Con decisione n° 20523 del 06.09. 2013 la sezione tributaria della Corte di Cassazione civile ha stabilito che l’ art. 32 del D.Lgs. n. 564 del 1992, secondo cui le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione osservato l’art. 24, comma 1. , deve esser interpretato nel senso di ritenere tali termini perentori e quindi sottoposti alla disciplina processualistica di cui all’art 152 c.p.c.( che prevede principio generale della presunzione del carattere perentorio dei termini previsti per il compimento di atti processuali).
Nel caso in cui però si verifichi un irrituale produzione di un documento nel giudizio tributario di primo grado, qualora essa non sia rilevata dal giudice,la stessa non assume rilievo nella definizione della controversia, in quanto, comunque, il documento può essere legittimamente valutato dal giudice di appello, in forza del disposto del art. 58, comma 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,secondo cui è fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti.
Da ciò ne consegue a parere dei giudici di legittimità che ove il documento (irritualmente prodotto) sia inserito nel fascicolo di parte di primo grado e questo sia depositato all’atto della costituzione unitamente al fascicolo di secondo grado, si deve ritenere raggiunta – la finalità di mettere il documento a disposizione della controparte, in modo da consentirle l’esercizio del diritto di difesa, onde l’inosservanza delle modalità di produzione documentale deve ritenersi sanata.
Occorre ricordare che la questione relativa alla documentazione probatoria prodotta con modalità che non corrispondano a quelle previste dalla legge è certamente uno dei temi più dibattuti in diritto tributario, specialmente rispetto alle conseguenze che ne possono derivare in termini di illegittimità dell’attività istruttoria..
Un primo orientamento giurisprudenziale” restrittivo” , infatti, riteneva l’illegittima dell’attività istruttoria relativa alla documentazione irritualmente acquisita, ogni qualvolta fossero violati i diritti costituzionalmente garantiti , con conseguente l’ annullabilità dell’atto di accertamento emesso;
Al contrario un secondo orientamento giurisprudenziale più flessibile, sosteneva, che il mancato rispetto dei termini stabiliti per il deposito dei documenti non influenza il potere della Commissione tributaria di acquisire al processo l’atto “in via ufficiosa”sempre che non siano violati diritti costituzionalmente garantiti, ciò implicando evidentemente –anche in essenza di un chiaro dettato normativo- ,una prevalenza dei poteri istruttori della Commissione tributaria.
Tale tesi giurisprudenziale anche a seguito dell’ abrogazione (con decorrenza dal 3 dicembre 2005, per effetto della 1. n. 248 del 205,) dell’art. 7, comma 3 del d.lgs 31 dicembre 1992, n. 546 è venuto via evolvendosi nel senso che l’esercizio del menzionato potere discrezionale non può consentire di sopperire al mancato assolvimento, ad opera della parte, dell’onere della prova il quale può ben esser soddisfatto anche nel caso di presentazione di documenti in via ufficiosa, a contenzioso iniziato.
La Commissione può ben tener conto di tali documenti, se ritenuti necessari per la soluzione della controversia, anche qualora fossero presentati in ritardo e quindi irritualmente prodotti.(Cassazione civile, sez, V tributaria, 15 ottobre 2010, n. 21309 ).
Tale dictum giurisprudenziale è stato condiviso anche dalla Suprema Corte di Cassazione con tale recente sentenza, con la quale ha fissato il principio di diritto secondo cui nel contenzioso tributario, il documento irritualmente prodotto in primo grado può essere nuovamente prodotto in secondo grado nel rispetto delle modalità di produzione previste dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 32, ed in forma analoga nell’art. 87 disp. att. c.p.c.
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