Art. 1 Finalità e definizioni
1. La presente legge è diretta a tutelare i lavoratori da atti e comportamenti ostili che assumono le caratteristiche della violenza e della persecuzione psicologica, nell’ambito dei rapporti di lavoro.
2. Ai fini della presente legge, per violenza e persecuzione psicologica si intendono gli atti posti in essere ed i comportamenti tenuti da datori di lavoro, nonché da soggetti che rivestano incarichi in posizione sovraordinata o pari grado nei confronti del lavoratore, che mirano a danneggiare quest’ultimo e che sono svolti con carattere sistematico e duraturo e con palese predeterminazione.
3. Gli atti ed i comportamenti rilevanti ai fini della presente legge si caratterizzano per il contenuto vessatorio e per le finalità persecutorie, e si traducono in maltrattamenti verbali e in atteggiamenti che danneggiano la personalità del lavoratore, quali il licenziamento, le dimissioni forzate, il pregiudizio delle prospettive di progressione di carriera, l’ingiustificata rimozione da incarichi già affidati, ingiustificate discriminazioni e penalizzazioni del trattamento retributivo, l’esclusione dalla comunicazione di informazioni rilevanti per lo svolgimento delle attività lavorative, la svalutazione dei risultati ottenuti.
4. Il danno di natura psico-fisica provocato dagli atti e comportamenti di cui ai commi 2 e 3 rileva ai fini della presente legge quando ha come conseguenza diretta la menomazione della capacità lavorativa, ovvero pregiudica l’autostima del lavoratore che li subisce, ovvero si traduce in forme depressive.
Art. 2 Annullabilità di atti discriminatori
1.Gli atti e le decisioni concernenti le variazioni delle qualifiche, delle mansioni, degli incarichi, ovvero i trasferimenti, riconducibili alla violenza e alla persecuzione psicologica, sono annullabili a richiesta del lavoratore danneggiato.
Art. 3 Prevenzione ed informazione
1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua le fattispecie di violenze e persecuzioni psicologiche ai danni dei lavoratori rilevanti ai fini della presente legge.
2. I datori di lavoro, pubblici o privati, e le rispettive rappresentanze sindacali adottano tutte le iniziative necessarie allo scopo di prevenire la violenza e la persecuzione psicologica di cui alla presente legge e di rimuoverne le cause. Il datore di lavoro è tenuto a fornire alle rappresentanze sindacali che ne facciano richiesta le informazioni rilevanti ai fini dell’assegnazione degli incarichi, dei trasferimenti, dell’assegnazione delle qualifiche e delle mansioni, nonché tutte le informazioni che attengono alle modalità di utilizzo dei lavoratori.
3. Le iniziative di cui al comma 2 possono essere portate a conoscenza dei lavoratori anche attraverso l’affissione nella bacheca sindacale.
4. Qualora atti e comportamenti di cui all’articolo 1 siano denunciati, da parte di singoli o da gruppi di lavoratori, il datore di lavoro, anche su richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali, ha l’obbligo di porre in essere procedure tempestive di accertamento dei fatti denunciati, anche avvalendosi dell’apporto di esperti esterni all’azienda.
5. Accertati i fatti, il datore di lavoro è tenuto ad assumere le misure necessarie al loro superamento, anche coinvolgendo i lavoratori dell’area interessata.
6. Ad integrazione di quanto disposto dall’articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori hanno diritto di riunirsi, fuori dall’orario di lavoro, nei limiti di almeno sei ore su base annuale, per trattare il tema delle violenze e delle persecuzioni psicologiche nel luogo di lavoro.
7. Le riunioni di cui al comma 6 sono indette con le modalità e si svolgono nelle forme di cui all’articolo 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Alle riunioni possono partecipare le rappresentanze sindacali aziendali, i dirigenti sindacali ed esperti esterni.
Art. 4 Responsabilità disciplinare
1. Nei confronti di coloro che pongono in essere gli atti o i comportamenti previsti dall’articolo 1, può essere disposta l’applicazione, da parte del datore di lavoro o del preposto gerarchicamente competente, delle misure disciplinari previste dalla contrattazione collettiva.
2. Le medesime misure disciplinari possono essere applicate anche a chi denuncia fatti o comportamenti inesistenti, al fine di ottenere vantaggi comunque configurabili.
Art. 5 Azioni di tutela giudiziaria
1. Il lavoratore che ha subito violenza o persecuzione psicologica nel luogo di lavoro e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti e accordi collettivi, ma intende agire in giudizio, deve promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, il tentativo di conciliazione ai sensi dell’articolo 410 del codice di procedura civile presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’articolo 413 del medesimo codice, o, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Per il ricorso in giudizio si applicano le disposizioni di cui al citato articolo 413 del codice di procedura civile.
2. Gli atti e le decisioni concernenti le variazioni delle qualifiche, delle mansioni, degli incarichi, ovvero i trasferimenti, riconducibili alla violenza e alla persecuzione psicologica, sono annullabili a richiesta del lavoratore danneggiato, sia in sede di conciliazione che in sede giudiziaria.
3. In sede giudiziaria il giudice condanna il responsabile del comportamento sanzionato al risarcimento del danno, che liquida in forma equitativa.
Art. 6 Pubblicità del provvedimento del giudice
1. Su istanza della parte interessata, il giudice può disporre che del provvedimento di condanna passato in giudicato venga data informazione, a cura del datore di lavoro, mediante lettera ai dipendenti interessati, per reparto e attività, dove si è manifestato il caso di violenza o di persecuzione psicologica oggetto dell’intervento giudiziario, omettendo il nome della persona che ha subìto tali violenze o persecuzioni, qualora il soggetto ne dia al giudice stesso esplicita indicazione.
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