Art. 1 Ambito di applicazione.
1. La presente legge reca norme per la tutela da molestie morali e da violenze psicologiche delle lavoratrici e dei lavoratori in ambito lavorativo ed in tutti i settori di attività, privati e pubblici, comprese le collaborazioni, indipendentemente dalla loro natura, ovvero dalla mansione o dal grado rivestiti dal lavoratore.
2. Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato è vietato qualsiasi comportamento, anche omissivo, che leda o ponga in pericolo la salute fisica e psichica, la dignità e la personalità morale del lavoratore.
Art. 2 Definizioni.
1. Agli effetti della presente legge, si intendono per molestie morali e per violenza psicologica nell’ambito del posto di lavoro le azioni, esercitate esplicitamente con modalità lesiva, che sono svolte con carattere iterativo e sistematico. Per avere il carattere di molestia morale e di violenza psicologica, tali atti devono avere il fine di emarginare, discriminare, screditare o, comunque, recare danno alla lavoratrice o al lavoratore nella propria carriera, nel grado di autorevolezza, e nel rapporto con gli altri. Le azioni di cui al presente comma possono, altresì, essere attuate mediante:
a) la rimozione da incarichi;
b) l’esclusione dalla comunicazione e dalla informazione aziendali;
c) la svalutazione sistematica dei risultati, fino a giungere al sabotaggio della attività lavorativa, che può essere privata dei suoi contenuti o degli strumenti necessari al suo svolgimento;
d) sovraccarico di lavoro, o attribuzione di compiti impossibili o inutili, che acuiscono i sensi di impotenza e di frustrazione;
e) attribuzione di compiti inadeguati rispetto alla qualifica e alla preparazione professionali o alle condizioni fisiche e di salute;
f) esercizio da parte del datore di lavoro o dei dirigenti di azioni sanzionatorie, quali reiterate visite fiscali, di idoneità, contestazioni o trasferimenti in sedi lontane, rifiuto di permessi, di ferie o di trasferimenti, comunque finalizzate alla estromissione del soggetto dal posto di lavoro ricoperto;
g) atti persecutori e di grave maltrattamento, comunicazioni verbali distorte e tese alla critica, anche di fronte a terzi;
h) molestie sessuali;
i)discriminazioni in base all’orientamento e alla identità sessuali;
l) squalifica dell’immagine personale e professionale;
m) offese alla dignità personale, attuate da superiori o da pari-grado o da subordinati o dal datore di lavoro.
2. Agli effetti degli accertamenti delle responsabilità l’istigazione è considerata equivalente alla realizzazione del fatto.
3. Il danno sull’integrità psico-fisica provocato dai comportamenti e dagli atti di cui al comma 1 è rilevato, ai fini della presente legge, ogni qualvolta comporti riduzione della capacità lavorativa per disturbi psicofisici di qualunque entità quali depressione, nonché disturbi psicosomatici conseguenti a stress lavorativo come ipertensione, ulcera, artrite, disturbi allergici, disturbi della sfera sessuale, tumori.
Art. 3 Prevenzione e informazione.
1. Al fine di prevenire i casi di molestie morali e di violenza psicologica i datori di lavoro, pubblici e privati, in collaborazione con le organizzazioni sindacali aziendali, ed i servizi competenti per la prevenzione e la protezione della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro delle aziende sanitarie locali (ASL), unitamente ai centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo di cui all’articolo 9, organizzano iniziative periodiche di informazione dei dipendenti anche al fine di individuare immediatamente eventuali sintomi o condizioni di discriminazioni, come individuati ai sensi dell’articolo 2.
2. In concorso con i centri di cui all’articolo 9 i servizi della ASL di cui al comma 1 organizzano annualmente corsi sul fenomeno del cosiddetto "mobbing" obbligatori e a carico del datore di lavoro per i dirigenti, i medici competenti, i responsabili della sicurezza aziendale, nonché per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
3. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi nelle aziende, previsto dall’articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, deve essere competente in materia di "mobbing", anche servendosi di appositi consulenti.
4. Devono essere previste in ogni azienda, all’interno dei processi informativi e formativi previsti dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, apposite riunioni aziendali periodiche, improntate alla trasparenza e alla correttezza nei rapporti aziendali e professionali, atte a fornire alle lavoratrici e ai lavoratori informazioni sugli aspetti organizzativi.
5. Deve essere fornita a tutti i lavoratori, prevedendo allo scopo due ore di assemblea annuali oltre a quelle previste dalla legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, un’adeguata informazione generale sull’attività dell’azienda e sui rapporti aziendali e professionali.
Art. 4 Obblighi del datore di lavoro.
1. Il datore di lavoro, qualora siano denunciati azioni o atti di cui all’articolo 2 da singoli lavoratori o da gruppi di lavoratori, o su segnalazione delle rappresentanze sindacali aziendali o del rappresentante alla sicurezza, nonché dal medico competente, ha l’obbligo di accertare tempestivamente i comportamenti denunciati.
2. Il datore di lavoro è tenuto a prendere adeguati provvedimenti per il superamento dei comportamenti denunziati ai sensi del comma 1, sentiti i lavoratori dell’area interessata, il medico competente nonché, se necessario, il servizio di prevenzione e protezione di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.
Art. 5 – Azioni di tutela giudiziaria.
1. Qualora siano posti in essere comportamenti definiti ai sensi dell’articolo 2, il tribunale territorialmente competente, in funzione di giudice del lavoro, su ricorso del lavoratore o, per sua delega, delle organizzazioni sindacali, nei cinque giorni successivi alla presentazione del ricorso, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritiene sussistente la violazione di cui al citato ricorso, ordina al responsabile del comportamento denunziato, con provvedimento motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo, ne dispone la rimozione degli effetti, stabilisce le modalità di esecuzione della decisione e determina in via equitativa la riparazione pecuniaria dovuta al lavoratore per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Contro tale decisione è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti, opposizione davanti al tribunale, che decide in composizione collegiale, con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.
2. Il risarcimento del danno dovuto al lavoratore dal responsabile di comportamenti definiti ai sensi dell’articolo 2 deve comprendere in ogni caso anche una somma a titolo di indennizzo del danno biologico da determinare in via equitativa.
3. Sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i ricorsi di cui al presente articolo riguardanti il personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
4. Restano valide le norme vigenti in materia di tutela di lavoro subordinato.
Art. 6 Pubblicità del provvedimento del giudice.
1. Su richiesta della parte interessata, il giudice può disporre che del provvedimento di condanna o di assoluzione sia data informazione ai dipendenti, mediante una lettera del datore di lavoro, omettendo il nome della persona oggetto di molestia morale e di violenza psicologica.
2. Se l’atto è commesso dal datore di lavoro o si evince una sua complicità, il giudice dispone la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a tiratura nazionale, omettendo il nome della persona oggetto di molestia morale e di violenza psicologica. Le eventuali spese sono a carico del condannato.
Art. 7 Responsabilità disciplinare.
1. Nei confronti di coloro che pongono in essere gli atti e i comportamenti previsti all’articolo 2 deve essere disposta, da parte del datore di lavoro o del superiore, una sanzione disciplinare stabilita in sede di contrattazione collettiva.
Art. 8 Nullità degli atti discriminatori.
1. Tutti gli atti discriminatori di cui all’articolo 2 o ad essi conseguenti sono dichiarati nulli.
Art. 9 Istituzione di centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo.
1. Ogni regione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, istituisce un centro regionale per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo, con un adeguato organico, diretto da uno psichiatra di ex II livello che abbia seguito appositi corsi di formazione. Il centro, anche ai fini contrattuali, ha carattere di struttura complessa ed è organizzato quale organismo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione e protezione di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. Esso svolge i seguenti compiti:
a) ricerca e prevenzione del fenomeno "mobbing";
b) informazione dei lavoratori;
c) formazione degli operatori dei servizi e delle strutture di prevenzione delle ASL;
d) formazione dei medici competenti, dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti;
e) monitoraggio dei casi di "mobbing".
2. Il centro di cui al comma 1 organizza una conferenza annuale per valutare i risultati del lavoro svolto e per individuare opportune iniziative finalizzate alla riduzione o all’eliminazione del fenomeno "mobbing".
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