di Beatrice Irene Tonelli
Sommario
1. L’evoluzione delle disposizioni normative in tema di svolgimento delle mediazioni a distanza
2. L’accordo informatico all’esito di mediazione svolta in videoconferenza e la fase dell’esecuzione forzata
3. Conclusioni
1. L’evoluzione delle disposizioni normative in tema di svolgimento delle mediazioni a distanza
Come ben noto, le numerose disposizioni governative emanate nella fase di emergenza sanitaria per il contenimento del contagio da Covid 19 si sono focalizzate nel garantire il distanziamento sociale e nel limitare, per quanto possibile, la compresenza di più persone in luoghi chiusi e più in generale gli spostamenti. Le misure adottate spaziano dalla sospensione delle attività industriali e commerciali, al rinvio o proroga delle scadenze, alla riduzione al minimo indispensabile dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni, al potenziamento del lavoro agile e del lavoro a distanza.
Il settore dell’esercizio della giurisdizione civile è, tra i tanti, uno di quelli che maggiormente ha risentito una p>[1].
Dovendo conciliare l’esigenza di assicurare la trattazione delle liti con la necessità di mantenere il distanziamento sociale ed evitare assembramenti negli uffici giudiziari, le soluzioni identificate dal governo sono state essenzialmente due, ovvero sostituire la celebrazione della udienza con uno scambio di p>[2], con una complessa e variegata serie di problematiche che tali deviazioni dal rito ordinario hanno comportato e comportano.
Anche il settore delle mediazioni civili e commerciali è stato oggetto di intervento normativo, né poteva essere diversamente, considerando tutti i casi in cui, per legge o per disposizione della autorità giudiziaria dinnanzi a cui pende il procedimento, lo svolgimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale; che vi sono termini, benché ne sia dibattuta la qualificazione come perentori o ordinatori, sia per il deposito della domanda sia per lo svolgimento della mediazione; che la comunicazione alla parte invitata del deposito della domanda di mediazione ha sui termini di decadenza e prescrizione gli stessi effetti della proposizione della domanda giudiziale.
In particolare, l’art. 83 comma 20 del D.L. 18/2020 ha disposto la sospensione dei termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 che fossero stati promossi entro il 9 marzo 2020 e costituissero condizione di procedibilità della domanda giudiziale, e la conseguente sospensione dei termini di durata massima dei medesimi procedimenti.
In sede di conversione, per quanto qui di rilevo, è stato aggiunto il comma 20 bis contenente disposizioni specifiche per lo svolgimento della mediazione in via telematica mediante sistemi di videoconferenza.
In verità, si tratta di disposizioni estremamente concise che si limitano a prevedere, da un lato, il potere del difensore di dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale ed all’accordo di conciliazione, sottoscrivendo a propria volta in forma digitale, dall’altro l’utilizzo della procedura in videoconferenza anche dopo il 31 luglio 2020 purché vi sia il consenso di tutte le parti.
A differenza del processo civile, in cui non era mai stata prevista la ritualità di una udienza celebrata da remoto, nella mediazione civile tale possibilità è sempre stata pacificamente ammessa e praticata.
Già i regolamenti degli sportelli per la conciliazione delle Camere di Commercio dei primi anni 2000 prevedevano lo svolgimento delle procedure on line[3].
Le conciliazioni nei settori delle public utilities e delle telecomunicazioni vengono regolarmente amministrate con modalità telefoniche o telematiche[4].
A livello comunitario, la direttiva n. 22 del 2009 aveva introdotto i principi per le procedure di conciliazione on line (c.d. ODR) per le liti consumeristiche transnazionali, poi integrati nel regolamento europeo 524/2013.
Ed ancora, l’art. 3 comma 4 del D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, prevede che la mediazione possa svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo e l’art. 16 comma 3 che prescrive che nel regolamento di procedura devono essere previste le procedure telematiche eventualmente in uso, tali da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati[5].
Il decreto ministeriale 180/2010, in particolare all’art. 7, aveva previsto che gli organismi di mediazione dovessero specificare, nel rispettivo regolamento di procedura, le modalità di svolgimento della procedura telematica, purché tale forma non fosse unica ed esclusiva.
Nella prassi, dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 28/2010, le mediazioni in via telefonica o in videoconferenza sono state limitate ad una ristretta, ancorché corposa casistica, ovvero principalmente alle controversie bancarie o assicurative; si è registrata da parte di tutti i soggetti coinvolti una certa resistenza all’utilizzo delle mediazioni online, e ciò per una molteplicità di ragioni che, senza pretesa di esaustività, possono essere per sommi capi individuate come segue.
In primo luogo, la mediazione è un mezzo di risoluzione alternativa delle controversie che si basa sulla instaurazione o ricostruzione di una efficace comunicazione tra le parti, e come tale necessita della presenza personale dei diretti interessati e dei loro consulenti[6]. Non vi è dubbio che l’utilizzo di sistemi di comunicazione a distanza interpone, per così dire, un filtro alla diretta comunicazione delle parti, alla possibilità per il mediatore di cogliere l’ampia gamma del “non verbale”, e sovente determina interruzioni, basti pensare ai disturbi e interferenze del segnale telefonico, specie quando si utilizzano dispositivi mobili, o alla caduta della linea, o alla instabilità della connessione o insufficiente copertura della rete con perdita del segnale audio video e via dicendo.
In secondo luogo, le mediazioni che si svolgono con una parte personalmente presente nella sede dell’organismo e un’altra collegata a distanza possono generare nei partecipanti la percezione di una “disparità” di posizioni dipendente dalla vicinanza o meno con il mediatore. Ed inoltre, ove si utilizzino strumenti telematici, può sorgere un vero e proprio ostacolo nei casi, non infrequenti, in cui almeno uno dei partecipanti non sia dotato di adeguati strumenti tecnologici o vi sia uno squilibrio nella dimestichezza delle parti nell’utilizzarli. Anche lo svolgimento delle sessioni separate diventa più macchinoso perché necessariamente comporta, nei confronti delle altre parti, l’interruzione della comunicazione a distanza e la ripresa in un momento temporale diverso e non sempre facilmente predeterminabile.
In terzo luogo, le mediazioni a distanza comportano una maggiore difficoltà nella tutela della riservatezza, non solo per la impossibilità per il mediatore di controllare se vi sia la presenza di terzi non autorizzati a partecipare all’incontro, ma anche per l’impossibilità di escludere che l’incontro possa essere registrato o ripreso.
In quanto luogo, la verbalizzazione degli incontri diventa farraginosa, essendo necessario raccogliere le firme di persone che non si trovano nello stesso luogo e pertanto tra l’apposizione della prima e dell’ultima sottoscrizione si crea uno iato temporale.
In quinto luogo, nel caso di raggiungimento di un accordo dotato di efficacia esecutiva, si pone il problema di soddisfare i requisiti di forma imposti dalla normativa (vedi infra).
Nella prassi, sovente trovava applicazione una modalità “mista”, in cui il primo e l’ultimo incontro, a maggior ragione in caso di raggiungimento di accordo, si svolgevano in presenza e gli incontri intermedi o le sessioni separate anche a distanza.
D’altro canto, lo svolgimento degli incontri di mediazione a distanza può offrire anche indubbi vantaggi. L’esperienza insegna che tale modalità consente di semplificare la partecipazione di soggetti per i quali recarsi alla sede dell’organismo di mediazione sarebbe impossibile o comunque particolarmente oneroso, con risparmio di costi e di tempi, permette una maggiore libertà organizzativa nel fissare gli appuntamenti, può facilitare la gestione delle situazioni interpersonali più litigiose, possono risultare più adeguate per le parti che già nello svolgimento della loro attività lavorativa sono abituate all’utilizzo delle piattaforme di videoconferenza, e per le parti la cui controversia sia sorta proprio in ambiente digitale, come per il commercio elettronico.
In assenza di indicazioni normative più specifiche e puntuali, i vari organismi hanno elaborato delle prassi interne e le associazioni degli avvocati per la mediazione e dei mediatori professionisti hanno redatto e pubblicato delle linee guida[7] sullo svolgimento delle mediazioni on line, ponendo l’accento sulla responsabilizzazione di tutti i partecipanti per la tutela della riservatezza, sul ruolo centrale del mediatore nel definire e concordare con le parti e i loro difensori le regole di condotta appropriate per lo svolgimento degli incontri, sul ruolo dei legali e degli altri consulenti.
Si tratta, certamente, di una nuova sfida sia per gli avvocati che per i mediatori, poiché l’utilizzo dei sistemi di Online Dispute Resolution (ODR) comporta la necessità di accrescere le proprie competenze sia nell’uso delle nuove tecnologie, sia nella capacità di creare e mantenere una adeguata relazione e interazione con le parti e con i clienti nell’ambiente virtuale.
Nella preparazione dell’incontro, occorre verificare la funzionalità degli strumenti e della connessione, porre attenzione al fatto che l’inquadratura sia centrata e il partecipante ben visibile, che lo sfondo sia per quanto possibile neutro, in modo da non distrarre l’attenzione, che l’illuminazione sia idonea, stabilire se il cliente sarà presente nello studio del legale[8] o se si connetterà a distanza. Nel corso dell’incontro, si dovrà assicurare che venga rispettata l’alternanza di parola, silenziando il proprio microfono mentre parla l’altro, gestire in modo efficiente la tempistica considerando un margine di comporto per superare eventuali problemi tecnici, definire quali misure adottare in caso di accidentale caduta della comunicazione, concordare le modalità di raccolta delle sottoscrizioni.
[1] Ripercorrendo in estrema sintesi la convulsa produzione normativa dei mesi marzo-aprile, si sono infatti succeduti il D.L. 11 del 8 marzo 2020 che, all’art. 1, aveva disposto la sospensione di termini e di attività processuali nel settore civile dal 9 al 22 marzo compresi, il successivo D.L. 18 del 17 marzo 2020, conv. in L. 27/2020 che, all’art. 83 comma 1, aveva esteso la sospensione fino al 15 aprile e al successivo comma 3 aveva elencando i procedimenti esclusi, l’art. 36 del D.L. 23/2020 ha prorogato all’11 maggio 2020 il termine del 15 aprile ed ancora l’art. 3 del D.L. 28 del 30 aprile 2020 ha ulteriormente esteso il periodo in cui i singoli capi degli uffici giudiziari avrebbero potuto dare disposizioni sulla gestione delle attività giudiziarie con modalità eccezionali fino al 31 luglio, ma in sede di conversione, nella seduta del 25 giugno 2020, è stata apportata una ulteriore modifica che riporta il termine al 30 giugno pur facendo salvi i provvedimenti già adottati dai magistrati per le udienze da celebrarsi nel mese di luglio.
[2] Cfr. Vademecum per lo svolgimento della udienza civile da remoto elaborato dal centro studi della Fondazione Italiana per l’innovazione Forense (FIIF) su www.fiif.it; Documento sulle udienze da remoto elaborato dall’Organismo Congressuale Forense del 16.04.2020 su www.organismocongressualeforense.it; Linee guida elaborate di concerto tra CNF e CSM per lo svolgimento delle udienze in forma telematica su www.csm.it; i provvedimenti del DGSIA del 20.03.2020 e 21.05.2020 su www.agendadigitale.eu.
[3] A titolo esemplificativo, lo sportello di conciliazione delle Camera di Commercio di Firenze offrivano già da allora in servizio “Conciliaonline” per definire le controversie tra professionisti e consumatori.
[4] Così opera il servizio di conciliazione per le controversie in materia di fornitura di energia amministrate dall’Autorità di Regolazione Energia Reti Ambiente (ARERA) e così possono, facoltativamente, svolgersi le conciliazioni amministrate dai CORECOM, peraltro con ottimi risultati in termini di efficienza e celerità.
[5] Con avviso pubblicato il 4 maggio 2020 (www.giustizia.it) il Ministero ha precisato che «Secondo quanto stabilito dall’art. 83, comma 20-bis, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. i), del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, fino al 31 luglio 2020 tutti gli organismi iscritti nel registro tenuto da questo Dicastero potranno svolgere la mediazione telematica, dotandosi di sistemi di videoconferenza, anche in assenza di apposita previsione nel proprio regolamento di procedura. Si ricorda che è necessario il preventivo consenso di tutte le parti che partecipano alla mediazione“.
[6] Sul tema della partecipazione personale delle parti vedasi F. CUOMO ULLOA “Oscillazioni sulla partecipazione delle parti al procedimento di mediazione” in questa rivista.
[7] Linee guida ANMP su www.altalex.it del 17 giugno 2020; linee guida UNAM su www.unam.it del 27 aprile 2020.
[8] Soluzione questa ovviamente consigliabile quando la parte non sia dotata degli strumenti adeguati per la connessione o della abilità di utilizzarli, ma anche per facilitare lo svolgimento delle sessioni separate e il dialogo diretto tra cliente e avvocato.
2. L’accordo informatico all’esito di mediazione svolta in videoconferenza e la fase dell’esecuzione forzata
Un aspetto pratico di particolare importanza riguarda la formalizzazione dell’accordo raggiunto all’esito della mediazione. Come noto, infatti, la procedura è caratterizzata da una libertà di forme (art. 3 D.Lgs 28/2010) che trova un limite espresso proprio in merito ai requisiti del verbale di conciliazione ai fini della sua efficacia come titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (art. 12 del D.lgs 28/2020).
E’ infatti richiesta la sottoscrizione delle parti e dei loro legali e la certificazione, da parte degli avvocati che assistono le parti, della conformità dell’accordo raggiunto alle norme imperative e all’ordine pubblico.
In merito a questo peculiare aspetto, l’art. 83 comma 20 bis del D.L. 18/2020 conv. in L. 27/2020 stabilisce[9] che il verbale della mediazione svoltasi in videoconferenza sia «sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti con firma digitale ai fini dell’esecutività dell’accordo».
Tale previsione suscita p>id est cartaceo) sottoscritto con firma autografa in base all’art. 20 comma 1 bis del Codice dell’Amministrazione Digitale (C.A.D.).
La disposizione difetta invece di coordinamento con il disposto dell’art. 474 e 475 c.p.c. e dell’art. 480 c.p.c., e non offre alcuna indicazione sulle modalità di creazione, sottoscrizione, conservazione e rilascio di duplicati di tale accordo in formato digitale in tutti i casi in cui almeno una parte non sia dotata di dispositivo di firma digitale.
E’ opportuno scendere nel dettaglio con due esempi pratici.
Il caso ideale prevede la partecipazione alla mediazione in videoconferenza di tutti soggetti muniti di firma digitale. Il mediatore, all’esito della procedura, raccoglie le dichiarazioni delle parti di aver raggiunto un accordo, le verbalizza in un file di testo che converte in pdf nativo non modificabile, che avrà il contenuto di verbale conclusivo e di accordo conciliativo, lo inoltra via pec al legale della parte attivante, questi e il suo assistito firmano il file in formato digitale[10], lo inviano via pec all’altro avvocato che, a propria volta, sottoscrive il medesimo file in formato digitale e così pure lo sottoscrive il cliente. Il file, contenente le 4 firme digitali, viene reinviato via pec al mediatore che, a propria volta, sottoscrive digitalmente.
E già qui sorge un problema pratico, perché il mediatore deve sottoscrivere il verbale, ma non l’accordo. Si può ovviare utilizzando una firma digitale grafica (c.d. Pades) che risulti visibile nelle pagine del file pdf contenenti il verbale e non su quelle contenti l’accordo, ma dal punto di vista tecnico, il mediatore risulterà aver sottoscritto digitalmente l’intero file.
In alternativa, dovrebbero essere formati due distinti files, uno contenente il verbale e l’altro contenente l’accordo, e il collegamento tra gli stessi potrebbe essere garantito dal fatto di essere inviati come allegati della medesima pec.
Deve in ogni caso essere assicurato che la sottoscrizione digitale di tutte le parti e tutti gli avvocati risulti apposta al medesimo file. Se la sequenza si è svolta correttamente, l’unico file contenente tutte le sottoscrizioni digitali è in possesso del mediatore che potrà quindi inviarlo via pec a tutti i legali.
Più complesso è il caso in cui alcune delle parti non siano dotate di firma digitale. In tal caso, la sequenza diventa più macchinosa in quanto il mediatore, formato il pdf nativo non modificabile, contenente il verbale conclusivo e l’accordo conciliativo, lo inoltra via pec al legale della parte non dotata di firma digitale, questi lo stampa (ovvero ne crea una copia analogica) lo sottoscrive e lo fa sottoscrivere al suo assistito, lo scannerizza (ovvero crea un nuovo documento informatico che è copia digitale per immagine del documento cartaceo), lo firma digitalmente (certificando così l’autografia della sottoscrizione del proprio cliente ai sensi dell’art. 83 comma 20bis D.L. 18/2020) lo invia via pec all’altro avvocato.
A questo punto possono esserci due alternative. Nel caso in cui tutte le altre parti riceventi e i loro legali siano in grado di firmare digitalmente il file così ricevuto, provvederanno in tale forma e restituiranno il file al mediatore (e all’organismo di mediazione).
Se viceversa altre parti non fossero dotate di firma digitale, è preferibile che vengano raccolte tutte le firme grafiche, quindi che il documento sottoscritto dall’ultimo firmatario venga scannerizzato e poi sottoscritto, in sequenza, da tutti i legali sia per certificare l’autografia della firma apposta dal proprio assistito, sia per certificare la conformità dell’accordo alle norme imperative e di ordine pubblico. Ciò al fine di evitare la creazione di più files con sottoscrizioni “parziali”.
E veniamo al problema pratico di maggiore complessità, ovvero all’ipotesi che una parte debba dare esecuzione forzata al suddetto accordo di conciliazione.
Nella seduta del 25 giugno 2020, la Camera ha approvato in via definitiva la conversione in legge con modifiche del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28. Si va quindi ad aggiungere un nuovo paragrafo al comma 20 bis dell’art. 83 del D.L. 18/2020 conv. in L. 27/2020 prevedendo “Il mediatore, apposta la propria sottoscrizione digitale, trasmette tramite posta elettronica certificata agli avvocati delle parti l’accordo così formato. In tali casi l’istanza di notificazione dell’accordo di mediazione può essere trasmessa all’ufficiale giudiziario mediante l’invio di un messaggio di posta elettronica certificata. L’ufficiale giudiziario estrae dall’allegato del messaggio di posta elettronica ricevuto le copie analogiche necessarie ed esegue la notificazione ai sensi degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, mediante consegna di copia analogica dell’atto da lui dichiarata conforme all’originale ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.”
Ad una primissima lettura, va evidenziato nuovamente che il mediatore viene indicato come firmatario dell’accordo, con una disposizione di segno opposto alla interpretazione tendenzialmente costante dell’art. 11 D. Lgs. 28/2010. Altro elemento dissonante con la prassi è prevedere che sia il mediatore, e non la segreteria dell’organismo di mediazione (o anche la segreteria dell’organismo), a inviare l’accordo sottoscritto alle parti. Che l’invio debba necessariamente avvenire via pec, invece, recepisce una consuetudine orami consolidata in tutti i casi in cui le parti sono assistite da legali. Appare invece incongrua per i casi di mediazione volontaria in cui le parti non sia assistite da avvocati, e possano essere dotate di dispositivi di firma (si ricordi che tale è anche SPID), ma non di pec. Andrà quindi intesa come indicazione di massima ma non come formalità vincolante.
Maggiore perplessità suscita la previsione del procedimento di notificazione dell’accordo tramite ufficiale giudiziario.
Come noto, l’accordo di conciliazione che rispetti i requisiti di forma prescritti dall’art. 12 D. Lgs. 28/2010 è titolo esecutivo ex lege e non richiede apposizione di formula esecutiva, che, del resto è possibile per i soli titoli esecutivi il cui originale resta presso l’autorità che lo ha formato. Viene invece espressamente prevista la trascrizione integrale nel precetto (art. 12 D.Lgs 28/2020, con rinvio all’art. 480 comma 2 c.p.c.), che costituisce il requisito formale alternativo alla spedizione in forma esecutiva quando essa è richiesta dalla legge[11]. In questi casi, “l’ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo originale” (art. 480 comma 2 c.p.c.).
Ed ecco quindi il problema. Come può l’ufficiale giudiziario verificare la corrispondenza della trascrizione dell’accordo informatico al contenuto trascritto nel precetto?
E’ certamente agevole trascrivere il testo dell’accordo di conciliazione all’interno del testo del precetto (con una semplice funzione copia incolla o con l’inserimento di una copia immagine), ma non è tecnicamente possibile inserire i dati della sottoscrizione digitale apposta al file contenente l’accordo. Una soluzione pratica potrebbe essere quella di specificare nel testo del precetto la data e la tipologia di firma digitale apposta da tutti i sottoscrittori, o di inserirvi la copia per immagine del report dell’analisi della sottoscrizione digitale.
Verosimilmente, con l’intento di colmare tale lacuna, in sede di conversione del D. L. 28/2020 è stato previsto che il legale della parte creditrice possa inviare via pec all’ufficiale giudiziario il file firmato digitalmente dell’accordo conciliativo, come pervenuto dal mediatore. Viene quindi attribuita all’ufficiale giudiziario la competenza a estrarre copia analogica dell’accordo e certificarla conforme all’originale digitale, ai sensi dell’art. 23 comma 1 del CAD. La nuova disposizione, così come redatta, disciplina quindi il rilascio di copia conforme cartacea del titolo esecutivo, ma pecca di mancanza di coordinamento con l’art. 480 comma 2 c.p.c., perché ivi non è previsto che debba essere notificato il titolo, bensì che sia notificato il precetto con la trascrizione del titolo di cui l’Ufficiale Giudiziario abbia certificato l’esatta corrispondenza all’originale[12].
Preso atto della scelta legislativa di attribuire all’ufficiale giudiziario la competenza (esclusiva?) di certificare la conformità della copia analogica all’originale digitale, anche al netto della cronica carenza di strumenti del personale UNEP e quindi della difficoltosa applicabilità immediata di tale previsione[13], non si può non osservare che soluzione assai più agevole sarebbe stata quella di attribuire il potere di rilasciare copie analogiche conformi agli organismi di mediazione. L’art. 11 comma 5 del D.lgs. n. 28/2010 contempla la facoltà dell’organismo di mediazione di rilasciare copia del processo verbale alle parti che lo richiedono, ma l’utilizzo del termine generico, anche nello spirito informale proprio del procedimento di mediazione, porta ad escludere la possibilità del rilascio di una copia conforme all’originale, ed in ogni caso non vi è alcun riferimento alla disciplina dei documenti informatici.
Nella prassi, gli organismi di mediazione hanno optato infatti per la contestuale redazione e sottoscrizione di tanti originali (cartacei) dei verbali e dell’accordo, quante sono le parti della procedura, così da assicurare ad ognuna di esse il possesso di un “originale”, e questa è una soluzione ragionevole per le procedure in presenza che si conclude con la formazione di documenti analogici, ma non è applicabile per superare l’ostacolo del difetto del potere di rilasciare copia conforme analogica di originale digitale. Sarebbe stato quindi sufficiente integrare la previsione con la facoltà di certificazione ex art. 23 C.A.D.
E sotto altro aspetto, va osservato che, se la nuova disposizione risponde al quesito su come estrarre la copia analogica dell’originale informatico, è rimasto del tutto privo di risposta invece il quesito su come estrarre una copia informatica o un duplicato informatico dell’accordo di conciliazione digitale.
Del resto, il caso non è del tutto nuovo, poiché un precedente, sia pure in termini diversi, si può rinvenire nella dematerializzazione degli assegni bancari.
Con il D.L. 13 maggio 2011 n. 70 (c.d. “Decreto Sviluppo”), convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, sono state apportate significative modifiche al Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736 (“Legge Assegni”), nella parte che disciplina la presentazione al pagamento degli assegni bancari e circolari, prevedendo in sostanza che l’assegno bancario e l’assegno circolare possono essere presentati al pagamento sia in forma cartacea che elettronica, che il protesto o la constatazione equivalente possono essere effettuati in forma elettronica sull’assegno presentato al pagamento in forma elettronica e che le copie informatiche di assegni cartacei sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale è assicurata dalla banca negoziatrice mediante l’utilizzo della propria firma digitale.
Sono seguiti il Decreto Ministeriale 3 ottobre 2014, n. 205 (“Regolamento recante presentazione al pagamento in forma elettronica degli assegni bancari e circolari”) ed il Regolamento Banca d’Italia del 22 marzo 2016 e il nuovo regime è entrato pienamente in vigore dal 2018. Al momento della presentazione dell’assegno al pagamento, viene generata l’immagine dell’assegno stesso (procedimento c.d. Check Image Truncation o Cit), firmata digitalmente dalla banca negoziatrice, ed è questa che sarà presentata al pagamento o oggetto di protesto o constatazione equivalente in sostituzione del titolo cartaceo.
Anche l’eventuale levata di protesto deve avvenire in via telematica, e il Notariato ha creato all’uopo un sistema interamente telematico di interscambio per la levata di protesto (c.d. STAD).
Al fine di procedere alla notifica del precetto, verrà rilasciata al creditore una “copia unica analogica” ovvero la copia conforme dell’immagine dell’assegno, e degli eventuali documenti elettronici che ne asseverano il mancato pagamento, per poter attivare, successivamente, le necessarie procedure esecutive.
Le innovazioni in tema di dematerializzazione dell’assegno e del protesto non sono state coordinate con la disciplina dell’attività degli ufficiali giudiziari, con il rischio di generare prassi eterogenee sul territorio. Anche in questo caso infatti, il sistema appare inutilmente farraginoso perché non consente di svolgere l’intera sequenza di passaggi in modalità telematica, ma richiede in più fasi la conversione dei dati da analogici a digitali e viceversa, con l’inevitabile corollario della necessità di attribuire poteri certificatori di conformità ad ogni successiva creazione di “copie”.
[9] Si precisa che al momento della redazione del presente articolo, non è ancora stata pubblicata la legge di conversione del D.L. 28/2020, pur essendo stata approvata dalle Camere con le modifiche di cui si dirà infra
[10] Merita rammentare che le recenti Regole Tecniche per la sottoscrizione elettronica di documenti ai sensi dell’art. 20 del CAD (edite su www.agid.it) pubblicate su G.U. il 4 aprile 2020, consentono la sottoscrizione digitale anche con il sistema SPID, per le persone fisiche, e l’incremento dell’utilizzo di questi strumenti dovrebbe agevolare la redazione di verbali e accordi interamente digitali.
[11] SOLDI A.M. “Manuale dell’esecuzione forzata” ed. Cedam 2019.
[12] Dal dettato della disposizione pare doversi concludere per la incompatibilità della notifica del precetto su conciliazione con modalità pec ad opera dell’avvocato della parte creditrice.
[13] E’ noto che le notifiche a mezzo pec non vengono eseguite dagli uffici UNEP proprio per carenze di strumenti, di organico, di formazione, tanto che ne è stata attribuita la facoltà generalizzata ai procuratori per superare un ostacolo, altrimenti molto gravoso, allo sviluppo del processo civile telematico.
3. Conclusioni
L’utilizzo dello strumento della videoconferenza per lo svolgimento delle mediazioni civili e commerciali è una necessità, perché non si può arretrare di fronte all’evoluzione dei rapporti sociali attraverso le nuove tecnologie, e una opportunità perché permette di sfruttare la flessibilità delle ADR per adattare le procedure stragiudiziali compositive alle esigenze e al contesto contemporaneo. Come tutte le innovazioni che comportano dell’utilizzo di tecnologie evolute, tuttavia, determina una serie di difficoltà operative, aggravate da un quadro normativo incompleto e disorganico.
Come si è detto sopra, non è stata prevista una disciplina integrata del procedimento di mediazione dematerializzato, e sull’aspetto cruciale della produzione, conservazione e copia dei documenti informatici, non si è optato per una estensione del potere di attestare la conformità agli organismi di mediazione, o ai difensori delle parti, in analogia a quanto previsto per le copie e gli estratti dei documenti informatici del processo civile telematico, ai sensi dell’art. 16 bis e ss del D.L.179/2012. Nulla è stato disposto per regolamentare l’iscrizione della ipoteca legale sulla base dell’accordo conciliativo in formato digitale.
Allo stato dell’arte, quindi, pare che la soluzione più idonea a prevenire contestazioni e opposizioni, sia quella di richiedere l’omologazione dell’accordo informatico presso il Tribunale competente, poiché in tal caso, trattandosi di deposito nel processo civile telematico, l’avvocato potrà certificare sia la conformità del file pervenuto dal mediatore (o dall’organismo) sia la conformità delle copie analogiche successivamente estratte dal fascicolo telematico. Del resto, tale opzione rimane l’unica percorribile per il caso in cui la mediazione si sia svolta in modalità online ma senza che le parti fossero assistite da legali.
E’ prevedibile che nella fase di concreta applicazione sorgeranno interpretazioni e prassi non omogenee tra le varie sedi degli ufficiali giudiziari, e sarebbe quindi auspicabile un tempestivo intervento legislativo per rendere effettiva la tutela dei diritti delle parti all’esito di ODR e semplificarne l’accesso e l’utilizzo.
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