Tribunale di Genova 29 febbraio 2012,291
Giud.Scotto;Ric. VECCH.e altro;Res, NUO.PRO e GALL,
Mancata indicazione del codice fiscale negli atti introduttivi del processo – Irregolarità non costituente nullità-
L’omissione dell’indicazione del codice fiscale negli atti introduttivi del processo ( ricorso e comparsa di risposta ) non genera alcuna incertezza sull’identificazione della parte, non viola alcun diritto di difesa altrui e conseguentemente non dà luogo a nullità, bensì ad una mera irregolarità non invalidante l’atto giudiziale.
Omissis
L’art. 163 co. 3° n. 2) c.p.c., come modificato dall’art. 4 co. 8° lett. b) D.L. n. 193/2009, convertito, con modificazioni, in legge n. 24/2010, prevede che l’atto di citazione debba necessariamente contenere, oltre al nome, al cognome e alla residenza, anche il codice fiscale dell’attore e del convenuto, nonché delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono.
L’art. 164 c.p.c. stabilisce poi la nullità della citazione nel caso in cui sia omesso o risulti assolutamente incerto uno dei requisiti stabiliti nei n. 1 e 2 dell’art. 163 c.p.c..
Il medesimo art. 4 co. 8° lett. b) D.L. n. 193/2009, convertito, con modificazioni, in legge n. 24/2010, ha poi modificato l’art. 167 co. 1° c.p.c., introducendo l’obbligo di indicazione del codice fiscale della parte nella comparsa di risposta, e l’art. 125 co. 1°c.p.c., prevedendo la necessaria indicazione del codice fiscale del difensore nella citazione, nel ricorso, nella comparsa, nel controricorso e nel precetto.
La disciplina ora richiamata trova sicuramente applicazione anche nel processo del lavoro, trattandosi di regolamentazione di carattere generale, non incompatibile con le peculiarità proprie del rito speciale.
Purtuttavia, secondo le prime — e del tutto condivisibili — pronunce dei giudici di merito, deve escludersi che l’omessa indicazione del codice fiscale della parte o del difensore determini la nullità dell’atto introduttivo del giudizio.
È vero che l’art. 164, co. 1° c.p.c. sanziona con la nullità la mancanza di alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’art. 163 c.p.c., ma un’interpretazione sistematica dell’art. 164 c.p.c., coerente con i principi che informano il nostro ordinamento processuale, porta a concludere che la sanzione della nullità non possa intendersi riferita a omissioni meramente formali, che non comportino alcuna ripercussione sul diritto di difesa della controparte.
Al contrario, secondo consolidati principi giurisprudenziali, fondati sul principio generale di cui all’art. 156 c.p.c., la nullità di un atto processuale non può essere pronunciata ove l’atto stesso abbia raggiunto lo scopo cui era preordinato. Pertanto la citazione è nulla per mancanza degli elementi previsti dall’art. art. 163 co. 3° n. 2 c.p.c. soltanto quando l’omissione determini una incertezza assoluta in ordine alla individuazione della parte.
L’omissione dell’indicazione del codice fiscale non genera, invece, alcuna incertezza sull’identificazione della parte, non viola alcun diritto di difesa altrui e conseguentemente non dà luogo a nullità, bensì ad una mera irregolarità non invalidante l’atto giudiziale.
La previsione della necessaria indicazione del codice fiscale non afferisce, del resto, ai rapporti tra le parti o tra il giudice e le parti, bensì ai rapporti tra queste ultime, i loro difensori e l’amministrazione finanziaria. La violazione di una norma che disciplina un rapporto estraneo al processo non può riverberare i suoi effetti sul procedimento.
Pertanto l’omessa indicazione del codice fiscale delle ricorrenti e dei loro difensori dà luogo ad una mera irregolarità. Tale irregolarità è stata puntualmente sanata da parte ricorrente, a seguito dell’invito formulato dal giudice ai sensi dell’art. 421 c.p.c..
omissis
Commento
La sentenza de qua si colloca di fatto nel più ampio alveo di quel filone giurisprudenziale che ritiene ininfluenti sul procedimento gli adempimenti o inadempimenti fiscali nel processo civile e quindi nel processo del lavoro.
Gli aspetti processuali e gli aspetti fiscali si muovono in sfere ben diverse le une dalle altre.
Il principio costituzionale e di cui all’art.24 comma 2 Cost. (<La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento >) che prevede il diritto di difesa delle parti è un diritto assoluto che prevale su adempimenti fiscali previsti da leggi ordinarie finalizzate ad altro scopo e non può tollerare ostacoli derivanti da norme che perseguono altri interessi sia pure importanti,che potranno invece trovare soddisfazione in altre sedi e altri momenti.
La Corte Costituzionali ha fissato tali principi,ormai consolidati, ( e plurimis v.Corte Costituzionale 24 settembre-5 ottobre 2001 n.333).
Premette la Corte che :< Il problema della compatibilità tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela Giurisdizionale……dei propri diritti e le norme che impongono determinati oneri a chi quella tutela richieda non è nuovo nella giurisprudenza di questa Corte ed è stato risolto pur se con qualche incertezza, nel senso di distinguere tra oneri imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze
ed oneri tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi dei tutto estranei alle finalità processuali.>.
<Mentre i primi, si è detto, continua la Corte, sono consentiti in quanto strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratta di garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un ostacolo all’esperimento della tutela giurisdizionale e comportano, perciò, la violazione dell’art. 24 Cost. (sentenza n 113 del 1963). Quel che si tratta allora di stabilire, ai fini della soluzione dei presente dubbio di costituzionalità, è l’appartenenza dell’onere imposto all’attore, a pena di improcedibilità dell’azione , all’una o all’altra delle categorie precedentemente individuate. Ed è indubbio che l’onere imposto,avendo ad oggetto la dimostrazione da parte dell’ attore di aver assolto taluni obblighi fiscali sia imposto esclusivamente a fini di controllo fiscale e risulti,pertanto,privo di qualsivoglia connessione con il processo e con gli interessi che lo stesso è diretto a realizzare>,
Di più, il Giudice delle leggi considera che la norma impugnata si ponga in singolare dissonanza con la tendenza, presente in tutta la legislazione vigente, diretta ad eliminare, come recita l’art. 7, numero 7, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), ” ogni impedimento fiscale al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi>
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