Problematiche ed aspetti rilevanti dello stato di insolvenza dell’appaltatore di opere pubbliche

Redazione 15/02/04
di Gabriele Gentilini
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Quadro generale. La tematica, trattata in maniera sintetica, prende spunto dall’art. 81 delle vigente legge fallimentare il quale dispone che:
1. Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, a meno che il curatore, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato e con autorizzazione del giudice delegato, non dichiari di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni venti dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie. 2. la prosecuzione del rapporto non è consentita nel caso di fallimento dell’appaltatore, quando la considerazione della sua persona è stata un motivo determinante del contratto. 3. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche.
Pertanto ed alla luce di quanto disposto il fallimento dell’imprenditore esecutore di opere pubbliche determina non tanto la risoluzione del contratto d’appalto, bensì lo scioglimento del rapporto contrattuale con effetti non retroattivi e di conseguenza la cessazione dell’efficacia dello stesso. E’ evidente che l’attività contrattuale posta in essere dall’appaltatore prima della dichiarazione di fallimento resta valida ed efficace.
Si nota che la legge fallimentare dispone in particolare che il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, a meno che il curatore, dopo avere sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, e con l’autorizzazione del giudice delegato, non manifesti la volontà di volere subentrare nel rapporto di appalto, dandone comunicazione all’altra parte nel termine di venti giorni.

Fallimento dell’appaltatore di opere pubbliche. Ma veniamo più da vicino al fenomeno del fallimento dell’appaltatore di opere pubbliche, tenuto conto che la norma sopra menzionata dispone che sono salve le norme relative al contratto d’appalto per le opere pubbliche e di conseguenza si applicano a tale fattispecie le norme disposte in materia di lavori pubblici.
Ricordiamo che per quanto riguarda la predetta particolare tematica, già l’art 9 del Capitolato generale approvato con decreto ministeriale 28/05/1895 prevedeva che solo la pubblica amministrazione e non anche il curatore, potesse deliberare la continuazione del contratto per mezzo del supplente.
Il capitolato contenuto nel decreto del Presidente della Repubblica del 16/07/1962 n. 1063 non prevede più la supplenza dal che si è dedotto che l’appalto si scioglie per legge. Secondo alcuni autori si deve ritenere che la pubblica amministrazione ha l’usuale potere di scelta tra lo scioglimento e la continuazione del rapporto contrattuale.
Il Tribunale di Roma con pronuncia di merito del 25/01/1972 ha ritenuto che la pubblica amministrazione può risolvere il contratto in via di autotutela solo se il procedimento relativo sia iniziato prima della dichiarazione di fallimento. La Cassazione con pronuncia di legittimità del 06/02/1970 n. 251, ha ammesso la possibilità di risoluzione da parte della pubblica amministrazione anche dopo la dichiarazione di fallimento con la conseguenza che si può scomputare dal corrispettivo ancora dovuto al fallito e trattenere a titolo di risarcimento dei danni, la somma a tal fine determinata nel capitolato.
V’è anche da dire che, con riferimento, all’aspetto del fallimento dell’appaltore affidatario di un’opera pubblica ed i successivi idonei all’aggiudicazione, la normativa vigente in materia di lavori pubblici ha inteso evitare la prolungata sospensione dei lavori, causata dagli effetti legati all’insolvenza che sarebbe necessaria per procedere ad una nuova gara d’appalto dei lavori di completamento rimasti da eseguire. Il Consiglio di Stato con una pronuncia ha confermato la facoltatività e non l’obbligatorietà di aggiudicazione al secondo e terzo classificato ed il diritto dell’amministrazione di procedere all’annullamento dell’aggiudicazione, verificandosi le condizioni che comportano la decadenza o la revoca dell’affidamento al primo classificato, non sussistendo l’obbligo di affidare i lavori alla seconda classificata.

Estinzione dell’appalto. Ricordiamo dapprima che l’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro. Il contratto di appalto si estingue innanzitutto con l’avvenuta prestazione del servizio, con l’adempimento delle reciproche prestazioni sia da parte dell’ente appaltante che del prestatore appaltatore. Altro modo di estinzione del contratto di appalto è la risoluzione del contratto per mutuo consenso e si verifica quando entrambe le parti contraenti sono d’accordo nell’estinzione del contratto prima ancora dell’avvenuto compimento dell’opera appaltata. Per quanto riguarda l’ipotesi di risoluzione consensuale la giurisprudenza ha affermato che, nell’ambito dell’appalto di opere pubbliche, la cauzione versata dall’appaltatore ai sensi di legge, ha la funzione di garantire l’ente appaltante circa l’adempimento delle obbligazioni contrattuali, del risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento, del rimborso delle somme eventualmente versate in più.
Questa funzione si esaurisce nel caso che il contratto sia stato risolto consensualmente e si sia provveduto senza riserve, al collaudo delle opere eseguite ed alla liquidazione finale delle spettanze dell’appaltatore. Pertanto dopo la predetta ipotesi il committente non può vantare alcun diritto sulla cauzione.

Sembra importante soffermarsi sull’argomento inerente le garanzie prestate dall’appaltatore a causa dell’appalto di lavori pubblici in relazione alla dichiarazione del fallimento. E’ opportuno tracciare le ipotesi che possono presentarsi in merito, al fine di comprendere se l’amministrazione committente possa escutere la garanzia in caso di fallimento dell’appaltatore di lavoro pubblico.
Per principio generale, coloro che contraggono obbligazioni con lo Stato o con altri enti pubblici debbono produrre regolare cauzione, che , secondo il disposto dell’art. 21 del R.D. 827/24, potrà essere restituita, totalmente o parzialmente, “subito dopo compiute le operazioni di collaudo”.
La Legge 109/1994 ha introdotto un nuovo sistema di forme di garanzie, le principali delle quali sono la cauzione provvisoria posta a garanzia della stipula del contratto, e la garanzia definitiva, a copertura del mancato o inesatto adempimento.
La predetta Legge 109/1994 e successivi adeguamenti, con l’art. 30, ha introdotto la seguente normativa che si riporta parzialmente:
1. L’offerta da presentare per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori pubblici è corredata da una cauzione pari al 2 per cento dell’importo dei lavori, da prestare anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa……… e dall’impegno del fidejussore a rilasciare la garanzia di cui al comma 2, qualora l’offerente risultasse aggiudicatario. La cauzione copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’aggiudicatario ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo. Ai non aggiudicatari la cauzione è restituita entro trenta giorni dall’aggiudicazione.
2. L’esecutore dei lavori e’ obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per cento dell’importo degli stessi. In caso di aggiudicazione con ribasso d’asta superiore al 10 per cento, la garanzia fideiussoria e’ aumentata di tanti punti percentuali quantisono quelli eccedenti il 10 per cento; ove il ribasso sia superiore al 20 per cento, l’aumento e’ di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20 per cento. La mancata costituzione della garanzia determina la revoca dell’affidamento e l’acquisizione della cauzione da parte del soggetto appaltante o concedente, che aggiudica l’appalto o la concessione al concorrente che segue nella graduatoria. La garanzia copre gli oneri per il mancato od inesatto adempimento e cessa di avere effetto solo alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio.
2- bis. La fidejussione bancaria o la polizza assicurativa di cui ai commi 1 e 2 dovrà prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e la sua operatività entro quindici giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante. La fidejussione bancaria o polizza assicurativa relativa alla cauzione provvisoria dovrà avere validità per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta.
2 ter. La garanzia fideiussoria di cui al comma 2 e’ progressivamente svincolata a misura dell’avanzamento dell’esecuzione, nel limite massimo del 75 per cento dell’inizialeimporto garantito. Lo svincolo, nei termini e per le entita’ anzidetti, e’ automatico, senza necessita’ di benestare del committente, con la sola condizione della preventiva consegna all’istituto garante, da parte dell’appaltatore o del concessionario, degli stati di avanzamento dei lavori o di analogo documento, in originale o in copia autentica, attestanti l’avvenuta esecuzione. L’ammontare residuo, pari al 25 per cento dell’iniziale importo garantito, e’ svincolato secondo la normativa vigente. Sono nulle le eventuali pattuizioni contrarie o in deroga. Il mancato svincolo nei quindici giorni dalla consegna degli stati di avanzamento o della documentazione analoga costituisce inadempimento del garante nei confronti dell’impresa per la quale la garanzia e’ prestata. La mancata costituzione della garanzia di cui al primo periodo determina la revoca dell’affidamento e l’acquisizione della cauzione da partedel soggetto appaltante o concedente, che aggiudica l’appalto o la concessione al concorrente che segue nella graduatoria. La garanzia copre gli oneri per il mancato od inesatto adempimento e cessa di avere effetto solo alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai contratti in corso anche se affidati dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera b), anteriormente alla data del 1° gennaio 2004.
3. L’esecutore dei lavori è altresì obbligato a stipulare una polizza assicurativa che tenga indenni le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri enti aggiudicatori o realizzatori da tutti i rischi di esecuzione da qualsiasi causa determinati, salvo quelli derivanti da errori di progettazione, insufficiente progettazione, azioni di terzi o cause di forza maggiore, e che preveda anche una garanzia di responsabilità civile per danni a terzi nell’esecuzione dei lavori sino alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio.
4. Per i lavori il cui importo superi gli ammontari stabiliti con decreto del Ministro dei lavori pubblici, l’esecutore è inoltre obbligato a stipulare, con decorrenza dalla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio, una polizza indennitaria decennale, nonché una polizza per responsabilità civile verso terzi, della medesima durata, a copertura dei rischi di rovina totale o parziale dell’opera, ovvero dei rischi derivanti da gravi difetti costruttivi.
5. Il progettista o i progettisti incaricati della progettazione esecutiva devono essere muniti, a far data dall’approvazione del progetto, di una polizza di responsabilità civile professionale per i rischi derivanti dallo svolgimento delle attività di propria competenza, per tutta la durata dei lavori e sino alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio. La polizza del progettista o dei progettisti deve coprire, oltre alle nuove spese di progettazione, anche i maggiori posti che l’amministrazione deve sopportare per le varianti di cui all’articolo 25, comma 1, lettera d), resesi necessarie in corso di esecuzione. La garanzia è prestata per un massimale non inferiore al 10 per cento dell’importo dei lavori progettati, con il limite di 1 milione di Euro, per lavori di importo inferiore a 5 milioni di DSP, I.V.A. esclusa, e per un massimale non inferiore al 20 per cento dell’importo dei lavori progettati, con il limite di 2 milioni e 500.000 Euro, per lavori di importo superiore a 5 milioni di DSP, I.V.A. esclusa. La mancata presentazione da parte dei progettisti della polizza di garanzia esonera le amministrazioni pubbliche dal pagamento della parcella professionale.
6. Prima di iniziare le procedure per l’affidamento dei lavori, le stazioni appaltanti devono verificare, nei termini e con le modalità stabiliti dal regolamento, la rispondenza degli elaborati progettuali ai documenti di cui all’articolo 16, commi 1 e 2, e la loro conformità alla normativa vigente. Tale verifica può essere effettuata da organismi di controllo accreditati ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 o dagli uffici tecnici delle predette stazioni appaltanti.Omissis

Il Regolamento di attuazione della predetta legge Merloni all’art. 101 dispone che:
1. La cauzione definitiva deve permanere fino alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione, o comunque decorsi dodici mesi dalla data di ultimazione dei lavori risultante dal relativo certificato.
2. La cauzione viene prestata a garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse, nonché a garanzia del rimborso delle somme pagate in più all’appaltatore rispetto alle risultanze della liquidazione finale, salva comunque la risarcibilità del maggior danno.
3. Le stazioni appaltanti hanno il diritto di valersi della cauzione per l’eventuale maggiore spesa sostenuta per il completamento dei lavori nel caso di risoluzione del contratto disposta in danno dell’appaltatore. Le stazioni appaltanti hanno inoltre il diritto di valersi della cauzione per provvedere al pagamento di quanto dovuto dall’appaltatore per le inadempienze derivanti dalla inosservanza di norme e prescrizioni dei contratti collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, protezione, assicurazione, assistenza e sicurezza fisica dei lavoratori comunque presenti in cantiere.
4. La stazione appaltante può richiedere all’appaltatore la reintegrazione della cauzione ove questa sia venuta meno in tutto o in parte ; in caso di inottemperanza, la reintegrazione si effettua a valere sui ratei di prezzo da corrispondere all’appaltatore.

Si tratta di garanzie personali consistenti in obbligazioni fra il creditore ed un altro soggetto che si aggiunge, con il suo patrimonio, a rafforzare la garanzia del creditore. Si viene a determinare una obbligazione solidale tra il garante fideiussore ed il debitore garantito. In dottrina qualcuno sostiene che il fideiussore avrebbe un cosiddetto beneficium ordinis e cioè il diritto per il quale il creditore dovrebbe chiedere il pagamento dovuto prima al debitore principale. In ogni caso la legge prevede che la fideiussione deve prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale.

Su questa tematica è opportuno richiamare l’attenzione, tenuto conto di opinioni di commentatori espresse in materia, sul fatto che nel caso in cui l’appaltatore di opere pubbliche commetta degli inadempimenti rispetto alle obbligazioni contrattuali, già prima ancora di essere dichiarato fallito, il committente può agire per la risoluzione del contratto d’appalto, mantenendo in tal caso anche il diritto di procedere all’escussione della garanzia. Infatti, ricollegandosi alla normativa fallimentare, il contratto di appalto si scioglie di diritto per effetto della legge, per il fallimento di una delle parti, con effetti ex nunc cioè non retroattivi, senza che l’appaltatore possa ritenersi imputabile di una particolare responsabilità contrattuale. Di conseguenza, in tale caso, l’Amministrazione committente non può vantare un diritto al risarcimento dei danni e non può rivalersi sulla garanzia fideiussoria.
Nel caso invece in cui l’amministrazione committente avesse eccepito l’inadempimento contrattuale dell’appaltatore, precedentemente alla dichiarazione di fallimento, l’amministrazione stessa acquisisce il diritto a risolvere il contratto e pertanto acquisisce anche il diritto a soddisfare le proprie ragioni sulla cauzione a garanzia costituita dall’inadempiente.

La posizione del curatore fallimentare. L’art. 81 del r.d. 16/3/1942 n. 267, dispone, come sopra menzionato, che il contratto d’appalto si scioglie a causa del fallimento dell’appaltatore a meno che il curatore fallimentare dichiari di voler subentrare nel rapporto contrattuale, dandone in ogni caso comunicazione al committente entro quindici giorni dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie.
E’ importante evidenziare come la norma dispone che il curatore, dopo avere sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, e con l’autorizzazione del giudice delegato, può dichiarare di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni venti dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie. Secondo autorevoli opinioni la situazione comporta una necessaria distinzione a seconda che si tratti di appalto di lavori privati o di appalto di lavori pubblici.
Di conseguenza, a seguito del fallimento dell’aggiudicatario dell’opera pubblica, è constatabile che il curatore fallimentare non può succedere nel contratto d’appalto precedentemente intestato all’appaltatore, dal momento che non può essere in grado di dimostrare i requisiti, propri dell’appaltatore originario. Infatti il citato art. 81 della legge fallimentare vigente dispone che la prosecuzione del rapporto contrattuale non è consentita nel caso di fallimento dell’appaltatore, quando la considerazione della sua persona è stata un motivo determinante del contratto stesso. Si tratta cioè di un contratto, quello dell’appalto di opere pubbliche, basato sulla fiducia riposta dal committente nei confronti della persona dell’appaltatore. In sostanza in questo caso il curatore non può offrire idonee garanzie (si potrebbe in caso di lavori privati) consistenti nei requisiti tecnici e finanziari.
Il curatore evidentemente in questa particolare situazione non può disporre di una organizzazione dei mezzi necessari per il concreto ed efficace adempimento dell’appalto nei confronti del committente pubblico.
In ogni caso il curatore fallimentare ha diritto a percepire quanto dovuto all’imprenditore dichiarato fallito per quanto riguarda i lavori già correttamente eseguiti da parte dell’appaltatore fallito.
Si concorda inoltre con quella legittima opinione secondo la quale il contratto di appalto di lavori pubblici non si scioglie nel caso che la dichiarazione del fallimento sia intervenuta precedentemente alle operazioni di collaudo, ma in ogni caso a seguito di ultimazione dei lavori. In tal caso il committente può procedere al collaudo in contraddittorio con il curatore fallimentare il quale in definitiva non deve fare altro che procedere all’accertamento della regolare esecuzione delle opere svolte dall’appaltatore fallito. Ovviamente in caso di esito favorevole il curatore acquisisce il diritto al pagamento del dovuto da part del committente.

Risolvibilità del contratto e risarcimento del danno a titolo di responsabilità contrattuale. Dopo avere ribadito che il fallimento dell’appaltatore ha come effetto quello dello scioglimento del contratto di appalto, può ritenersi che la pubblica amministrazione committente, a seguito del fallimento dell’appaltatore inadempiente, può deliberare la risoluzione del contratto e può scomputare dal corrispettivo ancora dovuto all’imprenditore fallito, trattenendo a titolo di risarcimento del danno, la somma prevista nel contratto d’appalto.
Questo è il caso caso in cui l’appaltatore già inadempiente venga dichiarato fallito, così la pubblica amministrazione può in ogni caso risolvere il contratto in via di autotutela e può, altresì, ottenere il risarcimento dei danni a condizione che il procedimento amministrativo di risoluzione sia iniziato prima della dichiarazione di fallimento.
Nel caso in cui il fallimento dell’appaltatore, sia già stato pronunciato, il committente non ha diritto al risarcimento del danno. E’ quest’ultima ipotesi, ovviamente, riferibile all’ipotesi in cui il contratto si trovi in corso di regolare esecuzione, oppure quando, trovandosi l’appaltatore già in stato di inadempienza, il committente non abbia promosso alcuna azione di risoluzione contrattuale prima che sia stato dichiarato il fallimento.
Nel caso invece nel quale l’amministrazione committente avesse già avanzato la risoluzione del contratto, precedentemente alla sentenza dichiarativa di fallimento, avrebbe altresì diritto al risarcimento del danno nel confronti dell’appaltatore. Avrebbe lo stesso diritto al risarcimento nei confronti di quell’appaltatore che comunque non avesse rispettato le varie condizioni dedotte nel contratto.

Redazione

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