Scopo del presente scritto è dunque di evidenziare i tratti salienti che connotano questa circolare.
Chiarito ciò, la circolare in esame evidenzia prima di tutto quali forme la specialità può assumere e ciò alla luce di quanto autorevolmente precisato dalla dottrina e da alcuni rilevanti interventi della Corte di legittimità; in particolare, sono state evidenziate le seguenti tipologie di specialità: “a. specialità crassa, che non consente allo Stato richiedente, non solo di processare e punire per fatti diversi da quelli indicati nella domanda, ma neppure di mutare nel corso della procedura la qualificazione giuridica di tali fatti: la formula convenzionale è, in tali casi, di questo tipo: “l’imputato o condannato consegnato non potrà essere carcerato o sottoposto a giudizio dello Stato a cui fu consegnato per reato o altra imputazione diversa da quella per la quale avvenne l’estradizione”; b. specialità forte la quale, fermo restando il divieto di procedere e punire per fatti diversi da quelli per i quali fu concessa l’estradizione, consente che la qualificazione giuridica di questi ultimi possa venir mutata nel corso della procedura, purché tale qualificazione corrisponda ad un titolo di reato per il quale il trattato consenta l’estradizione: la formula convenzionale potrebbe essere di questo tipo: “quando la qualificazione data al fatto sarà modificata nel corso della procedura, l’individuo estradato non sarà perseguito o giudicato che quando la misura o gli elementi costitutivi dell’infrazione nuovamente qualificata consentano l’estradizione”; c. specialità attenuata, vicina alle prescrizioni della Convenzione italo-americana la quale consente, a determinate condizioni, che la persona estradata possa essere anche processata e punita per fatti diversi e anteriori a quelli per i quali l’estradizione è stata concessa, purché si tratti di fatti connessi con il fatto per il quale è stata concessa l’estradizione”.
Posto ciò, sono stati menzionati i requisiti che contraddistinguono il principio di specialità nelle procedure di consegna evidenziandosi in primo luogo la nozione di fatto diverso rilevante ai fini della garanzia di specialità osservandosi, in particolar modo, che detta nozione del fatto rileva non in ordine alla fattispecie astratta contestata nel provvedimento estradizionale ma all’accadimento storico, così come delineato nei suoi elementi costitutivi in guisa tale che, per un verso, le operazioni di mera riqualificazione giuridica, anche quando consistenti nella contestazione di elementi circostanziali non modificativi del nucleo essenziale del fatto storico, non richiedono di norma la trasmissione di una richiesta di estradizione suppletiva, per altro verso, per acclarare la diversità del fatto, si rende all’uopo necessario: a. la formulazione della clausola contenuta nel trattato posto a base della consegna, essendovi previsioni convenzionali (risalenti) che declinano la garanzia nei termini che abbiamo sopra definito di specialità crassa; b. il fatto che, anche laddove ammessa dal trattato, la riqualificazione non comporta la riconduzione del fatto ad una tipologia di reato o ad una cornice edittale per la quale la fonte pattizia o la legge interna dello Stato estradante vietano o non consentono l’estradizione.
Dopo aver delimitato il campo di indagine al fine di appurare tale diversità del fatto, viene fatto riferimento ad alcuni casi giurisprudenziali, sia domestici, che sovranazionali, in cui si chiarisce come tale nozione sia stata interpretata (appunto) in sede giudiziale.
E’ stato osservato in particolare che, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, così come enunciato nella decisione CGUE, 1 dicembre 2008, c. Leymann-Pustovarov, per “stabilire se il reato considerato sia o no un «reato diverso» da quello che ha determinato la consegna, ai sensi dell’art. 27, n. 2, della decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, tale da imporre lo svolgimento della procedura di assenso contemplata dall’art. 27, nn. 3, lett. g), e 4, della medesima decisione, occorre verificare se gli elementi costitutivi del reato, in base alla descrizione legale di quest’ultimo fatta nello Stato membro emittente, siano quelli per i quali la persona è stata consegnata e se esista una corrispondenza sufficiente tra i dati contenuti nel mandato di arresto e quelli menzionati nell’atto procedurale successivo” fermo restando che eventuali “mutamenti nelle circostanze di tempo e di luogo sono ammessi, a condizione che derivino dagli elementi raccolti nel corso del procedimento instaurato nello Stato membro emittente in relazione ai comportamenti descritti nel mandato di arresto, che non alterino la natura del reato e che non comportino l’insorgenza di motivi di non esecuzione ai sensi degli artt. 3 e 4 della detta decisione quadro”.
In questo provvedimento, puntualmente richiamato in questa circolare, come appena visto, i giudici europei hanno fornito una corretta descrizione su come verificare se ricorra o meno un fatto – reato diverso da quello che ha determinato la consegna.
Nel rinviare, per gli altri riferimenti giurisprudenziali a quanto enunciato in questa circolare (che si allega al presente scritto), il Dipartimento per gli affari di giustizia ha affrontato anche un’altra problematica afferente il principio di specialità nelle procedure di consegna, vale a dire come stabilire l’anteriorità del fatto non contemplato dal provvedimento estradizionale rispetto alla data della consegna; ebbene, è stato stimato all’uopo fondamentale tener conto della struttura del reato e del suo momento consumativo e, con particolar riferimento al reato permanente iniziato in epoca anteriore alla consegna e proseguito dopo la medesima, è stato postulato che il principio di specialità non limita l’esercizio della giurisdizione per la parte di condotta successiva alla consegna, anche se questa costituisce protrazione ulteriore del medesimo illecito (C. VI, n. 12514/15; C., VI, n. 998/98).
Altro tema esaminato afferisce la consegna per un determinato fatto-reato come presupposto operativo del principio di specialità atteso che tutte le previsioni di fonti internazionali dedicate al principio di specialità “presuppongono che il soggetto sia stato consegnato allo Stato procedente per un determinato reato”.
Dedotto ciò, è stato altresì evidenziato che, se “la consegna non è avvenuta perché mai richiesta, perché negata dal Paese di rifugio o perché accordata ma non eseguita per concomitanti ragioni di giustizia interna del Paese richiesto (per esempio, per la necessità di consentire l’espletamento del processo e/o l’esecuzione della pena per un fatto commesso nel Paese richiesto), il principio non opera” e dunque il soggetto potrà “essere processato a piede libero attraverso videoconferenza internazionale anche per i fatti diversi e anteriori a quelli che hanno dato luogo all’eventuale richiesta di estradizione respinta o ineseguita, sempreché naturalmente ricorrano le ulteriori condizioni previste dall’art. 205-ter disp. att. c.p.p.[1] ovvero dall’art. 729-quater c.p.p. recentemente introdotto[2]”.
Oltre a ciò, è stato analizzato un ulteriore aspetto ossia quali attività giurisdizionali non sono impedite dalla clausola di specialità dato che se è vero che, da un lato, la “ricaduta operativa della garanzia di specialità consiste nella necessità per le autorità giudiziarie interne di munirsi del consenso dello Stato estradante (estradizione suppletiva) per poter esercitare la giurisdizione cognitiva ed esecutiva su fatti-reato diversi da quelli posti a fondamento della concessa estradizione, commessi prima della consegna”, dall’altro, “l’estradizione suppletiva – species della categoria generale estradizione – in tutte le discipline pattizie e interne che la prevedono, è costruita per rendere possibile la celebrazione di un processo penale orientato all’irrogazione di una pena detentiva o di una misura di sicurezza restrittiva della libertà personale, ovvero per consentire l’esecuzione di sanzioni di tale natura già irrevocabilmente irrogate”, è altrettanto vero che il limite all’esercizio di questa giurisdizione non ricorre “nei confronti del soggetto estradato in ambiti estranei al processo penale ovvero in processi penali non orientati all’irrogazione o all’esecuzione di pene detentive”.
Tal chè si è giunti ad asserire come sia “dunque possibile per lo Stato richiedente, senza necessità di munirsi del consenso integrativo dello Stato estradante: perseguire e giudicare l’estradato per reati sanzionati dal legislatore con la sola pena pecuniaria ed eseguire quest’ultima in caso di condanna; svolgere il procedimento di prevenzione personale e patrimoniale regolato dal d. lgs. n. 159 del 2011 ed eseguire le misure eventualmente applicate all’esito dello stesso”.
Inoltre, per quel che riguarda l’estradizione passiva, e segnatamente le estradizioni non regolate da fonti convenzionali ovvero a quelle nelle quali la fonte convenzionale non contenga specifiche disposizioni sul tema (secondo il principio di sussidiarietà dettato dall’art. 696, commi 2[3] e 3[4]), è stato osservato che il principio di specialità nelle procedure di consegna “ha una portata limitata alla sola restrizione della libertà personale” atteso che la “previsione relativa alle procedure estradizionali passive, l’art. 699, comma 1[5], si rivolge all’autorità politica investita della decisione finale di concessione dell’estradizione e declina il principio prevedendo la necessaria subordinazione del decreto ministeriale alla condizione espressa che l’estradato non venga sottoposto a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentiva, né venga assoggettato ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto commesso prima della consegna e diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa” fermo restando che sempre sul “versante delle procedure passive è rimessa al Ministro anche la verifica dell’osservanza della condizione di specialità e delle altre condizioni eventualmente apposte ai sensi dell’art. 699, comma 3[6], la cui inosservanza potrà in ogni caso essere fatta valere dall’estradato presso le autorità competenti dello Stato di consegna”.
Per quel che invece riguarda le procedure estradizionali attive, si è tenuto conto “dei diversi ambiti applicativi considerati dal riformato art. 721” c.p.p. stante il fatto che, diversamente “dalla norma previgente, la nuova disposizione non si fa carico soltanto della regolazione sussidiaria delle procedure governate dalla cortesia internazionale a condizioni di reciprocità o di quelle regolate da trattati che non recano specifiche disposizioni sul tema; ma si preoccupa di regolare anche gli effetti processuali (interni) del principio nelle procedure regolate da alcune Convenzioni”.
Pertanto, è stata approfondita questa norma procedurale osservandosi in estrema sintesi, da una parte, che il “primo comma dell’art. 721 riformato[7] è dedicato al contesto extra-convenzionale e definisce la garanzia nei medesimi termini dell’art. 699, circoscrivendolo cioè alle sole limitazioni della libertà personale” e in “tale ambito la garanzia subordina al previo ottenimento dell’estradizione suppletiva non già lo svolgimento delle indagini e del processo per i fatti diversi e anteriori alla consegna, ma soltanto le restrizioni della libertà personale connesse all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive, ovvero all’applicazione di una misura cautelare personale (art. 721, comma 1)”, dall’altra, che i “commi successivi dell’art. 721[8] si fanno carico, invece, di regolare il comportamento delle autorità giudiziarie nazionali e gli effetti processuali interni della specialità nei casi in cui il perimetro della clausola è definito dalle convenzioni vigenti con lo Stato estero interessato o dalle condizioni apposte da quest’ultimo alla decisione di consegna in termini più estesi rispetto al contenuto minimo recepito dal diritto consuetudinario” sottolineandosi a questo riguardo che la “la fonte pattizia più diffusamente applicata – la Convenzione europea di estradizione fatta a Parigi il 13 dicembre 1957 e ratificata dall’Italia con legge 30 gennaio 1963, n. 300 entrata in vigore il 4 novembre 1963 – declina appunto in tal senso la garanzia di specialità:
“La persona estradata non sarà perseguita, giudicata, arrestata in vista dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né sottoposta a qualsiasi altra restrizione della sua libertà personale, per un qualsiasi fatto anteriore alla consegna, diverso da quello che ha dato luogo all’estradizione…” (art. 14 par. 1)”.
Nel citare altre convenzioni, di natura bilaterali, in cui sono similmente formulate le clausole di specialità, è stato altresì evidenziato che, se prima dell’entrata in vigore della riforma summenzionata, “la giurisprudenza interna di legittimità si era assestata nel senso di configurare la clausola di specialità come “introduttiva di una condizione di procedibilità”, (l’estradizione suppletiva), la cui mancanza ostacola l’esercizio dell’azione penale e consente soltanto, ai sensi dell’art. 346[9], il compimento degli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova e, quando vi è pericolo nel ritardo, l’assunzione delle prove nei casi e nelle forme previste dall’art. 392” c.p.p.[10] essendo “inoltre consentito l’esercizio dei poteri interruttivi della prescrizione compatibili con la fase antecedente all’esercizio dell’azione penale e l’archiviazione della notizia di reato che, per sua natura resta estranea alla fase strettamente processuale (Sez. un. n. 8/01, Ferrarese; conformi numerose altre tra le quali, da ultimo, C. II, n. 3706/16, C. III, n. 39353/08)”, invece, il “legislatore della riforma ha inteso superare tale assetto, regolando gli effetti processuali della specialità nel senso di configurare la garanzia come introduttiva di una causa di sospensione del procedimento e dell’esecuzione della pena [art. 4 lett. d) n. 12 della legge 21 luglio 2016, n. 149]” dato che la “riconfigurazione, come si legge nei lavori preparatori, è finalizzata da un lato a rimuovere qualsiasi dubbio circa l’estensione del principio alla fase esecutiva (che resterebbe, invece, estranea al concetto di condizione di procedibilità); dall’altro lato, a consentire, prima dell’estradizione suppletiva, il compimento di tutti gli atti di indagine, e non soltanto di quelli previsti dall’art. 346 c.p.p.”, e ciò nell’ottica di “realizzare un migliore contemperamento tra l’osservanza del principio e l’esigenza di non sacrificare l’esercizio della giurisdizione”.
Proseguendo la disamina delle norme che rilevano rispetto al tema trattato in questa circolare, è stato altresì messo in risalto che, quando “l’azione penale sia stata già esercitata e sopravvenga soltanto nel corso dell’udienza preliminare o del giudizio (dibattimentale o speciale) la condizione di fatto che impone l’estradizione suppletiva, l’art. 721, comma 2 prevede che il giudice emetta un’ordinanza di sospensione del processo, ricorribile per cassazione dal pubblico ministero, dall’imputato e dal suo difensore”, e dunque le “ipotesi regolate sono evidentemente quelle nelle quali l’azione penale ha potuto regolarmente essere esercitata” fermo restando che “la norma riformata prevede che l’ordinanza sospensiva non preclude l’emissione di una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere” così come alla “medesima ratio è ispirata la previsione del comma 4, secondo la quale l’ordinanza di sospensione non impedisce l’assunzione delle prove che possono determinare il proscioglimento dell’imputato per i fatti anteriori alla consegna”.
Dopo aver esaminato altre prescrizioni concernenti direttamente e indirettamente sempre l’art. 721 c.p.p. (e precisamente: sempre il quarto comma, nella parte in cui si prevedono, come ulteriori eccezioni agli effetti sospensivi dell’ordinanza de qua quali il compimento degli atti urgenti e l’assunzione di prove non rinviabili, e l’art. 159 c.p. il cui comma primo, come è noto, dispone che “il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale…è imposta da una particolare disposizione di legge …), è stata esaminata anche la norma conseguente, cioè l’art. 721-bis c.p.p.[11], vale a dire quella disposizione legislativa dedicata all’estensione dell’estradizione con cui il legislatore della riforma si fa carico dell’annosa questione relativa alla pratica impossibilità di superare l’ostacolo della specialità quando, nel procedimento instaurato per fatti anteriori e diversi da quelli posti a fondamento della consegna, l’estradato debba essere giudicato a piede libero.
Se l’“attivazione della procedura estradizionale postula, infatti, l’esistenza di un provvedimento restrittivo della libertà personale (cautelare o definitivo) per la cui esecuzione è richiesta la cooperazione dello Stato estero di rifugio”, “la nuova disposizione prevede un’ordinanza cautelare non esecutiva, da emettersi sulla base del solo presupposto indiziario di cui all’art. 273 c.p.p.[12], (…) la cui acquisizione è resa possibile dalla nuova configurazione della specialità come condizione che non impedisce alcuna attività di indagine” fermo restando che, per un verso, l’“ordinanza dovrà essere revocata nel caso di rifiuto dell’estradizione da parte dello Stato estero”, per altro verso, “anche nel caso di concessione dell’estradizione, l’ordinanza non potrà essere automaticamente eseguita” e, a “tal fine è necessario un provvedimento di conferma a fini esecutivi che, fermi restando i gravi indizi di colpevolezza, rappresenti, secondo le regole generali dell’art. 292 c.p.p.[13], la concreta e attuale sussistenza delle esigenze cautelari e delle condizioni di necessità e proporzionalità richieste dagli artt. 274 e ss.” c.p.p., per altro verso ancora, l’“adozione dell’ordinanza strumentale non è evidentemente necessaria quando, sulla base delle procedure semplificate previste da taluni trattati o delle prassi vigenti con alcuni Paesi, lo Stato estero acconsenta all’estensione del giudizio ai fatti anteriori non dedotti nel provvedimento di consegna, senza esigere l’allegazione del titolo restrittivo” dato che il “nuovo art. 721 comma 5 lett. a) conserva infatti la disposizione del testo previgente secondo la quale “il principio di specialità non opera quando lo Stato estero ha consentito alla consegna””.
Posto ciò, dopo aver trattato altre declinazioni convenzionali della clausola di specialità (esempio: Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti o piscotrope, fatta a Vienna il 20 dicembre 1988 e ratificata dall’Italia con legge 5 novembre 1990 n. 328) e taluni errori di prospettiva (nel senso che la “consultazione del provvedimento estradizionale serve anche ad escludere errori di prospettiva, come quello di regolare la gestione della garanzia di specialità sulla base di una normativa sovranazionale diversa e sopravvenuta a quella che ha in fatto governato la procedura di consegna”), è stata vagliata la c.d. purgazione della garanzia osservandosi a questo proposito che le “tradizionali cause di caducazione della garanzia di specialità sono contemplate dalle lettere b) e c) del riformato quinto comma dell’art. 721”.
La prima causa di caducazione della garanzia, “per quanto non espressamente prevista dalla disciplina previgente, era già riconosciuta dalla prevalente giurisprudenza di legittimità”, e consiste nel “consenso espresso dall’estradato con le modalità indicate dall’art. 717, commi 2[14] e 2-bis[15], disposizioni che: assegnano all’autorità giudiziaria il compito di raccogliere la dichiarazione di rinuncia; prescrivono la previa informativa delle conseguenze giuridiche della rinuncia e la sua verbalizzazione; esigono la presenza del difensore, a pena di invalidità; stabiliscono l’irrevocabilità della rinuncia, salvo l’intervento di fatti nuovi che modifichino la situazione esistente al momento della rinuncia” mentre per contro non può assumere analoga rilevanza “ipotesi implicite di rinuncia in comportamenti di significato equivoco quali: la mancata formulazione dell’eccezione di specialità accompagnata dallo svolgimento di una difesa nel merito dalle accuse relative al fatto non compreso nel decreto di estradizione e la presentazione della richiesta di giudizio abbreviato per definire il relativo procedimento (C. VI, n. 5816/17; C. I, n. 33668/05; C. I, n. 21344/05); la richiesta del condono per il reato anteriore non compreso nel provvedimento di estradizione (C. I, n. 8580/15)”.
Da ciò deriva che, ove “espressa nelle forme prescritte, la dichiarazione di rinuncia alla specialità resa nel corso delle indagini o del giudizio di cognizione rende definitivamente inoperante il principio: l’esecuzione dell’eventuale decisione di condanna non necessiterà pertanto né di un nuovo interpello dell’interessato, né dell’attivazione della procedura di estradizione suppletiva (C. sez. un. n. 11971/08)”.
La seconda causa di caducazione della garanzia “riproduce i casi classici di purgazione della specialità collegati al mancato allontanamento e al volontario rientro nel territorio dello Stato di consegna: “… l’estradato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione oppure, se, dopo averlo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno”.
Per quanto attiene il mancato allontanamento, “conserva attualità l’elaborazione giurisprudenziale che sottolinea la necessità che la permanenza nello Stato oltre il termine indicato sia dovuta a libera scelta dell’estradato e perciò esclude la caducazione della garanzia in caso di
impedimenti materiali o giuridici dell’allontanamento quali: lo stato di indigenza; la grave malattia; la mancanza del passaporto o di altro documento valido per l’espatrio (C. I, n. 4711/99); la necessità di difendersi nel procedimento per il quale è stata concessa l’estradizione o in altro procedimento penale (C. I, n. 16000/06); la sottoposizione a misure cautelari non detentive quali l’obbligo di presentazione alla p.g. o il divieto di espatrio (C. I, n. 21344/05); l’applicazione di misure personali di sicurezza come la libertà vigilata (C. I, n. 40000/05)”.
Invece, per ciò che riguarda il requisito di definitività del provvedimento di liberazione, detto requisito “implica che la causa di purgazione matura soltanto in conseguenza di una sentenza di assoluzione o da un provvedimento di scarcerazione non modificabile” mentre “è assimilabile a dette ipotesi quella della scarcerazione conseguente alla dichiarazione di inefficacia della misura cautelare per decorso dei termini di custodia, né quella conseguente alla revoca della misura disposta per cessazione dei pericula libertatis, posto che il cd. giudicato cautelare è ammesso “allo stato degli atti” ed è sempre consentita una diversa valutazione quando muti la prognosi sulle dette esigenze” e perciò può sostenersi “in tali casi che il comportamento dell’imputato sia univocamente indicativo di una scelta piena di accettazione della giurisdizione dello Stato alla quale si sarebbe altrimenti sottratto (C. I, n. 22747/09; C. V, n. 6825/07; C. I, n. 16000/06)”.
In ordine al volontario rientro, prendendosi atto di un’assenza di casistica, ci si limita a mettere in risalto che non si appalesano atte a caducare la garanzia manovre fraudolente finalizzate a riportare coattivamente la persona all’interno dello Stato.
E’ stata infine individuata una ulteriore causa di caducazione (rectius, di esclusione) della garanzia non espressamente prevista ossia quella in cui il soggetto, una volta estradato verso l’Italia per un determinato reato, se ne allontani (legittimamente o illegittimamente) per rifugiarsi in uno Stato diverso da quello estradante e, a tale riguardo, è stata rimarcata “la dimensione bilaterale della garanzia di specialità, che opera esclusivamente nelle relazioni tra le Parti coinvolte nell’originale procedura estradizionale e che perciò cessa di avere efficacia quando l’interessato si sposti verso un Paese diverso, nei confronti del quale potrà eventualmente instaurarsi nuovo e autonomo rapporto estradizionale, a nulla rilevando il consenso del primo Stato estradante (C. I, n. 9000/09, relativa a un caso di allontanamento legittimo; C., I, n. 32356/04, relativa a un caso di allontanamento illegittimo)”.
Per quel che riguarda la garanzia di specialità nella procedura di mandato di arresto europeo, si è fatto riferimento a quell’orientamento nomofilattico consolidato che, da un lato, “declina la garanzia di specialità in forme attenuate, tali cioè da implicare la necessità del consenso suppletivo dello Stato di esecuzione del mandato ai soli fini dell’esecuzione della condanna irrevocabile o della misura restrittiva della libertà personale; senza impedire che, per il fatto anteriore e diverso possano, invece, dispiegarsi pienamente la funzione requirente e il giudizio di cognizione e possano anche essere adottate statuizioni di condanna a pena detentiva e ordinanze applicative di misure custodiali”, dall’altro, “si fonda sulla necessità di conformare l’applicazione delle norme interne di attuazione del mandato di arresto europeo (artt. 26[16] e 32[17] della legge 22 aprile 2005, n. 69) al dettato dell’art. 27 della decisione quadro 2002/584/GAI[18], così come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea nella decisione 1 dicembre 2008, c. Leymann-Pustovarov”.
Al riguardo è stato osservato, da una parte, che “l’art. 27 cit. riproduce al par. 2 la versione ‘tradizionale’ della clausola (…la persona non è sottoposta a un procedimento penale, condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quello per cui è stata consegnata)”mentre, nel successivo par. 3, figurano una serie di deroghe, ossia il “- (…) caso dell’assenso dello Stato di consegna e a quello della rinuncia espressa del consegnato – il caso nel quale il procedimento penale instaurato per il reato anteriore e diverso “non dà luogo all’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale”, dall’altra, la “Corte di giustizia UE, nella decisione sopra richiamata, ha interpretato l’eccezione in parola come riferita a tutte le «le situazioni nelle quali il procedimento penale – in base alla legge o alla valutazione della autorità giudiziaria – non dà luogo all’applicazione di misura restrittiva della libertà personale dell’interessato»” e dunque, secondo la Corte di Lussemburgo, “l’eccezione opera non soltanto quando la legge dello Stato emittente non prevede l’irrogazione di pene detentive o l’applicazione di misure custodiali (per ragioni connesse, per esempio, alle soglie edittali previste dal nostro art. 280 c.p.p.[19]); ma anche quando, pur essendo la restrizione della libertà astrattamente configurabile, l’autorità giudiziaria non abbia inteso (ancora) applicarla”.
Si è fatto per di più presente che alle medesime conclusioni ermeneutiche è giunta la Cassazione per quel che attiene quanto previsto dall’art. 26 della legge n. 69 del 2005, “nonostante il testo della norma di trasposizione traduca l’eccezione con formula lessicale parzialmente diversa (“… il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva”; anziché “il procedimento penale non dà luogo applicazione di misura restrittiva”)”.
In ordine alla operatività della garanzia di specialità nel giudizio di esecuzione, è stata stimata pacifica “la garanzia di specialità, tanto nel contesto operativo delle procedure estradizionali quanto in quello regolato dal mandato di arresto europeo, opera anche in relazione alle decisioni adottate nel giudizio di esecuzione che possono comportare restrizioni della libertà personale del soggetto estradato o consegnato per fatti anteriori alla consegna e diversi da quelli per i quali quest’ultima è stata disposta” dato che, a proposito delle “decisioni adottate dal giudice dell’esecuzione per l’applicazione in executivis della continuazione, seppure richiesta dal condannato (art. 671 c.p.p.[20]); o per la revoca della sospensione condizionale della pena o dell’amnistia, dell’indulto e della grazia condizionati (art. 674 c.p.p.[21])”, con “riguardo a tali casi, la Corte di cassazione ha costantemente segnalato la necessità di sospendere il procedimento di esecuzione in attesa dell’assenso dello Stato estero all’estensione del MAE o del provvedimento estradizionale”; una necessità questa, secondo quanto asserito in questa circolare, confermata anche nella legge di riforma giacchè il “principio di delega che sollecita le definizione della garanzia come “causa di sospensione del procedimento” rimanda ai lavori della Commissione Riccio che indicava, tra i vantaggi di tale riconfigurazione quella di “potersi applicare coerentemente sia al processo che all’esecuzione della pena” (Relazione cit. par. 3.2)”.
E’ stato infine messo in evidenza che, nel “contesto del mandato di arresto europeo, è recentemente affiorato, all’interno della stessa sezione della Corte di cassazione, un contrasto interpretativo, che attiene non già alla (incontestata) operatività della garanzia nel procedimento di esecuzione, ma al momento nel quale essa dispiega il suo effetto impeditivo” visto che se un “primo orientamento ritiene precluso il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena in relazione alle condanne per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali la consegna è stata concessa e impone, prima del provvedimento, la sospensione della procedura esecutiva diretta a rendere eseguibili condanne già condizionalmente sospese in attesa dell’eventuale assenso all’estensione del MAE (C. I, n. 38716/13; C. I, n. 40256/07)”, secondo un diverso orientamento, invece, (C. I, n. 4457/17), “la declinazione temperata del principio di specialità contenuta nel citato art. 27 della decisione quadro 2002/584/GAI e negli artt. 26 e 32 della legge interna di attuazione implica che “in sede di esecuzione è consentito al giudice disporre la revoca della sospensione condizionale della pena in relazione a condanne per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali la consegna è stata concessa, ma non è, invece, legittimo il susseguente ordine di carcerazione””; pertanto, alla luce di ciò, sono state invitate le autorità giudiziarie interessate a “regolare la propria condotta processuale secondo l’opzione ritenuta preferibile, tenendo conto del mutato quadro normativo e delle evoluzioni della giurisprudenza di legittimità”.
[1]Ai sensi del quale: “1. La partecipazione all’udienza dell’imputato detenuto all’estero, che non possa essere trasferito in Italia, ha luogo attraverso il collegamento audiovisivo, quando previsto da accordi internazionali e secondo la disciplina in essi contenuta. Per quanto non espressamente disciplinato dagli accordi internazionali, si applica la disposizione dell’articolo 146-bis. 2. Non può procedersi a collegamento audiovisivo se lo Stato estero non assicura la possibilità di presenza del difensore o di un sostituto nel luogo in cui viene assunto l’atto e se quest’ultimo non ha possibilità di colloquiare riservatamente con il suo assistito. 3. L’imputato ha diritto alla presenza dell’interprete se non conosce la lingua del luogo ove l’atto è compiuto o quella usata per rivolgergli le domande. 4. La detenzione dell’imputato all’estero non può comportare la sospensione o il differimento dell’udienza quando è possibile la partecipazione all’udienza in collegamento audiovisivo, nei casi in cui l’imputato non dà il consenso o rifiuta di assistere. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 420-ter del codice. 5. La partecipazione all’udienza attraverso il collegamento audiovisivo del testimone o del perito si svolge secondo le modalità e i presupposti previsti dagli accordi internazionali. Per quanto non espressamente disciplinato, si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell’articolo 147-bis”.
[2]Secondo cui: “1. Nei casi previsti dagli accordi internazionali, l’audizione e la partecipazione all’udienza davanti all’autorita’ giudiziaria italiana della persona sottoposta ad indagini, dell’imputato, del testimone o del perito che si trovi all’estero e che non possa essere trasferito in Italia, puo’ essere eseguita mediante videoconferenza o altra forma di collegamento audiovisivo a distanza. 2. L’audizione e la partecipazione a distanza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato e’ subordinata all’acquisizione del consenso dello stesso. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui all’articolo 205-ter delle disposizioni di attuazione. 3. L’autorita’ giudiziaria e l’autorita’ straniera competente concordano le modalita’ della citazione, dell’audizione o della partecipazione a distanza, nonche’ le eventuali misure relative alla protezione della persona di cui e’ richiesto l’esame o la partecipazione all’udienza. 4. L’autorita’ giudiziaria richiede all’autorita’ straniera di identificare la persona da sentire o di cui e’ chiesta la partecipazione all’udienza e di comunicarle tempestivamente i diritti che le vengono riconosciuti dall’ordinamento italiano e, ove necessario, quelli relativi alla traduzione e alla interpretazione, al fine di garantirne l’effettivo esercizio. 5. L’imputato e la persona sottoposta alle indagini sono necessariamente assistiti dal difensore e devono essere informati dei diritti e delle facolta’ che sono loro riconosciuti dall’ordinamento interno e da quello dello Stato richiedente. I testimoni e i periti sono informati della facolta’ di astensione prevista dall’ordinamento interno e da quello dello Stato richiesto. 6. L’autorita’ giudiziaria puo’ mettere a disposizione dello Stato richiesto i mezzi tecnici per procedere all’audizione mediante videoconferenza, ove necessario. 7. Nel verbale redatto dall’autorita’ giudiziaria procedente deve darsi atto che l’attivita’ e’ stata compiuta mediante collegamento a distanza”.
[3]Per cui: “Nei rapporti con Stati diversi da quelli membri dell’Unione europea le estradizioni, le domande di assistenza giudiziaria internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l’esecuzione all’estero delle sentenze penali italiane e gli altri rapporti con le autorita’ straniere, relativi all’amministrazione della giustizia in materia penale, sono disciplinati dalle norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale”.
[4]Alla stregua del quale: “Se le norme indicate ai commi 1 e 2 mancano o non dispongono diversamente, si applicano le norme del presente libro”.
[5]Secondo cui: “La concessione dell’estradizione, l’estensione dell’estradizione già concessa e la riestradizione sono sempre subordinate alla condizione espressa che, per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa o estesa ovvero da quello per il quale la riestradizione è stata concessa, l’estradato non venga sottoposto a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettato ad altra misura restrittiva della libertà personale né consegnato ad altro Stato”.
[6]Per il quale: “Il ministro può inoltre subordinare la concessione dell’estradizione ad altre condizioni che ritiene opportune”.
[7]Secondo cui: “La persona estradata non puo’ essere sottoposta a restrizione della liberta’ personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentiva, ne’ assoggettata ad altra misura restrittiva della liberta’ personale per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione e’ stata concessa”.
[8]Alla stregua del quale: “2. Quando le convenzioni internazionali o le condizioni poste prevedono che un fatto anteriore alla consegna non possa essere giudicato, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo se l’azione penale e’ stata esercitata, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. 3. Avverso l’ordinanza di cui al comma 2 possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore. Il ricorso non ha effetto sospensivo. 4. La sospensione del processo non impedisce il compimento degli atti urgenti, l’assunzione delle prove non rinviabili, nonche’ di quelle che possono determinare il proscioglimento per fatti anteriori alla consegna. 5. Il principio di specialita’ non opera quando: a) lo Stato estero ha consentito all’estensione; b) l’estradato ha espresso il proprio consenso con le modalita’ indicate nell’articolo 717, commi 2 e 2-bis;
- c) l’estradato, avendone avuta la possibilita’, non ha lasciato il territorio dello Stato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione oppure se, dopo averlo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno”.
[9]Per cui: “Fermo quanto disposto dall’articolo 343, in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, possono essere compiuti gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova e, quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste dall’articolo 392”.
[10]Secondo il quale: “1. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente: a) all’assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento; b) all’assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso; c) all’esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri; d) all’esame delle persone indicate nell’articolo 210 e all’esame dei testimoni di giustizia; e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b); f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile; g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento. 1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. In ogni caso, quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità, il pubblico ministero, anche su richiesta della stessa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della sua testimonianza. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono altresì chiedere una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione superiore a sessanta giorni, ovvero che comporti l’esecuzione di accertamenti o prelievi su persona vivente previsti dall’articolo 224-bis”.
[11]Per cui: “1. Ai fini della richiesta di estensione dell’estradizione puo’ essere emessa ordinanza di custodia cautelare quando sussistono gravi indizi di colpevolezza. 2. L’esecuzione dell’ordinanza resta sospesa fino alla concessione della estensione dell’estradizione ed e’ revocata, anche d’ufficio, in caso di rifiuto da parte dello Stato estero. 3. Concessa l’estensione, su richiesta del pubblico ministero l’ordinanza di custodia cautelare e’ confermata ai fini dell’esecuzione, soltanto se, fermi i gravi indizi di colpevolezza, sussistono esigenze cautelari a norma degli articoli 274 e seguenti”.
[12]Alla stregua del quale: “1. Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza. 1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1. 2. Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata”.
[13]Secondo il quale: “1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza. 2. L’ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio: a) le generalità dell’imputato o quanto altro valga a identificarlo; b) la descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate; c) l’esposizione e l’autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato; c-bis) l’esposizione e l’autonoma valutazione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l’esposizione e l’autonoma valutazione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all’articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure; d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l’esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 274; e) la data e la sottoscrizione del giudice. 2-bis. L’ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell’ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell’ufficio e, se possibile, l’indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l’imputato. 2-ter. L’ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato, di cui all’articolo 358, nonché all’articolo 327-bis. 2-quater. Quando e’ necessario per l’esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi, delle comunicazioni e conversazioni intercettate sono riprodotti soltanto i brani essenziali. 3. L’incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione “.
[14]Alla stregua del quale: “Al fine di provvedere agli adempimenti previsti dal comma 1, il presidente della corte di appello invita l’interessato a nominare un difensore di fiducia designando, in difetto di tale nomina, un difensore di ufficio a norma dell’articolo 97, comma 3. Gli adempimenti di cui al comma 1 sono compiuti alla necessaria presenza del difensore, al quale e’ dato avviso almeno ventiquattro ore prima. Il consenso all’estradizione e la rinuncia alla garanzia del principio di specialita’ non sono validi se non sono espressi alla presenza del difensore”.
[15]Secondo cui: “La rinuncia dell’estradato alla garanzia del principio di specialita’ e’ irrevocabile, salvo l’intervento di fatti nuovi che modifichino la situazione esistente al momento della rinuncia”.
[16]Secondo cui: “1. La consegna e’ sempre subordinata alla condizione che, per un fatto anteriore alla stessa e diverso da quello per il quale e’ stata concessa, la persona non venga sottoposta a un procedimento penale, ne’ privata della liberta’ personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, ne’ altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della liberta’ personale. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando: a) il soggetto consegnato, avendone avuta la possibilita’, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale e’ stato consegnato decorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno; b) il reato non e’ punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della liberta’ personale; c) il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva della liberta’ personale; d) la persona e’ soggetta a una pena o a una misura che non implica la privazione della liberta’, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se puo’ limitare la sua liberta’ personale; e) il ricercato ha acconsentito alla propria consegna, oltre a rinunciare al principio di specialita’ con le forme di cui all’articolo 14; f) dopo essere stata consegnata, la persona ha espressamente rinunciato a beneficiare del principio di specialita’ rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna. Tale rinuncia e’ raccolta a verbale dall’autorita’ giudiziaria dello Stato membro di emissione, con forme equivalenti a quelle indicate all’articolo 14. 3. Successivamente alla consegna, ove lo Stato membro di emissione richieda di sottoporre la persona a un procedimento penale ovvero di assoggettare la stessa a un provvedimento coercitivo della liberta’, provvede la corte di appello che ha dato esecuzione al mandato d’arresto. A tale fine, la corte verifica che la richiesta dello Stato estero contenga le informazioni indicate dall’articolo 8, paragrafo 1, della decisione quadro munite di traduzione e decide entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. L’assenso e’ rilasciato quando il reato per il quale e’ richiesto consente la consegna di una persona ai sensi della decisione quadro. La corte rifiuta l’assenso quando ricorre uno dei casi di cui all’articolo 18”.
[17]Per il quale: “La consegna della persona ricercata e’ soggetta ai limiti del principio di specialita’, con le eccezioni previste, relativamente alla procedura passiva di consegna, dall’articolo 26”.
[18]Per cui: “1. Ogni Stato membro può notificare al segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea che nei suoi rapporti con altri Stati membri che hanno effettuato la stessa notifica si presume che sia stato accordato l’assenso all’azione penale, alla condanna o alla detenzione ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quello per cui è stato consegnato salvo che in un caso specifico l’autorità giudiziaria dell’esecuzione faccia una diversa dichiarazione nella sua decisione relativa alla consegna. 2. Salvi i casi previsti ai paragrafi 1 e 3, la persona non è sottoposta a un procedimento penale, condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quello per cui è stata consegnata. 3. Il paragrafo 2 non si applica nei casi seguenti: a) quando, pur avendo avuto l’opportunità di farlo, la persona non ha lasciato il territorio dello Stato membro al quale è stato consegnato nei 45 giorni successivi alla scarcerazione definitiva oppure vi ha fatto ritorno dopo averlo lasciato; b) il reato non è punibile con una pena o una misura privative della libertà; c) il procedimento penale non dà luogo all’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale; d) qualora la persona sia soggetta ad una pena o misura che non implichi la privazione della libertà, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se può restringere la sua libertà personale; e) qualora la persona abbia acconsentito alla propria consegna, oltre a rinunciare, se del caso, alla regola della specialità, in conformità dell’articolo 13; f) qualora, dopo essere stato consegnato, la persona abbia espressamente rinunciato a beneficiare della regola della specialità rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna. Tale rinuncia è raccolta dalle competenti autorità giudiziarie dello Stato membro emittente e verbalizzata in conformità con il diritto interno di quest’ultimo. Essa è redatta in modo che risulti che l’interessato l’ha espressa volontariamente e con piena consapevolezza delle conseguenze. A tal fine la persona ha diritto ad essere assistita da un consulente legale; g) qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione che ha consegnato la persona dia il suo assenso in conformità del paragrafo 4. 4. La richiesta di assenso è presentata all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, corredata delle informazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 1, nonché di una traduzione, come previsto all’articolo 8, paragrafo 2. L’assenso è accordato qualora il reato per cui è richiesto dia esso stesso luogo a consegna conformemente al disposto della presente decisione quadro. L’assenso è rifiutato per i motivi di cui all’articolo 3 e, altrimenti, può essere rifiutato soltanto per i motivi di cui all’articolo 4. La decisione interviene entro i trenta giorni dal ricevimento della richiesta. Per le situazioni di cui all’articolo 5 lo Stato emittente deve fornire le garanzie ivi previste”.
[19]Secondo cui: “1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall’articolo 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. 2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni. 3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare”.
[20]Alla stregua del quale: “1. Nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione. Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza. 2. Il giudice dell’esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto. 2-bis. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 81, quarto comma, del codice penale. 3. Il giudice dell’esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando ciò consegue al riconoscimento del concorso formale o della continuazione. Adotta infine ogni altro provvedimento conseguente”.
[21]Per cui: “1. La revoca della sospensione condizionale della pena, della grazia o dell’amnistia o dell’indulto condizionati e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è disposta dal giudice dell’esecuzione, qualora non sia stata disposta con la sentenza di condanna per altro reato. 1-bis. Il giudice dell’esecuzione provvede altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva l’esistenza delle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 168 del codice penale”.
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