Profili di illegittimità dell’«Ordinanza Santelli» (Ordinanza Presidente Regione Calabria n. 37 del 29 aprile 2020).

Ettore Bruno 08/05/20

Premessa

Con Ordinanza n. 37 del 29 aprile 2020, il Governatore della Regione Calabria ha disposto «ulteriori misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019».

In particolare ‒ e per quanto qui d’interesse ‒, tra le libertà individuali di cui l’ordinanza in parola (ri)ammette l’esercizio e tra le attività commerciali di cui consente la ripresa, rientrano: gli spostamenti «all’interno del proprio Comune o verso altro Comune per lo svolgimento di sport individuali»; gli spostamenti «per raggiungere le imbarcazioni di proprietà da sottoporre a manutenzione e riparazione, per una sola volta al giorno»; le «attività di ristoranti, pizzerie, rosticcerie per la preparazione dei relativi prodotti da effettuarsi a mezzo asporto»; le attività «di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto»;  «l’attività di commercio di generi alimentari presso i mercati all’aperto, inclusa la vendita ambulante anche fuori dal proprio Comune, fermo restando il rispetto delle distanze interpersonali e l’uso delle mascherine e guanti»;  le attività di «commercio al dettaglio, anche in forma ambulante di fiori, piante, semi e fertilizzanti».

Le ordinanze regionali di protezione civile: generalità

Prima di affrontare il tema relativo ai rapporti tra le ordinanze regionali  e le fonti statali, occorre preliminarmente osservare che l’ordinanza in parola allenta in maniera significativa “le maglie” delle restrizioni imposte dai provvedimenti statali, e ciò in palese contrasto con le disposizioni di questi ultimi. Appare chiaro, infatti, che essa pone un importante freno alle misure limitative di certe libertà personali ed economiche (misure tuttavia volte al contenimento pandemico) previste dai vari DPCM di volta in volta emanati nel corso degli ultimi mesi e dai decreti-legge “di copertura” che “scudano” i provvedimenti adottati dal Presidente del Consiglio dei Ministri[1], in funzione della conformità di essi ai principi costituzionali.

Dopo aver rilevato che su questo terreno «la confusione, purtroppo, è massima e insoddisfacente la cooperazione interistituzionale»[2], il primo passaggio dell’iter interpretativo da percorrere coincide con la ricerca delle fondamenta normative legittimanti le ordinanze regionali in materia di sanità pubblica e protezione civile. A tale scopo, la via è duplice: per un verso, quella indicata dalla Legge n. 883 del 1978, il cui articolo 32 dispone che «in materia di igiene e sanità pubblica […] sono emesse dal presidente della giunta regionale […] ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale»; per l’altro, quella tracciata dal Decreto Legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018 (Codice della protezione civile), che, dopo aver individuato nei Presidenti delle Regioni le Autorità territoriali di protezione civile (come tali facenti parte del Servizio nazionale della protezione civile), e nelle Regioni le articolazioni locali del Servizio nazionale della protezione civile (articolo 3), dispone che «le Regioni […], nell’esercizio della propria potestà legislativa, definiscono provvedimenti con finalità analoghe a quanto previsto dal presente articolo in relazione alle emergenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b)[3], da adottarsi in deroga alle disposizioni legislative regionali vigenti […] (articolo 25, comma 11)».

In estrema sintesi, dal combinato disposto delle predette disposizioni di legge si evince che alle Regioni sono conferite significative attribuzioni in materia di protezione civile e sanità pubblica: in primis, infatti, il Presidente della Regione è Autorità di protezione civile entro i confini regionali; in secondo luogo, la Regione può adottare ordinanze contingibili e urgenti in situazioni emergenziali legate all’igiene e alla sanità pubblica, anche in deroga alle disposizioni di legge regionali (c’è da rilevare che anche la Corte costituzionale ha più d’una volta riconosciuto il ruolo e i poteri delle Regioni in materia di protezione civile, dovendo esse cooperare col Governo in «collaborazione leale e solidaristica», in ossequio al principio di cooperazione Stato-Regioni previsto dal Codice della protezione civile[4]).

I limiti delle ordinanze regionali

C’è da domandarsi, ora, se le ordinanze regionali possano derogare alla disciplina statale.

A tali fini, se da un parte vengono in considerazione alcuni rilievi rintracciabili in varie pronunce della Corte costituzionale, dall’altra possiamo far riferimento al  diritto positivo.

Quanto ai primi,  la giurisprudenza costituzionale sembra ammettere che gli interventi di protezione civile possano essere effettuati anche in deroga alle disposizioni vigenti, ma «nei limiti e con le modalità indicate dallo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea»[5].

L’intervento unitario dello Stato allo scopo di garantire l’uniformità e il raccordo tra i provvedimenti statali e quelli provenienti dagli Enti periferici resta comunque essenziale, giacché, se è vero che abbiamo una struttura policentrica della protezione civile, in tale materia, tuttavia, «le funzioni statali hanno un rilievo peculiare, collegandosi a imprescindibili esigenze unitarie»[6] che escludono, appunto, che «il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale»[7].

Se è esclusa, sulla scorta di tali indicazioni, la portata derogatoria alla legislazione vigente da parte di una legge regionale, ciò vale, a fortiori, per le ordinanze presidenziali regionali.

Quanto ai riferimenti legislativi in tema di rapporti tra fonti statali e regionali che concorrono sul terreno dell’individuazione dei livelli di protezione della salute pubblica,  il Decreto Legge n. 19 del 25 marzo 2020 prevede che le ordinanze regionali possano essere emanate «nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri», in ragione di «specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una pare di esso» e nella sola direzione di «introdurre misure ulteriormente restrittive» (misure – si noti ‒ ulteriormente restrittive e non anche espansive rispetto a quelle introdotte con i provvedimenti statali). E’ sancita, inoltre, per espresso volere dello stesso Decreto Legge, l’inefficacia delle ordinanze contingibili e urgenti e di ogni atto diretto a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali (in forza del combinato disposto dei commi secondo e terzo dell’articolo 3).

Alla luce delle considerazioni si qui elencate, e sulla scorta dei riferimenti giurisprudenziali e normativi sottesi, appare evidente che l’ordinanza del Presidente della regione Calabria n. 37  del 29 aprile 2020, adottata in deroga ai DPCM e, soprattutto, al Decreto Legge n. 19/2020, risulta giuridicamente illegittima. Pare opportuno sottolineare, infine, che è indubbio che militi a favore della conclusione appena esposta, nel senso di rafforzare il rilievo di illegittimità del provvedimento regionale in parola, quanto meno sul piano esegetico, l’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui dispone che «il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni […] nel caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica».

Rimedi giurisdizionali (e costituzionali?) avverso l’ordinanza del Governatore della Regione Calabria.

Escluso che si possa far luogo a un sindacato di legittimità costituzionale ‒ la Consulta, secondo il dettato dell’art. 134 della Carta costituzionale, giudica «sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni» ‒ essendo le ordinanze regionali atti meramente amministrativi, non resta che il rimedio dell’impugnazione, da parte dello Stato, dell’ordinanza regionale in parola avanti la Giustizia amministrativa. Non apparirebbe del tutto inverosimile, tuttavia, l’ipotesi che la Corte costituzionale possa essere investita della questione sotto il profilo delineato dallo stesso art. 134, Cost., laddove esso prevede che la Corte si pronuncia sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato e delle Regioni: la Legge n. 87 del 1953 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), infatti, all’articolo 39 stabilisce che quando «la Regione invade con un suo atto la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato ovvero ad altra Regione, lo Stato o la Regione rispettivamente interessata possono proporre ricorso alla Corte costituzionale per il regolamento di competenza. Del pari può produrre ricorso la Regione la cui sfera di competenza costituzionale sia invasa da un atto dello Stato».

All’orizzonte si potrebbe profilare, poi, quale extrema ratio, l’ulteriore, possibile rimedio – qui sic et sempliciter richiamato ‒ di cui all’articolo 126 della Carta costituzionale: «Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge». E ciò sul rilievo che l’Ordinanza Santelli del 29 aprile non deroga soltanto ai DPCM, ma è adottata anche, e specialmente, in violazione del Decreto Legge n. 19 del 25 marzo 2020.

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Note

[1] Sull’argomento: Ettore BRUNO, D.P.C.M. e limitazioni della libertà personale e di circolazione: presidi a tutela della salute pubblica o misure abnormi che indeboliscono la democrazia? in Diritto.it, 27 aprile 2020 https://www.diritto.it/d-p-c-m-e-limitazioni-della-liberta-personale-e-di-circolazione-presidi-a-tutela-della-salute-pubblica-o-misure-abnormi-che-indeboliscono-la-democrazia/

[2]  Massimo LUCIANI,  Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Rivista AIC, n. 2, 2020, p. 130 https://www.rivistaaic.it/it/rivista/ultimi-contributi-pubblicati/massimo-luciani/il-sistema-delle-fonti-del-diritto-alla-prova-dell-emergenza

[3] L’articolo 7, comma 1, lett. b) del Codice della protezione civile, rubricato Tipologia degli eventi emergenziali di protezione civile,  inserisce tra tali eventi «le emergenze connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che per loro natura o estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni e debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo, disciplinati dalle Regioni […] nell’esercizio della rispettiva potestà legislativa».

[4] In tal senso: Corte cost., Sent. n. 246 del 2019 e Corte cost., Sent. n. 8 del 2016, riportate in Massimo LUCIANI, cit., p.131.

[5] Corte cost., Sent. n. 44 del 2019.

[6]  LUCIANI, cit., p. 132.

[7] Corte cost., Sent. n. 28 del 2006.

Ettore Bruno

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