Indice
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 666, co. 3)
1. Il fatto
Il Tribunale di sorveglianza di Torino respingeva una istanza presentata da un condannato per essere ammesso al differimento della pena, nelle forme della detenzione domiciliare, per grave infermità o per motivi di salute.
In particolare, questo Tribunale di sorveglianza aveva respinto l’istanza ritenendo che: a) il trattamento della infermità poteva essere garantito anche in carcere, b) la tipologia di reati commessi dal condannato erano realizzabili anche da casa; c) comunque era sconsigliabile la collocazione domiciliare presso la sorella, a sua volta imputata di reati della stessa tipologia.
2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore del condannato che deduceva i seguenti motivi: 1) violazione di legge con riferimento alla dichiarazione di inammissibilità dei documenti depositati dalla difesa prima dell’udienza; 2) vizio di motivazione con riferimento alla valutazione delle condizioni di salute ed al bilanciamento con la pericolosità effettuata dal Tribunale.
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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il primo motivo del ricorso era ritenuto fondato.
Infatti, una volta preso atto che nell’ordinanza impugnata il Tribunale di Sorveglianza aveva dichiarato la inammissibilità per tardività di una memoria depositata dalla difesa, precisandosi al contempo come la dichiarazione di inammissibilità dovesse essere estesa anche ai documenti allegati alla memoria, ad avviso del Supremo Consesso, questa seconda affermazione non era conforme all’attuale indirizzo della giurisprudenza di legittimità posto che, se è vero che nel procedimento camerale è soggetta a termine decadenziale la produzione di memorie (Sez. 1, Sentenza n. 11569 del 06/11/2018: in tema di procedimento di sorveglianza, il giudice non deve tenere conto delle memorie depositate oltre il termine del quinto giorno antecedente l’udienza previsto dall’art. 127, comma 2, cod. proc. pen., cui rimanda l’art. 666 cod. proc. pen., a sua volta richiamato dall’art. 678 cod. proc. pen., atteso che l’inosservanza di detto termine configura un’ipotesi di nullità ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. per violazione del diritto al contraddittorio), è anche vero, però, che questo principio è stato ritenuto non estensibile ai documenti (Sez. 5, Sentenza n. 5458 del 09/01/2018: in tema di procedimento di esecuzione, la produzione di documenti, effettuata nel rispetto del contraddittorio, non soggiace al termine dei cinque giorni antecedenti all’udienza, previsto dall’art. 666, comma 3, cod. proc. pen. per il solo deposito delle memorie; per un precedente specifico, sia pure risalente, in punto di procedimento davanti al magistrato di sorveglianza v. Sez. 1, Sentenza n. 3679 del 19/05/2000: È illegittimo il provvedimento con il quale il tribunale di sorveglianza non consente all’interessato la produzione di copia di un provvedimento giurisdizionale, assumendone l’intempestività sotto il profilo del mancato rispetto dei termini stabiliti nell’art. 666, comma terzo, cod. proc. pen., in quanto quest’ultima disposizione si riferisce solo alle memorie difensive e non ai documenti).
Oltre a ciò, era altresì fatto presente che, sebbene l’ordinanza impugnata citasse un precedente di segno opposto (Sez. 1, Sentenza n. 26680 del 12/04/2013: nel procedimento di esecuzione, per la produzione di documenti deve essere rispettato il termine di cinque giorni, previsto per le memorie dal comma secondo dell’art. 127 cod. proc. pen.), si riteneva preferibile dare continuità all’altro indirizzo giurisprudenziale in quanto più aderente alla lettera della norma dell’art. 127 cod. proc. pen., norma generale applicabile al procedimento camerale, se non diversamente disciplinato, il cui comma 2 dispone che “fino a cinque giorni prima dell’udienza possono essere presentate memorie in cancelleria”, nulla prevedendo in punto di documenti.
L’ordinanza impugnata, fermo restando che il secondo motivo era assorbito, era, quindi, annullata con rinvio per nuovo giudizio in cui si sarebbe dovuto tener conto anche dei documenti presentati dall’istante in allegato alla memoria summenzionata.
4. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che, in tema di procedimento di esecuzione, la produzione di documenti non soggiace al termine di cui all’art. 666, co. 3, c.p.p..
Difatti, in tale pronuncia, si afferma per l’appunto, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in tema di procedimento di esecuzione, la produzione di documenti, effettuata nel rispetto del contraddittorio, non soggiace al termine dei cinque giorni antecedenti all’udienza, previsto dall’art. 666, comma 3, cod. proc. pen. per il solo deposito delle memorie.
Orbene, fermo restando la condivisibilità di un approdo ermeneutico di questo genere in quanto volto ad evitare un restringimento delle guarentigie difensive mediante l’applicazione analogica di una norma procedurale, non può sottacersi, come tra l’altro fatto presente nella sentenza qui in commento, l’esistenza di un opposto indirizzo interpretativo secondo cui, nel procedimento di esecuzione, per la produzione di documenti deve essere rispettato il termine di cinque giorni, previsto per le memorie dal comma secondo dell’art. 127 cod. proc. pen..
Sarebbe dunque opportuno che su tale questione intervenissero le Sezioni Unite.
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