Principio di colpevolezza e art. 609 sexies

Redazione 18/12/18
Nell’interpretazione tradizionale, condivisa dalla stessa Corte Costituzionale sino agli anni ’80, il principio di personalità della responsabilità penale, sancito dall’art. 27, 1° comma, Cost. è stato inteso come mero divieto di responsabilità per fatto altrui. A partire dalla storica sentenza n. 364 del 1988, la Corte Costituzionale, operando un collegamento sistematico tra il primo ed il terzo comma dell’art. 27 Cost., ha attribuito al principio di personalità della responsabilità penale il significato evolutivo di responsabilità per fatto proprio colpevole. Ne consegue che l’individuo potrà essere chiamato a rispondere penalmente solo per azioni che siano da lui controllabili e mai per comportamenti che solo fortuitamente producano conseguenze penalmente vietate.

Il principio di colpevolezza

Il principio di colpevolezza impone allora l’osservanza, da parte del legislatore, di requisiti minimi di imputazione soggettiva e di rimproverabilità del fatto all’autore, sicché il fatto materiale sarà ascrivibile all’agente solo ove sia possibile muovere allo stesso un rimprovero per la commissione dell’illecito. Alla luce di tali presupposti, la Corte ha infranto il dogma dell’irrilevanza assoluta dell’ignoranza della legge penale, dichiarando l’art. 5 c.p. illegittimo nella parte in cui non riconosce efficacia scusante all’ignoranza inevitabile e dunque incolpevole.

Parimenti, la Corte ha espresso un chiaro rifiuto delle ipotesi di responsabilità oggettiva, le quali, in mancanza di un coefficiente minimo di rimproverabilità del fatto all’agente, si porrebbero in aperto contrasto con la lettura evolutiva dell’art.27 Cost. Con specifico riferimento al divieto di responsabilità oggettiva, la sentenza n. 364/1988 risultava ambigua, in quanto collegava l’esigenza di una colpa dell’agente soltanto agli elementi “più significativi” della fattispecie tipica.

Tale ambiguità è stata chiarita dalla successiva sentenza n. 1085/1988, secondo la quale è indispensabile che tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della fattispecie siano soggettivamente collegati all’agente. Così inteso, il principio di colpevolezza, oltre ad avere portata dimostrativa, costituendo il presupposto per una declaratoria di illegittimità costituzionale, si pone quale principio fondante e strutturante, non negoziabile in relazione ad interessi superiori. A fronte del nuovo corso della giurisprudenza costituzionale, determinate scelte d’incriminazione operate successivamente dal legislatore riproponevano problemi di incompatibilità con il principio di colpevolezza.

I reati a sfondo sessuale

Nel caso in esame, viene in luce la riforma dei reati in materia sessuale (l. 66 del 1996), con la quale il legislatore ha sostanzialmente riprodotto la disposizione dell’abrogato art. 539 c.p. nel nuovo art. 609-sexies c.p., il quale, con formula similare all’art. 5 c.p., negava rilievo scusante all’ignoranza inevitabile dell’età della vittima (c.d. error aetatis). La deroga al principio di colpevolezza risulta palese se solo si considera che l’età inferiore ai quattordici anni, in relazione ad un rapporto sessuale con un soggetto consenziente, rappresenta l’elemento più significativo del fatto, in quanto rende punibile una condotta che diversamente risulterebbe lecita.

Investita della questione di legittimità costituzionale dell’art. 609sexies, la Consulta ha richiamato le precedenti decisioni del 1988. La Corte, tuttavia, non si è determinata per una pronunzia ablativa della norma impugnata, poiché ciò avrebbe avuto come effetto quello di riportare la materia alla disciplina di cui agli 4 articoli 43 e 47 e, dunque, di escludere la punibilità dell’agente anche nel caso di errore sull’età determinato da colpa, in quanto i reati contro la libertà sessuale non prevedono la forma colposa. Sul punto la Corte ha ritenuto che un’efficace salvaguardia di un bene giuridico di particolare pregnanza – quale è l’intangibilità sessuale dei soggetti più deboli – ben può richiedere, senza rinunciare al principio di colpevolezza, da ritenersi “non negoziabile”, una soglia di diligenza, prudenza ed attenzione più elevata. Di conseguenza, l’art. 609sexies potrebbe ritenersi lesivo del principio di colpevolezza unicamente se negasse rilievo scusante all’ignoranza o all’errore inevitabile sull’età: astrattamente, invece, l’imputato può sempre provare che l’errore sull’età era inevitabile ai sensi del riformulato art. 5 c.p., ma tale prova, osserva la Corte, non può esaurirsi nel mero affidamento nelle dichiarazioni del minore e qualora gli strumenti conoscitivi di cui il soggetto dispone lascino residuare il dubbio circa l’effettiva età del partner, l’agente dovrà astenersi dal rapporto, giacché il dubbio non esclude la colpa.

L’indicazione fornita dai giudici costituzionali è stata successivamente recepita dal legislatore: la legge n. 172 del 2012 (legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lanzarote) ha infatti modificato l’art. 609sexies c.p., sancendo definitivamente la scusabilità dell’errore sull’età del minore laddove quest’ultima risulti inevitabile, anche se riferita al minore di diciotto anni (non più quattordici, come nella disciplina previgente). La novella, inoltre, ha introdotto una previsione analoga nei delitti contro la personalità individuale all’art. 602 quater c.p., con estensione dell’irrilevanza dell’errore sull’età, fatta salva l’ignoranza inevitabile, anche alla prostituzione minorile ed alla pornografia minorile.

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