Sommario: 1. Premessa. – 2 Il casus che ha fatto sorgere il dibattito dottrinario. – 3. Le opinioni espresse dalla dottrina. – 4. Conclusioni.
1. – La revisione del 2004
[1] ha alterato l’articolo 13 della Costituzione portoghese (Principio di Uguaglianza), introducendo al relativo interno il diritto all’orientamento sessuale; la
ratio di detta modifica era ovviamente quella sancire la fine giuridica di qualunque discriminazione nei confronti degli omosessuali, dando a ciò il crisma costituzionale
[2], circostanza che non solo sottolinea l’importanza della novella, ma dà ad essa una forza giuridica di prim’ordine. Sulla base di ciò a noi è sembrato subito evidente che, affinché la nuova disposizione non restasse lettera morta, fosse necessario, come minimo, approvare una normativa di legge che consentisse il matrimonio, nonché il divorzio, tra omosessuali
[3]. Non di meno, non è stato questo il generale intendimento dei giuristi chiamati in causa sulla materia, i quali hanno espresso opinioni tra loro eterogenee e quasi sempre abbastanza distanti dalla nostra; se all’inizio il dibattito ha assunto un carattere più o meno teorico, più recentemente si è sviluppato su basi concrete a causa di un episodio che andiamo ad esporre nel prossimo paragrafo.
2. – Una coppia costituita da due donne
[4] ha formulato istanza formale di matrimonio civile, ma l’autorità a tal fine competente, il
Conservador do Registo Civil[5], non l’ha accolta; a ciò a fatto seguito ricorso agli organi giudiziari, che è ancora pendente.
L’art. 1577 del Codice civile portoghese stabilisce che «Il matrimonio è il contratto celebrato tra due persone di sesso differente che intendono costituire famiglia mediante una piena comunione di vita, nei termini delle disposizioni di questo Codice»
[6]; una delle condizioni per contrarre matrimonio permane quella secondo cui i coniugi debbano essere di sesso differente: secondo il nostro intendimento essa è contraria all’art. 13 della Costituzione portoghese, tuttavia gli organi preposti al controllo della costituzionalità delle norme sono gli organi giudiziari ed il Tribunale costituzionale, secondo le procedure previste dagli articoli 277 e segg. della Costituzione portoghese (CRP) e dalla legge n. 28/82 e successive modifiche (Legge Organica sull’Organizzazione, Funzionamento e Processo del Tribunale Costituzionale)
[7]. La decisione del
Conservador è formalmente corretta, in quanto non spetta alle autorità amministrative valutare l’eventuale incostituzionalità delle norme giuridiche.
Ciò nonostante, non possiamo evitare di ricordare che la dottrina
[8] si è posta di fronte al problema se, almeno in alcuni casi, possano essere anche organi della P.A. ad effettuare il controllo della costituzionalità; l’art. 266, n. 2, della Costituzione subordina gli organi e gli agenti della Pubblica Amministrazione tanto alla legge quanto alla Costituzione; questa vincola gli enti privati e pubblici ai precetti relativi ai diritti, libertà e garanzie (art. 18, n. 1); essa afferma pure che la prevenzione dei reati debba avvenire nel rispetto degli stessi diritti, libertà e garanzie (art. 272, n. 3).
Malgrado ciò, una parte degli autori che ha trattato il tema ha dato risposta generale negativa
[9], in virtù della natura stessa della Pubblica Amministrazione, sia diretta che indiretta, che, essendo vincolata al Governo centrale o a quello regionale, non offre adeguate garanzie; nondimeno, la stessa dottrina ammette in tre ipotesi eccezionali la non applicazione di norme incostituzionali da parte della P.A., ovvero: in caso di decisioni basate su criteri di giustizia materiale (procedimenti disciplinari, valutazione di esami scolastici e concorsi pubblici, ricorsi gerarchici, esposti e reclami da parte di privati, etc.); ipotesi di violazione da parte di una legge di diritti non suscettibili di sospensione neppure durante lo stato d’assedio o di emergenza (art. 19, n. 6, della Costituzione portoghese), la cui speciale valorizzazione costituzionale, e non un potere autonomo di garanzia, si proietta pure sull’attività degli organi amministrativi; il mancato rispetto della Costituzione da parte di una legge ad essa anteriore, con conseguente inserimento di valori non conformi all’idea di diritto contenuta nella Costituzione stessa; vengono ipotizzati in simili circostanze alcuni adattamenti all’attività della P.A.
Forse non sarebbe stato oggettivamente sbagliato ammettere il matrimonio delle due donne che ne hanno fatto richiesta, ricadendo ciò nella terza delle ipotesi che abbiamo sopra menzionato; tuttavia, la scelta svolta dal
Conservadoroincaricato non è suscettibile di critiche, avendo egli optato per un’applicazione letterale della normativa vigente e per un’”abdicazione” da un potere di controllo costituzionale, che del resto nessuna disposizione gli attribuiva esplicitamente[10].
Come si è accennato all’inizio, in seguito a tale episodio, sono stati interrogati vari giuristi al fine di esporre la loro opinione sul tema del presente saggio: di ciò ci accingiamo a scrivere qui di seguito.
3. – Sommariamente le opinioni espresse possono essere classificate in tre categorie
[11]: a) il matrimonio tra persone dello stesso sesso sarebbe da considerare incostituzionale e l’articolo 1577 del Codice Civile permane in tutto e per tutto conforme al nuovo dettato della Costituzione (
sic Jorge Miranda, il quale si pone, a parer nostro, nella posizione non solo più reazionaria, ma anche giuridicamente meno accettabile); b) la Costituzione, nonostante la novella introdotta nel 2004, non obbligherebbe il legislatore ad adottare una normativa che introduca il matrimonio tra omosessuali, però, allo stesso tempo, non imporrebbe niente in contrario; in sostanza tutto dipenderebbe da una mera opzione politica del Parlamento: il sopraccitato articolo del Codice Civile non violerebbe pertanto la CRP (in questo senso hanno manifestato la loro opinione sia Vital Moreira che Paulo Ranger); c) infine, vi è stato chi ha sostenuto apertamente l’incostituzionalità dell’art. 1577 del CC portoghese, perché manifestamente contrario all’art. 13 della Costituzione (José Manuel Vilalonga
[12] e, a quanto ci è dato capire, Pedro Bacelar de Vasconcelos).
Vediamo ora più dettagliatamente gli argomenti utilizzati per difendere le riferite tesi.
Jorge Miranda sostiene che il matrimonio viene concepito, tradizionalmente e legalmente, come unione tra persone di sesso differente; a suffragio di ciò egli richiama l’art. 36 della Costituzione, il quale, secondo la concezione di tale costituzionalista, legherebbe il matrimonio alla filiazione e quindi escluderebbe il matrimonio tra omosessuali. Questa opinione non risulta condividibile, in quanto, sebbene l’art. 36 CRP faccia dei riferimenti alla filiazione
[13], in nessun caso pone ciò come condizione per la realizzazione del matrimonio; anzi, lo stesso art. 36, n. 1, corrobora a nostro parere l’obbligatorietà dell’istituzione del matrimonio tra omosessuali nella misura in cui afferma che «Tutti hanno diritto di costituire famiglia e di contrarre matrimonio in condizione di piena uguaglianza»; diremmo che detta norma può trovare piena applicazione solo se letta in combinato con la nuova stesura dell’art. 13, la quale ha eliminato ogni riferimento a discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale: se tutti hanno il diritto di costituire famiglia e di sposarsi, significa che anche gli omosessuali devono godere di tale diritto; del resto il n. 2 della stessa disposizione sostiene che «La legge regola i requisiti e gli effetti del matrimonio e della relativa dissoluzione…»; vi è quindi un trasferimento a questo strumento normativo di regolazione delle modalità di compimento e di scioglimento del matrimonio: essendo la legge una fonte subcostituzionale, essa deve conformarsi al dettato della fonte primaria dello Stato, la quale ha sancito che non devono più sussistere discriminazioni quanto all’uguaglianza dei cittadini in base alla rispettiva tendenza sessuale, da cui consegue l’obbligatorietà dell’adozione di una normativa che permetta il matrimonio tra persone dello stesso sesso
[14].
Di fronte alla domanda se le coppie non fertili o che, più semplicemente, optino per non avere figli debbano pertanto essere escluse dal matrimonio, Jorge Miranda risponde che questo istituto «non deve necessariamente condurre alla filiazione, ma presuppone questa possibilità». Come dianzi affermato, niente di tutto ciò si può evincere dall’articolo 36 CRP, il quale allorché si riferisce alla disciplina della prole lo fa esclusivamente in termini esplicativi e non di causalità rispetto al matrimonio; del resto, non si potrebbe neppure «presupporre», come sembra fare tale autore, la filiazione per le coppie sterili, le quali, al contrario, «presupporrebbero» l’ipotesi opposta, per lo meno in termini biologici
[15].
Passiamo adesso ad analizzare le argomentazioni utilizzate dai giuristi della seconda categoria.
Secondo questi, per quanto sia possibile cambiare la stesura dell’art. 1577 CC, nessun obbligo in tal senso deriverebbe dalla novella costituzionale del 2004 che ha alterato la stesura dell’art. 13; a detta loro, non si può considerare una norma incostituzionale per il fatto di prevedere come possibile il matrimonio tra persone dello stesso sesso, circostanza che non risulterebbe contraria al dettato della CRP; eventualmente, potrebbe ravvisarsi solo un’incostituzionalità per omissione, in quanto il legislatore ancora non ha approvato una normativa che consenta il matrimonio tra omosessuali
[16]. Non condividiamo questo ragionamento: a nostro avviso l’art. 1577 è incostituzionale non perché prevede il matrimonio tra persone di sesso differente, ma perché lo prevede
solo per queste persone. Soltanto la seconda parte delle citate affermazioni merita la giusta considerazione, allorché mette in evidenza l’inattività parlamentare sulla materia in oggetto; la riteniamo comunque limitata, giacché prende in esame solo una parte delle problematiche in gioco. È sicuramente accettabile l’idea per cui il Parlamento portoghese, a tutt’oggi, abbia
omesso di adottare una legge che disciplini il matrimonio tra omosessuali, ma non per questo, ed anzi
proprio per questo, l’art. 1577 CC può essere considerato conforme alla Costituzione. Il che non fa che dimostrare lo stretto legame che intercorre tra
incostituzionalità per azione ed
incostituzionalità per omissione, le quali sovente sono le due facce della stessa medaglia
[17]. Secondo noi l’articolo 1577 CC è sicuramente divenuto incostituzionale in seguito alla revisione dell’art 13 CRP: ciò potrebbe essere oggetto di giudizio di incostituzionalità concreta da parte dei tribunali ordinari, di incostituzionalità astratta da parte del Tribunale costituzionale, ma anche oggetto di modifica legislativa al fine di rendere detta norma compatibile col nuovo disposto costituzionale
[18].
Gli autori in questione manifestano un ulteriore pensiero, che riteniamo assolutamente privo logica; non vi sarebbe discriminazione nei confronti degli omosessuali, poiché per questi sarebbe sempre possibile contrarre matrimonio con persone di sesso differente, esattamente come per gli eterosessuali: in tal maniera non verrebbe meno il principio di uguaglianza.
Ci sembra patente la superficialità di questa asserzione, che non tiene affatto conto di elementi naturalmente connessi con i desideri dei contraenti. Sebbene probabilmente non possa mettersi in dubbio la validità, per vizio di volontà, di un matrimonio celebrato da un soggetto omosessuale con altro soggetto di sesso opposto, sempre che ci sia una preventiva e reciproca conoscenza di questa differenza di condizione
[19], resta il fatto che, al proibire la realizzazione di detta tipologia contrattuale tra persone dello stesso sesso, permane una situazione di disuguaglianza dovuta alla circostanza per cui una categoria di persone potrebbe sposarsi solo per motivi diversi dall’effettivo voler creare una situazione di vita affettiva in comune; in pratica, gli omosessuali potrebbero contrarre matrimonio solo per ragioni di convenienza, opportunità od opportunismo, etc., ma non per soddisfare quelle esigenze personali che invece dovrebbero essere alla base di una decisione di questo tipo; ciò inevitabilmente produce una
discriminazione sostanziale, ipocritamente mascherata da un eccesso di formalismo giuridico, dato che, così intendendo, alcune persone potrebbero sposarsi con chi effettivamente desiderano farlo, altre invece no: il godimento del diritto in questione resterebbe in tal modo ingiustificatamente disequilibrato.
Altro argomento utilizzato per considerare non obbligatoria l’istituzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso è quello del rapporto formale tra art. 13 ed art. 36 CRP. Il primo viene considerato come norma generale e pertanto non può prevalere su norme speciali, dovendosi in tal modo intendere che questa sia la qualificazione implicita attribuita al secondo dai giuristi del gruppo in esame. Anche ciò è a nostro avviso privo di fondamento; entrambi le norme si inseriscono nella Parte I della Costituzione: l’articolo 13 appartiene al Titolo I (Principi generali), mentre l’art. 36 al Titolo II (Diritti, libertà e garanzie). La Costituzione portoghese non qualifica le disposizioni del Titolo II come speciali né ci sembra che ciò possa essere evinto dal contenuto delle stesse, le quali, per quanto più specifiche rispetto a quelle del Titolo I, non esprimono un contenuto che si distanzia o che accresce quello stabilito dalle norme del Titolo I in virtù di una particolarità rispetto alla tipologia generale delle situazioni giuridiche; le norme del Titolo II manifestano, al contrario, la specificità di un contenuto normativo
analogo a quello espresso in modo più ampio dalle disposizioni del Titolo I. Non sussiste quindi tra le disposizioni dei due Titoli una relazione
norma generale/norma speciale; in quest’ottica, se proprio si vuole creare una gerarchia normativa, questa deve essere a vantaggio del Titolo I e non il contrario, in quanto la specificità normativa di una determinata materia non può contraddire il contenuto espresso in modo più astratto da altre disposizioni relative allo stesso ambito materiale
[20].
In ogni caso, oltre che giuridicamente inappropriata per i motivi esposti, quest’argomentazione è puramente sterile, perché non considera il contenuto intrinseco dell’art. 36 CRP, il quale, quando parla di matrimonio, lo fa in termini assolutamente lati, senza alcun riferimento al sesso dei contraenti, il quale è preso in considerazione solo dalle disposizioni del Codice civile
[21].
Secondo gli autori che difendono, come noi, l’incostituzionalità della menzionata disposizione del CC relativa al matrimonio è necessaria un’interpretazione evolutiva del testo costituzionale, il quale è stato pensato in un momento storico distante, in cui il matrimonio era concepito solo in senso “tradizionale”, ovvero tra uomo e donna; con la revisione del 2004 si è apportato un cambiamento che è frutto di una mutazione radicale di mentalità, in senso sociale, circostanza che giustifica un adeguamento esegetico; di conseguenza, il matrimonio come disciplinato attualmente nel codice civile non si conforma allo “spirito innovativo” introdotto all’interno della Costituzione portoghese.
Per di più, il matrimonio non è solo un diritto
in sé, ma implica tutta una serie di diritti connessi che vanno dall’eredità alla reversibilità della pensione del coniuge, dal diritto all’assistenza in caso di malattia, che permette al coniuge di assentarsi giustificatamene dal lavoro, al funzionamento come aggregato familiare. Affermare che il matrimonio è un istituto particolare con una configurazione specifica che non ha niente a che vedere con l’uguaglianza
[22] significa quindi non tener conto della realtà giuridica per quello che è. Al negare la possibilità di sposarsi alle persone dello stesso sesso lo Stato portoghese sta automaticamente a negar loro l’uguaglianza giuridica in tutta una serie di situazioni la cui rilevanza non può essere contestata, perché costituisce un dato oggettivo
[23]. Probabilmente ciò non sarebbe stato giustificabile neppure prima della novella costituzionale del 2004, ma questa ha sicuramente posto fine a qualunque dubbio al riguardo
[24].
4. – Il cambiamento della normativa in vigore può avvenire secondo una delle modalità dianzi riportate, ovvero per via legislativa oppure per intervento giurisprudenziale degli organi preposti al controllo della costituzionalità, però sarebbe preferibile una modalità che risolva una volta per tutte questo problema. La dichiarazione di incostituzionalità in processo concreto ha valore solo per il caso
sub judice[25], quindi la nostra opzione va o per l’adozione di una dichiarazione di incostituzionalità astratta, la quale non può avvenire d’ufficio ma ha bisogno di essere attivata
[26], oppure per l’abrogazione delle disposizioni del codice civile che, secondo noi incostituzionalmente, sono d’impedimento alla realizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. L’adozione di una legge nuova che equipari il matrimonio civile tra omosessuali a quello tra eterosessuali produrrebbe effetti in tutto e per tutto analoghi, non di meno è una soluzione che ci disturba per ragioni intimamente connesse al valore ed alla forza giuridica del principio di uguaglianza, che come tale, a nostro avviso, dovrebbe essere garantito mediante una normativa unica e non doppia.
Siamo convinti che l’atteggiamento contrario al matrimonio tra omosessuali sia motivato più da convinzioni morali o religiose che da precisi elementi giuridici, i quali invece si proiettano nel senso opposto: il diritto non può essere “piegato” ad intendimenti meramente personali, ma necessita di conformarsi ai criteri che le norme giuridiche, in primis la Costituzione, dettano: poiché si è voluto porre fine a qualsiasi discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale mediante una norma costituzionale, tutte le norme di rango inferiore devono conformarsi a tale novità, altrimenti questa rimarrà di fatto disapplicata.
Giovanni Vagli
[1] Per una visione globale su questo tema si rimanda a Vitalino Canas, Constituição da República Portuguesa (após a sexta revisão constitucional – 2004), Lisboa, 2004, 13-25; Jorge Miranda, A autonomia legislativa das regiões autónomas após a revisão constitucional de 2004, Scientia Iuridica, Tomo LIV, n. 302, 2005, 201-216; Vital Moreira, O Estado assimétrico, Público, 11 maggio 2004, 8. In lingua italiana cfr. Romano Orrù, La VI Revisão della Costituzione portoghese del 1976: dalla scelta “minimalista” al risultato altamente “problematico”, Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 3, 2004, 1136-1150; Giovanni Vagli, La sesta revisione costituzionale in Portogallo, Diritto e Società, n. 4, 2004, 569-579.
[2] Desideriamo ricordare che la nuova disposizione ha preso origine dai progetti presentati dal Blocco di Sinistra, dalla Gioventù Socialista e dal Partito Ecologista i Verdi.
[3] Cfr. il nostro lavoro La sesta revisione costituzionale in Portogallo, cit., 578 (testo e nota 33).
[4] I cui nomi sono Teresa Pires e Helena Paixão (per una lettura sulla vicenda cfr. Luísa Oliveira, O amor que a lei separa, Visão, n. 675, 2006, 88).
[5] Trattasi di Servizio Esterno della Direzione Generale del Registro e Notariato la cui disciplina si trova nel Decreto-Lei n.º 87/2001 (si vedano in particolare gli articoli 3, n. 3, e 26; quest’ultimo disciplina le competenze della Conservatorie del Registro Civile, le quali sono: il registro di tutti i fatti relativi allo stato ed alla capacità civile previsti nel Codice del Registro Civile, occorsi in territorio portoghese qualunque sia la nazionalità dei soggetti a cui essi dicano rispetto; il registro dei matrimoni e dei decessi occorsi all’estero, quando la nascita di almeno uno dei coniugi o del deceduto sia stata registrata presso tali conservatorie; l’integrazione dei registri prima menzionati, nel caso in cui essi siano stati compilati da agenti diplomatici o consolari portoghesi.
[6] Traduzione nostra come in tutti i gli altri casi.
[7] Sul tema cfr. Vitalino Canas, Os processos de fiscalização da constitucionalidade e da legalidade, Coimbra, 1986; José Manuel M. Cardoso da Costa, A jurisdição constitucional em Portugal, Coimbra, 1992; Guilherme da Fonseca e Inês Domingos, Breviário de Direito Processual Constitucional, Coimbra, 2002; Jorge Miranda, Manual de Direito Constitucional, Tomo VI, Coimbra, 2005. In lingua italiana cfr. Aristide Canepa, Modalità strutturali ed organizzative dell’organo di giurisdizione costituzionale come elementi di tutela della sua indipendenza: osservazioni sul caso portoghese, in L’organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale, a cura di P. Costanzo, Torino, 1996, 540-605, nonché il nostro lavoro L’evoluzione del sistema di giustizia costituzionale in Portogallo, Ed. ETS, Pisa, 2001.
[8] Per una sintesi delle varie posizioni assunte cfr. Jorge Miranda, Manual de Direito Constitucional, Tomo VI, cit., 191 e segg.
[9] Nello stesso senso si è pronunciato il Tribunale costituzionale portoghese nella sentenza n. 304/85.
[10] Nell’ambito della dottrina portoghese chi ha espresso con maggior convinzione l’attribuzione di poteri di controllo di costituzionalità di una relativa ampiezza alla Pubblica Amministrazione è stato sicuramente Rui Medeiros, A decisão de inconstitucionalidade, Lisboa, 1999, 168 e segg.
Si rimanda ancora una volta alla bibliografia citata a nota 8 per una rapida lettura sulle varie opinioni espresse su questo argomento.
[11] Ci rifacciamo sostanzialmente a quanto riportato al riguardo nei due articoli di Sofia Branco pubblicati dal quotidiano Público, 16 febbraio 2006, 10, i cui titoli sono rispettivamente: Juristas dividem-se sobre casamento entre pessoas do mesmo sexo (che contiene le opinioni di studiosi di Diritto costituzionale) e Também há divergência entre os especialistas em Direito da Família (che contiene opinioni di giuscivilisti). Ulteriori riferimenti saranno comunque dati di seguito.
[12] Detta opinione, riportata da Sofia Branco, Também há divergência…, cit., 10 è stata tuttavia sostenuta in seno al Fórum do Casamento entre Pessoas do mesmo Sexo, tenutosi a Lisbona presso l’ISCTE dall’11 al 14 novembre 2005; alcuni degli interventi degli oratori sono consultabili al sito internet http://pwp.netcabo.pt/0170871001/index.htm, nondimeno non ancora quello dell’autore citato. Tra essi, risulta di particolare interesse quello di Carlos Pamplona Corte-Real, Da índole pretensamente heterossexual do casamento, che si pronuncia a favore del matrimonio tra omosessuali: ad esso saranno fatti successivi riferimenti.
[13] La stessa epigrafe della norma in parola è la seguente: «Famiglia, matrimonio e filiazione»; ciò nonostante, come viene esposto nel testo, non sussiste alcun vincolo causale tra il matrimonio e la filiazione, il cui contenuto, seppur disciplinato nello stesso articolo della CRP, è reciprocamente indipendente.
[14] Il riferimento ai figli non solo non acquisisce il valore di condicio sine qua non rispetto al matrimonio, ma al contrario pone in essere un’ulteriore questione strettamente inerente al principio di uguaglianza, ovvero quella dell’adozione di figli da parte degli omosessuali. L’articolo 36 CRP non si riferisce esclusivamente alla filiazione “legittima” ed anzi afferma che «I figli nati fuori dal matrimonio non possono, per questo motivo, essere oggetto di qualunque discriminazione e la legge o le ripartizioni ufficiali non possono usare designazioni discriminatorie relative alla filiazione» (n. 4): sebbene non sia del tutto determinante, ciò costituisce, a nostro avviso, una ragione in più per permettere che anche le coppie omosessuali abbiano diritto ad adottare figli, trattandosi anche in questo caso di una filiazione sorta non all’interno del matrimonio (riportiamo, inoltre, che il n. 7 dell’art. 36 CRP si esprime come segue: «L’adozione è regolata e protetta nei termini di legge, la quale deve stabilire modalità celeri per il relativo procedimento»).
[15] Gli artt. 1600 e segg. del CC portoghese non elencano tra gli impedimenti del matrimonio civile la sterilità o l’impotentia coeundi, pertanto se tale situazione sia di conoscenza dell’altro coniuge (cfr. art. 1636 CC), il matrimonio può essere celebrato (amplius su questo tema cfr. Carlos Pamplona Cortes-Real, op. cit., par. 4).
[16] Così si esprime Paulo Ranger (cfr. Juristas dividem-se…, cit.). Ricordiamo che il sistema portoghese prevede pure la forma di controllo per omissione (art. 283 CRP), la quale può essere richiesta dal Presidente della Repubblica, dal Provedor de Justiça (organo paragonabile al difensore civico, che tuttavia opera in Portogallo a livello nazionale e non locale) e, per violazione dei diritti delle regioni autonome, dai Presidenti delle Assemblee Legislative Regionali. La decisione è di competenza del Tribunale costituzionale, il quale in caso di verifica dell’omissione legislativa deve limitarsi a dare di ciò conoscenza al competente organo, non potendosi sostituire a questo neppure in caso di reiterata inerzia. Sull’argomento cfr. Jorge Miranda, Manual…, Tomo VI, cit. 292 e segg.; Giovanni Vagli, Prime riflessioni sul controllo di costituzionalità per omissione in Portogallo, Diritto e Società, n. 4, 1997, 573-590; id., L’evoluzione.., cit., 171-191.
[17] Sui rapporti tra le due forme di incostituzionalità, in particolare sulle relative modalità processuali e possibili “intersezioni” cfr. Jorge Miranda, Manual.., cit. 311.
[18] Riportiamo che il giorno 16 febbraio 2006 è stata presentata al Presidente dell’Assemblea della Repubblica (ossia il Presidente del Parlamento nazionale portoghese) una petizione per l’uguaglianza del diritto al matrimonio. A tal scopo sono state raccolte circa 5.000 firme dall’associazione ILGA – Portugal che difende i diritti di lesbiche e gays (cfr. Público, 16 febbraio 2006, 10).
Il diritto di petizione viene garantito dall’art. 52 CRP. Nei termini del regolamento interno del Parlamento la commissione competente deve valutare la petizione entro 60 giorni a contare dalla prima riunione volta all’esame preliminare della petizione stessa, la quale può essere pure archiviata per insussistenza di elementi rilevanti, ed elaborare una relazione al riguardo che contenga l’elenco dei provvedimenti ritenuti necessari (art. 249, n. 3 e 250 n. 2); nel caso in cui siano verificate deficienze all’interno della petizione, chi l’ha posta in essere viene invitato a “colmarle” nel termine massimo di 20 giorni (art. 249, n. 5) ed il conteggio del termine di 60 giorni per la relativa valutazione decorre dal giorno della nuova istanza (art. 250, n. 3). Esiste pure una legge ordinaria che disciplina il diritto di petizione (legge n. 43/90 e successive modifiche) ai sensi della quale, nel caso in cui la petizione sia stata sottoscritta da oltre 2000 cittadini, è obbligatoria l’audizione di questi da parte della commissione parlamentare competente; se invece viene sottoscritta da oltre 4000 cittadini vi è l’obbligo di valutazione da parte del Plenario del Parlamento (lo stesso avviene nel caso in cui la commissione esprima parere favorevole in tal senso); in questo caso essa è posta all’ordine del giorno entro 30 giorni dal relativo ricevimento da parte del Presidente del Parlamento e la materia oggetto della petizione viene votata. Il primo firmatario della petizione viene informato sulle relative vicende mediante l’invio della Gazzetta Ufficiale in cui viene riprodotto il dibattito, eventuali proposte e la votazione. Le petizioni non caducano in caso di fine legislatura; esse sono obbligatoriamente pubblicate in Gazzetta Ufficiale se firmate da oltre 2000 cittadini ed ogni qualvolta ciò sia ritenuto opportuno dal Presidente del Parlamento su iniziativa della commissione competente.
[19] Cfr. artt. 1631, lettera b), e 1634 e segg. del Codice civile portoghese.
[20] Della stessa opinione è Pedro Bacelar de Vasconcelos, secondo il quale in caso di contrasto tra norme costituzionali prevale quella che tutela il bene più generale ed importante, nel caso di specie la proibizione della discriminazione (cfr. Juristas dividem-se…, cit., 10).
[21] In effetti non è solo l’articolo 1577 che fa riferimento alla differenza di sesso tra i coniugi; esistono altre disposizioni che, per ragioni analoghe, a nostro avviso devono considerarsi incostituzionali. Queste sono: l’art. 1591 (Inefficacia della promessa) che contiene l’espressione «persone di sesso differente», l’art. 1628 (Matrimoni inesistenti), la cui lettera e) considera giuridicamente inesistente «Il matrimonio contratto da due persone dello stesso sesso», l’art. 1690 (Legittimità a contrarre debiti) che contiene l’espressione «tanto il marito quanto la moglie». Riportiamo che in una conferenza stampa tenutasi presso l’Assemblea della Repubblica il 15 febbraio 2006 il Presidente della Gioventù Socialista Pedro Nunes Santos ha presentato ai giornalisti un antiprogetto di legge ove viene riconosciuto il matrimonio civile tra omosessuali; detta normativa dovrebbe essere “perfezionata” mediante la modifica dei citati articoli 1577, 1591 e 1690 del CC: stranamente non si fa alcun riferimento all’art. 1628, lettera e). Lo stesso “perfezionamento” dovrebbe poi riguardare l’art. 1974 CC, il quale si riferisce all’adozione: la modifica dovrebbe introdurre una disposizione che renderebbe possibile l’adozione, in caso di persone sposate, solo nell’ipotesi in cui queste siano di sesso differente (cfr. il trafiletto Anteprojecto apresentado pela JS abre debate entre socialistas e pode ser sujeito a “melhoria”, Público, 16 febbraio 2006, 11): quest’ultima soluzione non ci sembra molto coerente con lo spirito delle altre modifiche auspicate.
[22] Jorge Miranda, così come riportato da Sofia Branco, Juristas dividem-se…, cit., 10.
[23] Vogliamo ricordare che la Legge n. 7/2001 ha ammesso l’unione di fatto tra omosessuali, accanto a quella tra eterosessuali, riconoscendole effetti giuridici, sebbene sotto alcuni aspetti ancora un po’ discriminatori (cfr. Carlos Pamplona Cortes-Real, op. cit., par. 8).
[24] In effetti, sebbene non fosse presente la frase «orientamento sessuale» all’interno dell’articolo 13 CRP, relativo al principio di uguaglianza, non si vede perché dovessero sussistere discriminazioni su questa base nell’ambito di uno Stato di diritto che ha fatto della tutela dei diritti fondamentali uno dei punti forti del proprio testo costituzionale: l’inserimento di tale dicitura è comunque servito per sciogliere ogni dubbio al riguardo; più specificamente, per quanto concerne il matrimonio, sarebbe stato sufficiente applicare alla lettera il già citato articolo 36, n. 1, il quale, come già si avuto modo di dire, afferma senza ombra di dubbio che «Tutti hanno diritto di costituire famiglia e di contrarre matrimonio in condizione di piena uguaglianza», quindi anche gli omosessuali.
[25] Si rammenta comunque che ai sensi dell’art. 281, n. 3, CRP il Tribunale costituzionale ha il potere di dichiarare incostituzionale con forza obbligatoria generale norme che siano state dichiarate tali in tre casi concreti.
[26] L’art. 281, n. 2, elenca gli organi che possono richiedere al Tribunale costituzionale la dichiarazione di incostituzionalità con forza obbligatoria generale, che sono: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Parlamento, il Primo Ministro, il Provedor de Justiça, il Procuratore Generale della Repubblica, un decimo dei Deputati del Parlamento e, in caso di violazione di diritti delle regioni autonome, i Rappresentanti della Repubblica, le Assemblee legislative regionali, i Presidenti di dette Assemblee, i Presidenti dei governi regionali ed un decimo dei deputati delle Assemblee regionali.
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