Programmazione e controllo degli Enti Locali : economia dell’ Azienda “Comune” e processo di “Aziendalizzazione”

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La valorizzazione dei Comuni come istituti autonomi e l’esigenza di fornire risposte immediate, dirette ed efficaci alla comunità locale, ha messo in evidenza i problemi legati agli aspetti economici di questi enti, tanto da spingere il Legislatore ad adottare strumenti di derivazione aziendale. Il contesto in cui operano le imprese private è molto diverso dal settore in cui operano le “aziende-comune”, per cui si deve porre particolare attenzione al confronto fra le due realtà: quella privatistica dell’impresa da un lato, quella pubblicistica dell’ente locale dall’altro. In merito alla possibilità dell’esistenza di aziende pubbliche o private per l’erogazione dei servizi e, senza scadere in vivaci polemiche scaturenti dal raffronto fra le due realtà, si pone in evidenza che vi è la tendenza ad identificare l’azienda di produzione con l’impresa, quella di erogazione (di servizi) come azienda pubblica. Queste definizioni nascono dalla volontà degli studiosi di definire una realtà economica in cui il privato viene visto come produttivo e competitivo, mentre il pubblico come fuori dal rischio di mercato e inefficace. Idea che va rivista, poiché esula dalle forme di partecipazione delle aziende pubbliche e dalle imprese di capitale misto. In verità, le ‘aziende comune’ hanno esteso il loro raggio d’azione e, conseguentemente, sono aumentati i processi economici da definire e gestire.

1.         L’economia dell’azienda comune

L’evoluzione dei processi economici gestiti dagli enti locali ben si accorda con le modifiche e con gli sviluppi del mutato quadro di legittimazione dell’intervento pubblico locale che ha anche rafforzato l’autonomia dei singoli enti, introducendo al loro interno principi e logiche di tipo aziendale, dunque privatistico. Il riconoscimento da parte degli enti locali dell’esigenza di valutare l’efficienza e l’efficacia del servizio e l’economicità della gestione, ha condotto alla necessità di costruire una strumentazione manageriale, tecnico-contabile che si dimostrasse funzionale e che fosse volta a facilitare le decisioni degli attori che intervengono sulla scena del servizio pubblico, garantendo la necessaria responsabilizzazione economica. Com’è noto, ogni sistema aziendale per rimanere in vita deve ricercare condizioni di equilibrio (di economicità), che siano idonee a valere nel tempo, cioè siano durevoli. L’equilibrio aziendale tende ad essere scomposto in diversi equilibri che evidenziano particolari aree della gestione aziendale: a livello economico, finanziario e patrimoniale. Infatti, l’equilibrio economico è misurato dalla relazione esistente tra flusso dei costi derivante dall’acquisizione dei fattori produttivi e tra flusso dei ricavi originato dalla vendita di prodotti/servizi. In relazione al periodo di competenza, il profitto, cioè la differenza dei ricavi sui costi misura la creazione di ricchezza generata dall’organizzazione e costituisce la variazione del capitale netto dovuta alla gestione. Il risultato di esercizio per garantire un soddisfacente equilibrio economico, dev’essere necessariamente positivo e deve, al contempo, garantire un’adeguata remunerazione dovuta al rischio (per tale intendendosi, nel linguaggio economico, l’eventualità di una perdita). Nelle aziende pubbliche, l’equilibrio economico assume tratti differenti. Le risorse affluite nell’azienda ente locale non rappresentano ricavi, ma proventi non misuratori dell’utilità prodotta. Nonostante sia un equilibrio da perseguire, non ha contenuto informativo per quanto riguarda l’economicità. L’equilibrio finanziario, al contrario, è preso in considerazione nella gestione dell’attività pubblica, in virtù della funzione autorizzatoria.

Equilibrio finanziario pubblico

L’equilibrio finanziario riguarda la relazione esistente tra ‘flusso di entrate’ e ‘flusso di uscite’ monetarie. L’azienda si trova in equilibrio finanziario, dunque, quando il flusso delle entrate è in grado di fronteggiare il flusso delle uscite. Le informazioni garantite dalla contabilità finanziaria sono essenziali: nonostante ciò, la contabilità finanziaria non ci fornisce alcuna informazione riguardo l’effettivo assolvimento delle funzioni da parte dell’ente e del grado di soddisfazione del cittadino-utente rispetto ai servizi a loro erogati. Nelle imprese private questo tipo di informazioni è garantita dalle informazioni derivanti dall’equilibrio economico, poiché rappresenta una misura del successo aziendale. L’equilibrio patrimoniale è rappresentato dalla relazione esistente tra le diverse fonti di finanziamento, le quali vengono classificate in base alla loro provenienza e al loro grado di liquidità. L’equilibrio patrimoniale consiste nel mantenere un equilibrio adeguato tra fonti di finanziamento esterne e fonti di finanziamento proprie e nella capacità di mantenere un adeguato rapporto tra attività e passività consolidate e tra attività e passività correnti. Le imprese utilizzano il risultato economico come indicatore della performance aziendale , gli enti locali , invece, devono ricercare condizioni di economicità in base ad una corretta azione di programmazione e controllo idonea a garantire una corretta gestione economica che conduca a risultati conformi agli obiettivi preventivamente fissati : si cerca , in definitiva, di garantire un corretto equilibrio ‘di fatto e di diritto’ nell’espletamento dell’attività amministrativa e nella gestione della ‘res publica’, dunque delle risorse pubbliche. Il legislatore ha reso obbligatori gli strumenti di programmazione e controllo usati dalle imprese private, per risolvere problemi legati ai risultati economici dovuti alla scarsa propensione degli enti pubblici circa la gestione della spesa pubblica e per cercare di fronteggiare le sempre più numerose richieste degli utenti/cittadini sulla qualità e quantità dei servizi erogati ; tale tendenza ha fatto emergere la “filosofia della sussidiarietà” , ovvero la necessità di avvicinare il più possibile il potere decisionale alle esigenze da soddisfare, in base agli obblighi ex lege imposti. Si cerca anche di adeguare l’organizzazione dell’ente agli obiettivi da raggiungere e per porre fine alla ‘c.d. logica adempimentale’ che ha caratterizzato gli enti in riferimento alla programmazione. L’obiettivo di fondo è quello di evitare inutili duplicazioni di atti e documenti vari, il che condurrebbe, inevitabilmente, a svariate inefficienze gestionali.

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La revisione degli Enti locali

Il manuale si conferma guida insostituibile al corretto svolgimento dell’attività di revisione dei bilanci, dei rendiconti e della regolarità contabile e amministrativa dell’Ente locale. È inoltre un efficace testo per l’attività di “formazione continua” dei Revisori degli Enti locali.  La competenza e la buona esperienza professionale degli Autori avvalorano sia lo svolgimento degli argomenti, sia le soluzioni ai tanti dubbi che assillano i Revisori. Il libro è scritto da commercialisti ed è rivolto a commercialisti che vogliono aggiornarsi o prepararsi per assumere l’incarico professionale di Revisore degli Enti locali. La trattazione è svolta in una dimensione tecnica, pratica, professionale. Il gruppo di Autori è formato da commercialisti e revisori esperti; ma, poiché sulla funzione di revisione convergono anche altre professionalità, sono stati raccolti contributi di un Magistrato della Corte dei Conti e di esperti dirigenti di Enti locali. Gli Autori appartengono a Ordini di commercialisti di diverse sedi, al fine di esprimere professionalità delle varie realtà territoriali italiane.   Marcella Mulazzani (a cura di)Già Ordinario di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche presso la Facoltà di Economia dell’Università di Firenze. Ha svolto docenza e coordinamento scientifico in Master universitari di Economia delle amministrazioni pubbliche di vari Atenei. Ha fatto parte del Comitato scientifico di Dottorati di ricerca dell’Università di Firenze e di Siena per la sezione delle aziende pubbliche. Da anni coordina corsi di alta formazione su temi di contabilità pubblica, di revisione degli Enti locali e delle aziende sanitarie pubbliche per commercialisti e dirigenti pubblici.

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La programmazione negli Enti locali

La necessità di programmare l’attività e la gestione negli enti locali, nasce in un particolare momento di riforma, a livello non solo amministrativo, ma anche politico-culturale. La programmazione è lo strumento necessario e indispensabile per definire gli obiettivi, analizzare le risorse disponibili, disegnare i piani gestionali, definire “cosa fare” e “come farlo”. Se per le aziende private questo è stato considerato da sempre uno step fondamentale, per le “aziende comune” non lo è stato sino agli inizi degli anni 90’ (L. n. 142/90’). Fino a quel momento, infatti, il sistema gestionale delle pubbliche amministrazioni era collegato al sistema politico e si basava su una logica puramente formalistica/burocratica di adempimento dell’atto amministrativo, considerazione del solo principio di legalità (com’è noto, il principio di legalità amministrativa stabilisce che la pubblica amministrazione trova nella legge i fini della propria azione e i poteri giuridici che può esercitare, e non può esercitare alcun potere al di fuori di quelli che la legge le attribuisce). Questa impostazione mutò e la considerazione principale alla base del cambiamento fu la crisi della finanza pubblica, con un debito altissimo e l’incapacità di mantenere la situazione su livelli accettabili. La conseguenza più immediata di questa crisi nazionale fu la progressiva diminuzione dei trasferimenti da parte dello Stato e delle Regioni agli enti locali, ponendo agli amministratori locali un vincolo di bilancio che era stato sino a quel momento inesistente.

Enti Locali e L. n. 142/90’

Gli enti locali, quindi, modificarono il loro sistema economico-finanziario e tutto l’assetto istituzionale e per rispettare tali vincoli e condizioni introdussero un sistema di programmazione teso a considerare maggiormente e con particolare attenzione risorse disponibili, obiettivi e modalità più efficienti per raggiungerli. Un sistema che conduce ad una gestione attenta, precisa ed adeguata delle risorse e che non produce inefficienze gestionali o danni economico-finanziari, è il sistema di programmazione e controllo. Infatti, è qui d’obbligo sottolineare che nell’ambito di un sistema di programmazione e controllo si succedono ben 4 fasi: la fase di programmazione, la fase della gestione, quella del conseguimento dei risultati e la fase del controllo. La programmazione negli enti locali è suddivisa in pianificazione strategica (programma del Sindaco), programmazione operativa (bilanci di previsione) e programmazione esecutiva (piano esecutivo di gestione). In fase di programmazione (prima fase) vengono definiti gli obiettivi e viene presentato il punto cardine di riferimento dell’intera gestione. Dopo questa prima fase inizia la gestione vera e propria, mediante l’utilizzo delle risorse programmate e destinate al raggiungimento degli obiettivi. Nello step successivo vengono conseguiti risultati che andranno analizzati ed appurati nell’ultima fase del processo, che è quella del controllo, fase nella quale vengono resi noti i motivi di eventuali scostamenti tra obiettivi programmati e obiettivi raggiunti. Dei risultati di questo processo ne tiene in considerazione il programmatore che, nel definire la nuova programmazione, ne modifica gli obiettivi o l’allocazione delle risorse, per rendere il più possibile coincidenti gli obiettivi programmati con quelli che sono gli obiettivi raggiunti. Nel procedere con la descrizione degli strumenti della programmazione degli enti locali5, è necessario porre una distinzione circa le varie fasi della programmazione nelle sue successive specificazioni, a partire dalla pianificazione strategica sino a giungere alla programmazione esecutiva.

La pianificazione della gestione

Gli enti pubblici1 basano la loro attività sui processi di pianificazione, poiché sono carenti della misura dell’equilibrio economico, ovvero del risultato economico. In mancanza di questo valore si deve necessariamente stabilire e, in modo analitico, il contenuto di questo equilibrio, individuando l’insieme delle componenti che lo determinano. Per rispondere alla necessità di disporre di informazioni tecnico-contabili degli enti pubblici, il legislatore ha reso obbligatori alcuni strumenti tipici della gestione delle imprese private. Capire cosa si vuole fare, il perché lo si vuole fare e quali mezzi mettere in campo per raggiungere l’obiettivo facilita l’attività amministrativa e fornisce linee guida, indicazioni e opportuni indirizzi per ottenere i risultati prefissati. Coesione, gerarchia, coerenza, valutazione, inclusione sono alcuni dei principi chiave indispensabili per poter parlare di ‘Pianificazione’. Il termine ‘coesione’ sottintende azioni rappresentative degli interessi pubblici. Non si può pensare di fare sviluppo se non si pensa di fare politiche di formazione e inclusione sociale, non si può parlare di innovazione amministrativa se non si fa gerarchia cioè se non si capisce quali sono i servizi pubblici che su quel territorio sono più importanti per affrontare le criticità. Si badi che la realtà locale può non essere coerente con la programmazione e la pianificazione regionale ma, nonostante ciò, deve muoversi rispetto alle politiche strategiche regionali, statali e comunitarie, a patto che le realtà locali abbiano un raggio di azione che ne garantisca la loro autonomia. Parlare di pianificazione equivale a fornire nel tempo progettualità, mezzi ed obiettivi coordinati tra loro. Dal momento che in un piano strategico si investono risorse, è importante studiare gli eventuali benefici che ne derivano, a tutti i livelli e risulta importante fornire anche una valutazione. I metodi di valutazione sono importanti nella programmazione pubblica, perché costituiscono la base per organizzare l’amministrazione, per stabilire le funzioni. La valutazione comprende il monitoraggio dei piani pubblici, lo studio della performance in fase d’attuazione; la verifica della coerenza tra obiettivi prefissati e risultati ottenuti, l’evoluzione del contesto di riferimento. Tutto ciò per avere una visione chiara di cosa si sta facendo e cosa si vuole ancora fare ed eventualmente riprogrammare la propria azione in corso d’opera. Il programma elettorale del Sindaco (Planning) si configura quale documento fondamentale dell’attività dell’Amministrazione che si insedia in un ente locale, a seguito delle consultazioni elettorali amministrative. Si tratta del documento che fissa gli intenti e il programma politico dell’aspirante Sindaco e della coalizione che lo appoggia durante la campagna elettorale. Da qui l’impegno a realizzare quanto promesso: trattasi di una fase attuativa, che dura per tutto il mandato elettorale e che si conclude con il rendiconto dell’attività svolta, al termine dei cinque anni, con il “c.d. bilancio di mandato”.

 

 

Pianificazione strategica negli Enti Locali : programma elettorale

Il programma elettorale rappresenta la prima “pianificazione strategica” dell’ente, e viene predisposto, in particolar modo per i piccoli enti, senza considerare: le risorse umane a disposizione per il raggiungimento degli obiettivi (organigramma, dotazione organica del personale, idonee professionalità presenti in pianta organica), le risorse strumentali e le risorse finanziarie e la capacità di indebitamento dell’ente. Diventa essenziale, quindi, quale primo atto di programmazione dell’attività dell’ente locale in questione, dargli concretezza e contenuti. Infatti, impostare una corretta pianificazione significa, principalmente, chiarire tre aspetti fondamentali: obiettivi, decisioni (su quali e quanti servizi erogare), determinazione precipua delle risorse necessarie. Dovrebbe chiarire, innanzitutto, gli obiettivi affinché tutte le risorse siano orientate verso il loro raggiungimento. Avere chiaro l’obiettivo è un passo fondamentale per coordinare e responsabilizzare l’organizzazione sul risultato da raggiungere. Stabilire quali e quanti servizi erogare è una decisione importante per quanto riguarda la loro fattibilità in termini sociali e di copertura finanziaria. Il terzo aspetto riguarda la determinazione delle risorse (umane e finanziarie), da utilizzare per il raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’amministrazione. Definire in maniera chiara questi aspetti è importante per orientare in maniera efficiente ed efficace l’azione di tutta l’organizzazione verso il raggiungimento degli obiettivi. Infatti, se definiti correttamente i tre aspetti succitati, l’attività dell’amministrazione risulterà coerente sia con la programmazione sia con esigenze e bisogni vari della comunità. La seconda fase della programmazione è la c.d. ‘programmazione operativa’ (Programming). In questa fase si definiscono le linee operative della gestione, si analizzano le risorse nello specifico individuandone fonti e impieghi. Con la programmazione operativa, in una prospettiva di breve e medio periodo, vengono indicati i programmi e i progetti nel periodo di riferimento e in relazione ai periodi successivi, attraverso la quantificazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie.

Relazione Previsionale Programmatica

Il primo strumento di programmazione operativa prevista per gli enti locali è la ‘Relazione Previsionale e Programmatica’. La relazione2 prevede sia un’analisi delle entrate con una valutazione generale sui mezzi finanziari e sulle fonti di finanziamento, sia un’analisi attenta alle spese per cui è redatta per programmi e per progetti eventuali. Per ogni programma è data contezza circa le finalità che si intende conseguire e circa le risorse che sono, all’uopo, destinate. Inoltre, vi sono altri strumenti della programmazione operativa: il Bilancio Pluriennale e il Bilancio Annuale. Il Bilancio pluriennale7 per la parte di spesa è redatto per programmi, titoli, servizi ed interventi, ed indica per ciascuno l’ammontare delle spese di gestione, distintamente per ognuno degli anni considerati. Nel bilancio annuale la parte spesa è suddivisa in titoli, funzioni, servizi ed interventi, in relazione ai principali aggregati economici, alle funzioni degli enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attività ed alla natura economica dei fattori produttivi nell’ambito di ciascun servizio. Il punto di riferimento della programmazione operativa è il programma. Infatti, è proprio sulla base dei programmi che si attua il collegamento tra la relazione previsionale e programmatica e i bilanci annuale e pluriennale. Il programma3, inoltre, rappresenta il collegamento tra le diverse fasi della programmazione: la pianificazione strategica e le scelte programmatiche in essa contenute, trovano concretezza nei programmi della programmazione operativa. La terza fase della programmazione è la ‘programmazione esecutiva’ o ‘fase di Budgeting’, nella quale vengono descritti gli obiettivi della gestione, la determinazione delle responsabilità e l’attribuzione delle risorse ai singoli obiettivi. E’ la fase in cui vengono definiti i piani di lavoro e di coordinamento della gestione complessiva.

PEG : Piano Esecutivo di Gestione

Negli enti locali, nello specifico, questa fase è realizzata attraverso la predisposizione del Piano Esecutivo di Gestione (PEG), il quale rappresenta la vera novità introdotta dal D. Lgs. n. 77/95’. Il piano esecutivo di gestione contiene un’ulteriore graduazione circa le risorse dell’entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli. Con il Peg si dà attuazione al ‘principio di separazione tra indirizzo e gestione’; non a caso, infatti, il Peg è un documento di indirizzo gestionale a livello amministrativo che rappresenta l’ultima fase della programmazione ed anche lo strumento principale di guida della gestione. Esso contiene l’articolazione dettagliata dei programmi in obiettivi, definisce il collegamento con la struttura organizzativa attraverso i centri di responsabilità, attribuisce le risorse ai responsabili della gestione. E’, altresì, lo strumento principale per il controllo di gestione, in quanto è a partire da esso che possono verificarsi lo stato di attuazione dei programmi, l’andamento della spesa e dei costi, l’efficienza nell’utilizzo dei fattori produttivi a partire dalle risorse umane. Attraverso il PEG, infatti, la Giunta definisce in termini programmatici ed operativi, le linee strategiche adottate dal Consiglio comunale e contenute nel bilancio pluriennale, nella relazione previsionale e programmatica e nel bilancio annuale. Da ciò si evince la duplice importanza del PEG: da un lato la sua adozione consente di verificare la corrispondenza degli indirizzi politico – amministrativi impartiti dal Sindaco e dalla Giunta con quelli definiti dall’organo consiliare, dall’altro definisce gli obiettivi di gestione da affidare ai responsabili dei servizi. Si può affermare che il PEG, oltre ad essere il documento fondamentale attraverso il quale si attua la separazione tra le competenze politiche e gestionali, fa da “cerniera operativa” tra organi di governo e di gestione. Questi ultimi, infatti, ricevendo obiettivi e risorse assumono la responsabilità di gestione misurabile in termini di efficacia (rapporto tra obiettivi assegnati ed obiettivi conseguiti) e di efficienza (rapporto tra obiettivi raggiunti e risorse utilizzate). Appare chiaro che il PEG rappresenta un formidabile strumento programmatico con il quale misurare sia la capacità strategica degli organi di governo (Sindaco e Giunta) sia la correttezza e la coerenza della gestione. Il sistema dei controlli, infatti, non può prescindere dal PEG: la verifica circa l’efficienza e l’economicità dell’attività gestionale ed amministrativa (controllo di gestione) ha come suo presupposto la preventiva definizione del quadro degli obiettivi. Il piano esecutivo di gestione costituisce, quindi, un passaggio essenziale del circuito di programmazione e di controllo per quanto attiene alla programmazione esecutiva.

Il Rendiconto di gestione

La fase di rendicontazione si configura quale momento essenziale nel processo di pianificazione e controllo, poiché rappresenta la sintesi ed il risultato dell’attività decisionale, che coinvolge sia l’indirizzo che il controllo, e trae origine dai risultati stessi per rialimentare il processo. Con il “Rendiconto” si procede a dar conto dell’azione svolta in termini di valori quantitativi, di grandezze e di decisioni di tipo qualitativo, le quali riguardano le modalità e il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati, rilevante per rendere il più trasparente possibile l’azione amministrativa. Il rendiconto della gestione è regolamentato dall’art. 229 del T.U.E.L. e si compone del: Conto del Bilancio, Conto Economico e Conto del Patrimonio. Il primo ha contenuto finanziario, il secondo evidenzia l’influenza della gestione economica sul netto delle entrate e il terzo puntualizza la configurazione qualitativa e quantitativa del patrimonio. La gestione viene, dunque, sviluppata ed analizzata in tutti i suoi aspetti. Il conto del bilancio mostra i risultati finali della gestione finanziaria; vengono enunciati in modo sintetico gli impegni di spesa, i pagamenti, le entrate accertate e gli incassi avvenuti, in riferimento alle previsioni contenute nel bilancio di previsione. La struttura del conto economico è analoga a quella del bilancio di previsione, ed evidenzia i risultati della gestione autorizzatoria rispetto alle previsioni.

Bilancio e suoi elementi

L’analisi è condotta attraverso le unità elementari di bilancio: risorse, interventi riferiti ai servizi e ai capitoli (relativamente ai servizi per conto di terzi). Il conto del bilancio comprende una serie di quadri a carattere standardizzato che sono tali da permettere i relativi confronti. Il Conto economico esprime in modo sintetico l’influenza della gestione economica corrente sul patrimonio netto dell’Ente. Le tipologie di risultati parziali e la suddivisione in aree del conto economico con i costi classificati per natura, permette di effettuare delle analisi attraverso degli indici che mostrano il peso di ciascun aggregato sul risultato economico di esercizio. L’analisi per mezzo degli indici consente di confrontare sia l’evoluzione della dinamica economica nel tempo, sia i risultati attesi con quelli realmente raggiunti. Dal Conto Economico si può dedurre un giudizio globale sull’andamento generale dei servizi, mentre le informazioni più dettagliate circa economicità, efficienza ed efficacia devono essere tratte dalla contabilità analitico-direzionale. Il Conto del Patrimonio permette a sua volta di conoscere l’entità del patrimonio dell’Ente (è previsto un modello standardizzato, strutturato in macroclassi, classi e voci. Il prospetto è a stati comparati ed evidenzia per ogni voce, classe e macroclasse, la consistenza iniziale e finale). Questo modello e tale rappresentazione a stati comparati consente di avere una lucida panoramica circa il patrimonio dell’Ente. Il Rendiconto deve essere deliberato dalla Giunta entro il 30 giugno tenendo presente la relazione dell’organo di revisione, il quale opera in veste di organo consultivo del Consiglio e in veste di controllo nei confronti dell’operato dell’amministrazione. Il Consiglio non può non tener conto delle osservazioni, suggerimenti e giudizio dell’organo di revisione. L’articolo 227 del

T.U.E.L. prevede che al Rendiconto4 siano allegati i seguenti documenti: la relazione della Giunta; la relazione dei revisori; l’elenco dei residui attivi e passivi per anno di provenienza, oltre a tabelle di parametri gestionali. La relazione della Giunta esprime una valutazione di efficacia dell’azione condotta e dei risultati conseguiti in relazione ai programmi e ai costi sostenuti. Nella relazione devono essere evidenziati i criteri di valutazione degli elementi economici e patrimoniali, oltre ad un’analisi degli scostamenti rispetto agli obiettivi programmati, spiegandone eventualmente le cause. Il legislatore ci tiene a metter in luce, in proposito, come i documenti consuntivi (in particolar modo la Relazione della Giunta), tramite l’analisi degli scostamenti, costituiscano la base per la redazione dei nuovi programmi. La Relazione della Giunta è, al contempo, sia un atto con valenza contabile, sia un atto politico e finanziario. E’ previsto che il collegio dei revisori elabori una relazione sul Rendiconto e sullo schema dello stesso entro venti giorni dall’approvazione del documento da parte dell’organo esecutivo. L’elenco dei residui attivi e passivi, suddivisi per anno di competenza, nasce da un’esigenza di trasparenza (si parla, infatti, di “amministrazione trasparente” per P.A.) avvertita dagli Enti Locali, cosicché il Legislatore ha statuito di rendere obbligatoria l’esposizione dell’origine e dell’analisi temporale dei residui attivi e passivi.

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4 Prevista nel Titolo I parte II del T.U.E.L., sezione disposizioni generali dell’ordinamento finanziario e contabile, Art. n 151 co. 1, dispone che al Rendiconto sia allegata una relazione illustrativa da parte della Giunta.

Cecilia Colletta

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