Quando il decreto di inammissibilità può essere emesso “de plano” in sede di procedimento esecutivo? Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Indice
1. La questione: inammissibilità di una richiesta proposta in sede di esecuzione
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in qualità di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile un’istanza volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione fra fatti di cui a due sentenze di condanna.
Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il difensore dell’istante che deduceva la violazione dell’art. 81 cod. pen., la manifesta illogicità della motivazione, nonché l’inosservanza dell’art. 125 cod. proc. pen.. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Codice penale e di procedura penale e norme complementari
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il Supremo Consesso riteneva il ricorso suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato il seguente orientamento nomofilattico: In tema di procedimento esecutivo, il decreto di inammissibilità può essere emesso “de plano“, in assenza di contraddittorio, solo nelle ipotesi espressamente richiamate dall’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., di manifesta infondatezza dell’istanza, ossia di difetto delle condizioni di legge, intese in senso restrittivo come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma direttamente imposti dalla legge, oppure di mera riproposizione di richiesta già rigettata. Ogni qualvolta, invece, si pongano problemi di valutazione che impongono l’uso di criteri interpretativi in relazione al “thema probandum“, deve essere data all’istante la possibilità di instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto – sul modello di quello tipico ex art. 127 cod. proc. pen. – dall’art. 666, commi 3 e seg., cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 40750 del 02/10/2009).
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3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando il decreto di inammissibilità può essere emesso “de plano” in sede di procedimento esecutivo.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che il decreto di inammissibilità nel procedimento esecutivo può essere emesso “de plano” e senza contraddittorio solo nei casi previsti dall’art. 666, comma 2, c.p.p., ovvero in caso di manifesta infondatezza dell’istanza o di riproposizione di una richiesta già rigettata mentre, ove si pongano problemi di valutazione che impongono l’uso di criteri interpretativi in relazione al “thema probandum“, l’istante deve avere la possibilità di instaurare il contraddittorio tramite il procedimento camerale previsto dall’art. 666, commi 3 e seguenti, c.p.p..
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se una istanza, presentata in sede di esecuzione penale, possa reputarsi inammissibile o meno.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su tale tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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