Problematiche concernenti la chiusura delle indagini preliminari per effetto dell’avviso ex art.415-bis cpp

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            Chi pratica anche in maniera marginale il diritto penale, conosce benissimo l’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art.415-bis del Cpp, introdotto con la legge 16 dicembre 1999 (c.d.legge Carotti).
            Nonostante sia trascorso quasi un decennio dalla sua venuta, si tratta peraltro di istituto in parte ancora incognito e foriero di controversie giurisprudenziali e dottrinali tuttora irrisolte.
            Secondo parte della dottrina invero, l’impianto originario del codice di rito prevede che le indagini preliminari debbono considerarsi esaurite con l’emissione del provvedimento con il quale, a mente dell’art.405 Cpp, il pubblico ministero assume le proprie determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale e, dunque, la previsione nel codice procedurale di un avviso (ex art.415-bis) che anticipi tali determinazioni senza peraltro comprometterle, sorto proprio per rivelare il momento conclusivo delle indagini, mal si concilia con l’apparato sistematico procedurale relativo all’esercizio dell’azione penale.
            Eppure la fase delle indagini preliminari e la relativa disciplina codicistica, assumono preponderante rilievo in ordine a tutta una serie di istituti processuali: così per ciò che concerne la proroga dei termini di estensione massima della custodia cautelare che, a norma dell’art.305, comma 2, Cpp, può essere richiesta dal Pm nel corso delle indagini preliminari quando i suddetti termini siano prossimi a scadere, nel caso in cui sussistano gravi esigenze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi o a nuove indagini disposte ai sensi dell’art.415-bis, comma 4, rendano indispensabile il protrarsi della custodia.
            E’ ben vero che recente giurisprudenza ha escluso la concedibilità di detta proroga qualora sia già stato emesso e spedito l’avviso di concluse indagini ex art.415-bis Cpp., ma le motivazioni addotte dalla Suprema Corte hanno evidenziato la circostanza che si trattasse di accertamenti ancora da svolgersi e, pertanto, “il rilievo che la proroga della custodia cautelare è stata disposta dopo il completamento delle indagini e, addirittura, dopo la spedizione dell’avviso di conclusione, rende palese la carenza del presupposto di legge per l’adozione dell’ordinanza di proroga”(Cass.pen.sez.I, 18 gennaio 2007, n.1295).
            Tuttavia, esiste anche una pronuncia più recente con la quale la S.C. si è attestata su posizioni diametralmente opposte (alimentando ulteriormente lo stato di confusione), stabilendo in sostanza che: “l’avvenuta emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari non impedisce che possa essere avanzata richiesta di proroga dei termini di durata della custodia cautelare, ai sensi dell’art.305, comma secondo, c.p.p.”(Cass.pen.sez.fer., 11 ottobre 2007, n.37368).
            Si tratta di una risoluzione importante, atteso che esprime manifestamente il principio secondo il quale l’avviso ex art.415-bis non determina la chiusura della fase delle investigazioni preliminari e nemmeno impedisce un eventuale provvedimento di proroga della custodia cautelare.
            Altri e differenti argomenti invece, sono quelli afferenti l’ammissibilità di nuove indagini successivamente alla notifica del provvedimento conclusivo delle stesse ex art.415-bis, peraltro risolto dalla giurisprudenza più recente in senso positivo (Cass.pen.sez.III, 23 marzo 2004, n.13954), nonchè quello relativo all’efficacia interruttiva del corso della prescrizione ad opera dell’avviso di concluse indagini, risolto invece in senso negativo dalle Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n.21833 del 5 luglio 2007 (su tale ultimo punto, si veda in maniera più approfondita la recensione pubblicata dallo scrivente sul presente web in data 20.9.2007).
            La portata della questione in trattazione riverbera poi i propri effetti anche sul terreno dell’efficacia del decreto di irreperibilità emesso nella fase delle indagini.
            L’art.160, comma 1, Cpp stabilisce infatti che quando manchi l’udienza preliminare, il decreto di irreperibilità cessa di avere efficacia con la chiusura delle indagini. Il dilemma allora diventa quello di stabilire se il Pm che ha emesso il decreto di irreperibilità, addirittura proprio al fine di notificare all’imputato l’avviso ex art.415-bis Cpp, possa giovarsi di detto provvedimento anche a fini notificatori del decreto di citazione diretta a giudizio dinnanzi al giudice del dibattimento.
            La prevalente giurisprudenza si è orientata sul punto negativamente, precisando che la fase delle indagini deve ritenersi chiusa con l’emissione del decreto di citazione a giudizio (non anche dall’avviso di concluse indagini) e, pertanto, diviene necessario esperire nuove indagini in ordine alla reperibilità dell’interessato per la notifica del decreto di citazione (Cass.pen.sez.I, 6 febbraio 2003, n.5698; 2 agosto 2005, n.29226).
            Altra -minoritaria- giurisprudenza invece, si è mossa su un piano totalmente differente, specificando come la spedizione dell’avviso di conclusione delle investigazioni ex art.415-bis (con la notifica del quale, nel caso sottoposto all’attenzione della S.C., si era altresì dichiarata l’irreperibilità del destinatario), abbia efficacia di chiusura delle stesse e, quindi, si dovrebbe dare precedenza alla normativa afferente l’efficacia del decreto emesso ai sensi dell’art.160, co.2, c.p.p., “con conseguente validità delle citazioni effettuate in base al provvedimento deliberato per la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari” (Cass.pen.sez.II, 23 luglio 2007, n.29914).
            Come si può dunque ben vedere, la quaestio deve ritenersi tutt’altro che risolta e ancora abbondantemente in corso d’opera (si veda anche Dir.pen.e proc.1/08).
 
 
Avv. Alessandro Buzzoni

Avv. Buzzoni Alessandro

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