che un soggetto il quale in un sinistro stradale abbia riportato danni materiali e lesioni personali a volte si trovi nella necessità di conseguire il risarcimento dei danni al veicolo, che può essere per il medesimo strumento di lavoro indispensabile – o comunque ne abbia necessità per attendere alle esigenze del proprio nucleo familiare – senza tuttavia essere ancora guarito dalle lesioni, per cui si trova nella impossibilità di richiederne il risarcimento non potendo non solo quantificarne l’ammontare ma nemmeno soddisfare i requisiti di cui al combinato disposto degli artt. 145 e 148 Codice Assicurazioni per costituire validamente in mora l’assicurazione(quella del danneggiante ovvero la propria se la fattispecie rientrasse nella previsione del c.d. <risarcimento diretto>) ; una simile situazione senza dubbio legittimerebbe, in astratto, una <riserva> della domanda risarcitoria per le lesioni ad altro e successivo giudizio, una volta che sussistessero le condizioni per soddisfare i requisiti richiesti dalle richiamate disposizioni ; tale aspetto, tuttavia, non è stato approfondito dal Tribunale – come invece sarebbe stato auspicabile – per cui l’affermazione della <abusività> tout court della condotta attorea per il solo fatto di avere introdotto tre giudizi appare essere astrattamente dogmatica, rivelandosi una non una corretta – almeno in parte – applicazione dei principi di diritto fissati dalle SS.UU.
D) Infine, per quanto riguarda le <sanzioni> applicate dal Tribunale alla condotta della parte attrice – ovvero trasmissione degli atti al Consiglio dell’Ordine e riduzione dell’ammontare delle spese liquidate – la decisione sul punto appare condivisibile e conforme a quanto il sottoscritto aveva evidenziato in altra occasione su questa rivista(4) anche se in ogni caso una simile applicazione di provvedimenti sanzionatori necessiterebbe sempre – il che è mancato nel caso in esame – dell’indispensabile accertamento in fatto circa la inesistenza di validi motivi – e ritenuti meritevoli di tutela dall’ordinamento – per il creditore, di azionare il proprio diritto attraverso più processi e non in un unico giudizio.
C/Mare, 29.09.08
Gianluca Cascella
1)Cass. Civ., SS.UU., 13.09.2005 n. 18128 ;
2) C.M. BIANCA, Diritto Civile, pp. 768 e ss. ;
3) Cass. Civ., SS.UU. 15.11.07 n. 23726 ;
4)CASCELLA G., La Cassazione e la condotta delle parti del rapporto obbligatorio, pubblicato su
www.filodiritto.com il 25.09.08.
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