PROGETTO DI REVISIONE COSTITUZIONALE
CONCEPITO ED ELABORATO DA UN GIOVANE AVVOCATO:
DALL’ELEZIONE DIRETTA DEL CAPO DELLO STATO
ALLA FINE DEL SISTEMA BICAMERALE.
IDEA DI UN SEMIPRESIDENZIALISMO INNOVATIVO E SPERIMENTALE
E BILANCIAMENTO TRA I POTERI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA,
DEL PRIMO MINISTRO E DELL’ASSEMBLEA LEGISLATIVA.
CENNI.
Le esigenze del nuovo secolo sono profondamente mutate rispetto a quelle del secolo scorso, e il vigente sistema istituzionale previsto dalla Parte Seconda della Costituzione – che in ogni caso merita il più ampio rispetto – non è più in grado di dare ai cittadini le risposte che questi legittimamente si aspettano da coloro che hanno democraticamente demandato ad occuparsi della cosa pubblica.
Ciò premesso, ritengo quindi necessario che il Parlamento, nella XVII legislatura (vale a dire quella uscita a seguito delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013), intervenga – senza più alcun ulteriore ritardo – sulla Parte Seconda della Costituzione vigente.
Nel mese di maggio di quest’anno, edito da Editrice GDS di Vaprio d’Adda, è stata pubblicata (sia in versione cartacea che in formato E-Book) una mia breve monografia giuridica intitolata: “PROGETTO DI RIFORMA ALLA PARTE SECONDA DELLA COSTITUZIONE ITALIANA. Semipresidenzialismo e fine del bicameralismo”; un testo con il quale presento un progetto di revisione costituzionale improntato soprattutto sulla trasformazione della Forma di Governo da parlamentare a semipresidenziale (con l’elezione diretta del Presidente della Repubblica e la designazione popolare del Primo Ministro), sulla fine del sistema bicamerale con la previsione di una sola Camera (denominata – nel rispetto della nostra tradizione storica – Senato della Repubblica), su appositi meccanismi che garantiscono la stabilità di Governo, su una maggiore celerità decisionale sia per quel che concerne il potere legislativo che quello esecutivo e sulla drastica riduzione del numero dei parlamentari.
Succintamente, tale mio progetto di revisione costituzionale si fonda principalmente sui seguenti quattro punti:
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dar vita ad una forma di Governo semipresidenziale nella quale il Presidente della Repubblica ed il Primo Ministro siano eletti (o designati come nel caso del Premier) direttamente dal corpo elettorale. La politica governativa sarà, ovviamente, prerogativa del Primo Ministro e del Governo da egli autonomamente formato, ma il Capo dello Stato potrà, tramite il nuovo strumento delle cosiddette “sollecitazioni” e attraverso la sua diretta partecipazione alle riunioni del Consiglio dei ministri ove lo dovesse ritenere opportuno, indicare le materie o le questioni sulle quali intervenire, suggerendone altresì contenuti, modalità e tempi. Nell’attuale sistema costituzionale il Presidente della Repubblica ha un blando potere di moral suasion, infatti può soltanto dire: «È necessario intervenire su questa questione o necessità». Stop! Null’altro! Con questo mio progetto di riforma il Capo dello Stato potrà anche dire: «È necessario e si deve intervenire su questa materia, su questa questione, su questa necessità! Questa è secondo me la strada, questi sono secondo me i mezzi, questi sono i tempi. Fatelo!». A quel punto sia il Governo che il Parlamento (e tutti gli altri organi dello Stato – comprese le Regioni – cui la sollecitazione si riferirà) potranno anche disattendere le parole del Presidente, ma per questo ho attribuito al Capo dello Stato poteri maggiormente incisivi come ad esempio quello del doppio rinvio di una legge sottoposta alla sua promulgazione. In questo modo ritengo di aver garantito un bilanciamento di poteri e di attribuzioni che dovrebbe assolvere alla duplice funzione di assicurare sia un democratico equilibrio istituzionale sia, in egual misura, la concretizzazione della volontà popolare espressa tramite il voto. Il Presidente della Repubblica potrà anche presentare propri progetti di legge da sottoporre ai lavori del Parlamento;
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dar vita ad un sistema che garantisca la stabilità di Governo: dal 1948 ad oggi la durata media di un esecutivo è quella di undici, dodici mesi al massimo. Con questo mio progetto di riforma un Primo Ministro nominato a seguito di elezioni politiche potrà governare tranquillamente per cinque anni: nominerà e revocherà autonomamente i ministri e si presenterà al cospetto del Senato per illustrare un discorso programmatico sulla politica generale del suo Governo senza chiedere la fiducia iniziale, in quanto essa sarà già insita nella designazione popolare. Qualora il Senato dovesse successivamente votare una mozione di sfiducia o esprimersi negativamente nei confronti di una questione di fiducia posta dal Governo presieduto dal Primo Ministro nominato a seguito di elezioni politiche, allora quest’ultimo si dovrà dimettere ed il Presidente della Repubblica sarà obbligato a sciogliere il Senato e ad indire nuove elezioni. Diversa, invece, sarà quella situazione in cui il Primo Ministro nominato a seguito di elezioni politiche decidesse di dimettersi spontaneamente, senza passare cioè da un voto di sfiducia parlamentare o da un voto contrario ad una questione di fiducia. In tal caso “la palla” passerà nelle mani del Presidente della Repubblica che valuterà l’opportunità di sciogliere il Senato e indire nuove elezioni, oppure di nominare un nuovo Primo Ministro che dia vita ad un nuovo Governo che dovrà comunque ottenere anche la fiducia iniziale da parte dell’assemblea. Nel caso in cui il Primo Ministro nominato non a seguito di elezioni politiche dovesse ricevere dal Senato un voto di sfiducia o un voto contrario ad una questione di fiducia, sarà, sì, obbligato a dimettersi, ma il Presidente della Repubblica non sarà obbligato a sciogliere il Senato, ma potrà decidere – a seguito di consultazioni – se provvedere appunto allo scioglimento del Senato con conseguenti nuove elezioni ovvero alla nomina di un nuovo Primo Ministro che dovrà anche in questo caso ottenere dall’assemblea la fiducia iniziale. Stesso meccanismo varrà nel caso in cui il Primo Ministro nominato non a seguito di elezioni politiche dovesse dimettersi spontaneamente, cioè senza passare da un voto di sfiducia o da un voto contrario ad una questione di fiducia;
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porre fine al sistema bicamerale e attribuire la funzione legislativa ad una sola assemblea elettiva che, nel rispetto della nostra tradizione, ho pensato fosse più giusto individuare nell’Istituzione del Senato della Repubblica. In tal modo si eviteranno le inutili lungaggini temporali per l’approvazione di una legge. Tuttavia, eliminando una camera, si potrebbe correre il rischio di incentivare forme di “dittatura della maggioranza”, che però verrebbero scongiurate dall’assegnazione di un maggior potere di tipo ponderativo attribuito al Presidente della Repubblica nella promulgazione di una legge (il potere del doppio rinvio). A tutto ciò ho aggiunto una significativa diminuzione del numero dei parlamentari, riducendolo di oltre il 50% (dall’attuale composizione, tra deputati e senatori, di 945 parlamentari, alla nuova di soli 412 senatori, più – chiaramente – i senatori a vita). Il progetto prevede inoltre (in linea con quanto già previsto dall’attuale versione del Titolo V) una serie di materie di esclusiva competenza del Senato della Repubblica, altrettante in cui il Senato legifererà sulle sole norme generali (lasciando in tal modo alle Regioni la potestà legislativa sui contenuti) ed infine una competenza regionale di carattere residuale. Sono altresì previste precise norme sia sulla incandidabilità che sulle guarentigie in favore dei senatori e delle più alte cariche dello Stato;
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A completamento del progetto di riforma, ho altresì previsto modifiche al quorum stabilito per il referendum abrogativo (art. 75 co. IV Cost.) e alla procedura di revisione costituzionale (art. 138 Cost.). Nel primo caso ho pensato fosse opportuno ridurre il quorum richiesto per la validità del referendum abrogativo dal 50% più uno degli aventi diritto al 50% più uno del numero di coloro che hanno partecipato all’ultima consultazione elettorale per l’elezione del Senato della Repubblica; nel secondo caso, invece, ho pensato ad una procedura di revisione costituzionale più rigida rispetto a quella prevista dall’attuale formulazione dell’art. 138 della Costituzione.
Ciò premesso, chiunque volesse approfondire l’argomento potrà liberamente consultare la mia breve monografia giuridica che, come ho sopra già specificato, si intitola: “PROGETTO DI RIFORMA ALLA PARTE SECONDA DELLA COSTITUZIONE ITALIANA. Semipresidenzialismo e fine del bicameralismo”, edito da Editrice GDS – versione cartacea (aprile 2013) e versione E-Book (maggio 2013).
Questo è uno di quei momenti storici in cui, date le straordinarie circostanze di natura politica e le gravissime difficoltà di carattere economico e sociale, è necessario che ciascuno di noi si impegni per dare il proprio contributo attivo per il bene del Paese.
Avv. Giuseppe Palma del FORO di BRINDISI
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