Talvolta nate come una semplice passione – tuttora esistono blogger che pubblicano contenuti all’interno delle proprie pagine, come mero hobby e senza aspirazioni di guadagno – queste attività per molti sono diventate una vera e propria professione, che richiede competenze e skills specifiche.
È il caso del recensore, una professionalità approdata di recente al web, che necessita di un chiarimento sulla normativa fiscale e previdenziale che viene applicata a seconda della tipologia di lavoro prestato.
Indice:
- I recensori online: da hobby a professione
- Quello del recensore diventa un lavoro vero e proprio quando lo stesso percepisce un guadagno dalla propria attività
- La cessione dei diritti d’autore
- La tassazione dei compensi
- Il trattamento previdenziale
I recensori online: da hobby a professione
Sempre di più sono gli utenti che si affidano alle recensioni online prima di acquistare un prodotto o di aderire a un servizio: secondo i dati questi rappresentano il 90 per cento degli italiani, su una media europea del 62 per cento.
Molte volte la recensione è frutto di un’iniziativa spontanea e resa in forma del tutto gratuita da parte dell’utente, come nel caso, ad esempio, della valutazione di una merce, di un libro, di un ristorante o di una struttura ricettiva, all’interno delle piattaforme su cui è stata effettuata la compravendita oppure nelle pagine social aziendali.
Altre volte ancora la recensione può avvenire, di concerto con l’azienda, come testing di un prodotto di cui viene inviato all’utente un campione in forma gratuita: si tratta di una formula utilizzata ai fini del feedback e del miglioramento del prodotto stesso.
Queste tipologie di recensione non configurano una prestazione lavorativa, in quanto non sono soggette a retribuzione.
Quello del recensore diventa un lavoro vero e proprio quando lo stesso percepisce un guadagno dalla propria attività
Questa figura professionale si è delineata con la nascita di piattaforme dedicate alle recensioni di prodotti e servizi e specializzate in reviews che richiedono attitudini e competenze tecniche, e dunque un’approfondita conoscenza del settore, come accade ad esempio nei portali incentrati sui prodotti hi-tech (telefonia, consolle, pc), nelle recensioni siti scommesse o in quelle pubblicate su alcuni website di gaming.
In questi casi il recensore valuta il prodotto o il servizio per conto di un committente (il sito specializzato), e scrive la propria opinione, tenendo conto di vari parametri (dal funzionamento del software alle modalità di pagamento, dai contenuti alla sicurezza, etc.).
La recensione, dunque, si configura come un contenuto originale di cui l’autore detiene la paternità e, solitamente, a livello fiscale, si sceglie di applicare la cessione del diritto d’autore.
La cessione dei diritti d’autore
La cessione dei diritti d’autore, regolata dalla legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941 n.633, artt. 107-114, è un contratto tramite il quale l’autore cede a terzi la titolarità e i diritti di sfruttamento economico di una propria opera, in questo caso la recensione.
Questo tipo di collaborazione non si basa su un rapporto lavorativo di tipo subordinato, in quanto non sono previsti una sede o un orario di lavoro prefissati.
Il contratto di cessione dei diritti d’autore non richiede l’apertura di Partita Iva, sebbene l’attività lavorativa sia prestata in forma continuativa, e dunque diversa dalla prestazione occasionale, la cui natura è saltuaria e che viene inquadrata – a livello fiscale – come lavoro autonomo occasionale.
Perché si possa configurare la fattispecie della cessione del diritto d’autore è necessario stipulare un contratto con il cessionario (in questo caso il committente delle recensioni), contenente il tipo di opera (le recensioni, appunto) di cui si cedono i diritti di utilizzo e sfruttamento economico, insieme al compenso pattuito e alla dichiarazione, da parte del cedente (il recensore), che la proprietà intellettuale non è sottoposta a vincoli e che non viola diritti di terzi.
La tassazione dei compensi
Come si è detto, la cessione del diritto d’autore non richiede l’apertura di partita Iva.
A questo proposito si specifica che, se il cedente è già titolare di partita Iva e la cessione dei diritti non è inerente all’attività professionale svolta, i compensi sono considerati come redditi da lavoro autonomo, con relativa modalità di tassazione. Qualora invece ci sia una correlazione tra la cessione dei diritti e la professione svolta, va applicato il regime forfettario o quello ordinario.
Nel caso in cui il cedente non sia titolare di partita Iva, l’art.53, comma 2, lettera b del DPR n.917/86 stabilisce che i compensi derivanti dalla cessione dei diritti d’autore vengano considerati come redditi da lavoro autonomo, e dunque sono soggetti alla tassazione IRPEF con il beneficio di una deduzione forfettaria così quantificata, per cassa nell’anno in cui sono percepiti:
- 40% per gli autori di età inferiore ai 35 anni
- 25%, per gli autori che hanno già compiuto i 35 anni
Sulla base imponibile – il 60 per cento del compenso totale per coloro che hanno meno di 35 anni e il 75 per cento per coloro che hanno più di 35 anni – viene applicata una ritenuta d’acconto del 20%.
Nel caso in cui il committente sia estero non viene applicata la ritenuta, mentre se il prestatore è residente all’estero e il committente in Italia viene applicata una ritenuta pari al 30%.
Il trattamento previdenziale
I contributi previdenziali nel caso di cessione dei diritti d’autore rappresentano un onere dedotto per intero dal reddito percepito, indipendentemente da quale sia il regime fiscale a cui si è soggetti.
Pertanto, coloro che cedono i diritti d’autore e ne percepiscono un compenso non sono obbligati all’iscrizione alla Gestione Separata INPS e dunque al versamento di contributi previdenziali, fatta esclusione per gli iscritti al Fondo Pensioni dei Lavoratori dello Spettacolo e per i giornalisti di professione, che devono invece iscriversi alla Gestione previdenziale separata INPGI.
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