La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17312 del 24 aprile 2024, ha fornito chiarimenti in merito al principio di proporzionalità nel sequestro probatorio.
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Indice
1. I fatti
La decisione della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato dall’indagato avverso l’ordinanza del Tribunale di Siracusa che ha dichiarato inammissibile l’istanza di riesame presentato avverso il decreto di sequestro probatorio del telefono cellulare del ricorrente, disposto in relazione ai reati di cui agli artt. 391-ter (Accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti) e 319 cod. pen. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio).
Il ricorso era affidato a tre motivi: i primi due relativi al vizio di violazione di legge in relazione alla omessa motivazione sulla conformità del provvedimento impugnato ai requisiti di proporzionalità e adeguatezza. Nello specifico, viene dedotto che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto che l’oggetto del gravame fosse l’attività di esecuzione del sequestro, omettendo, tuttavia, di considerare che l’oggetto della doglianza era la legittimità della acquisizione della copia integrale dei dati contenuti nel telefono in sequestro.
Con il terzo motivo, invece, si deduceva vizio di violazione di legge in relazione alla omessa motivazione sul nesso di pertinenza tra il bene sequestrato e i reati per cui si procede.
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Formulario Annotato del Processo Penale
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2. Principio di proporzionalità nel sequestro probatorio:l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, osserva che, benché il telefono cellulare sia stato restituito al ricorrente, deve ritenersi sussistente il suo interesse ad impugnare. E questo in quanto “in caso di sequestro probatorio di un telefono cellulare contenente dati informatici e pur già restituito all’avente diritto previa estrazione di copia forense, sussiste di per sé l’interesse di questi a proporre riesame per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi della misura, senza necessità della dimostrazione relativa alla disponibilità esclusiva di quanto ivi contenuto, essendo lo smartphone un dispositivo destinato per sua natura a raccogliere informazioni personali e riservate“.
Venendo al merito dei motivi di ricorso, la Suprema Corte rileva che, secondo consolidata giurisprudenza, “i principi di adeguatezza, proporzionalità e gradualità previsti dall’art. 275 cod. proc. pen. come criteri di scelta di misure cautelari personali, devono costituire oggetto di valutazione preventiva anche ai fini dell’applicazione delle misure cautelari reali, al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libertà di iniziativa economica“. Si tratta di un’interpretazione in linea con la giurisprudenza della CEDU che, ai fini della valutazione delle misure limitative del diritto di proprietà, richiede non solo che le stesse abbiano una base legale e rispondano a una finalità di interesse di pubblica utilità, ma anche che siano il frutto di un equo bilanciamento tra tale interesse e quello del privato, inteso in termini di rapporto di proporzionalità tra la misura adottata e l’interesse perseguito, che non potrebbe considerarsi soddisfatto se la persona interessata subisce un sacrificio eccessivo nel suo diritto di proprietà.
Inoltre, la Corte fa presente che “coerentemente con l’estensione anche alle misure reali dei requisiti di adeguatezza e proporzionalità, è stato condivisibilmente ritenuto illegittimo il sequestro a fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca, in difetto di specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione sottolinea la necessità per il pubblico ministero di predisporre un’adeguata organizzazione per compiere la selezione di dati e informazioni da dispositivi telematici nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano sequestrati a persone estranee al reato, e provvedere, all’esito, alla restituzione della copia integrale agli aventi diritto.
Proprio in considerazione delle caratteristiche tecniche dei dispositivi informatici e telematici, è necessario che il pubblico ministero illustri nel decreto di sequestro probatorio: “a) le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca; b) i criteri che devono presidere alla selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, giustificando, altresì, l’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi dal perimetro temporale dell’imputazione provvisoria; c) i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti“.
Ad avviso della Corte, solo un’adeguata motivazione su tali punti consente di valutare la sussistenza di un rapporto di proporzione tra le finalità probatorie perseguite dalla misura ed il sacrificio imposto al diretto interessato con la privazione della disponibilità esclusiva dei dati personali archiviati.
Per questi motivi, la Suprema Corte ha disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Siracusa.
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