Prospettive del ruolo di soccorritore alla luce della sentenza 300/2010 della corte costituzionale

Premessa

Il presente articolo ha, quale oggetto di studio, la figura del soccorritore in Italia e la sua regolamentazione.
Nello specifico prenderemo le mosse dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 300 del 18 ottobre 2010 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata n. 37 del 13 novembre 2009 “Norme in materia di riconoscimento della figura professionale di autista soccorritore”.
Alla luce di questo verdetto analizzeremo le diverse tecniche legislative utilizzate dalle regioni al fine di disciplinare compiutamente la materia, rilevandone buoni propositi e criticità.
Infine, quale conclusione dell’iter logico e discorsivo seguito, si proporranno delle soluzioni per colmare la grave lacuna legislativa relativamente alla definizione di un profilo univoco di soccorritore.

1. La sent. N. 300/2010 della Corte Costituzionale: considerazioni in fatto

Come in ogni sentenza, anche in quelle pronunciate dalla Corte Costituzionale vi è una struttura che potremmo definire “bipartita”.
Innanzitutto, come antecedente logico, viene fornito un resoconto della vicenda cosi come portata a conoscenza della Corte dalle allegazioni delle parti; vicenda sulla quale la stessa Corte dovrà esprimersi.
Nel caso in esame l’iter ha preso le mosse dal ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 gennaio 2010, patrocinato dall’Avvocatura dello Stato, con il quale si è sollevata questione di legittimità costituzionale dell’intera legge della Regione Basilicata 13 novembre 2009, n. 37 (Norme in materia di riconoscimento della figura professionale di autista soccorritore) per violazione dell’art. 117 comma 3 Cost. (comma disciplinante le materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni).
La Regione Basilicata, attraverso il summenzionato provvedimento legislativo, ha inteso disciplinare la figura dell’autista soccorritore quale operatore tecnico che, a seguito di specifica formazione professionale, provvede alle attività di conduzione dei mezzi di soccorso sanitario e loro manutenzione, conosce i presidi sanitari a bordo, può effettuare comunicazioni via radio e collabora nell’intervento di emergenza sanitaria sul territorio attuando procedure e norme di sicurezza (art. 1).
La formazione professionale dell’autista soccorritore è di competenza della Regione che disciplina, ex art. 2, organizzazione didattica, requisiti d’accesso, tirocini.
L’esito positivo del suesposto percorso formativo permette di acquisire la qualifica di autista soccorritore spendibile esclusivamente nell’ambito del territorio regionale (tanto alle dipendenze di enti pubblici che privati) come statuito all’art.3.
Nei successivi artt. 4 e 5 (allegati A e B) vengono specificate le attività dell’autista soccorritore che, in un contesto generale di collaborazione con gli altri operatori sanitari, sono articolate nella seguente tripartizione: “Conduzione del mezzo di soccorso”, “Supporto al personale responsabile della prestazione sanitaria e agli altri operatori dell’equipaggio, in interventi di urgenza-emergenza”, “Supporto gestionale, organizzativo e formativo”.
Descritta la legge regionale l’Avvocatura dello Stato afferma che, a suo parere, la stessa contrasti con l’Art. 117 comma 3 Cost. poiché questa, individuando una nuova professione sanitaria non prevista dalla legislazione statale, violi il principio più volte affermato dalla Corte Costituzionale secondo il quale l’individuazione delle figure professionali, per il suo carattere necessariamente unitario, spetti allo Stato; rientrando nella competenza regionale disciplinare gli aspetti che presentano un collegamento specifico con la realtà della singola Regione.
Numerosi, in tal senso, sono i riferimenti ad alcuni precedenti della stessa Consulta ( sentenze n. 93/2008, n. 300/2007, nn. 40, 153, 423, 424 del 2006, nn. 319 e 355 del 2005, n. 353/2003); nonché al decreto legislativo n. 30 del 2 febbraio 2006 (“Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131”) che all’art. 1 comma 3 sancisce come “La potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa statale”.

2. La sent. N. 300/2010 della Corte Costituzionale: considerazioni in diritto

La Corte, nel trattare la materia oggetto del ricorso in punta di diritto, ha innanzitutto dichiarato la questione di legittimità costituzionale della Legge della Regione Basilicata 37/2009, cosi come sollevata dal ricorrente e sopra esposta, ammissibile e fondata.
E’ la stessa Corte, nel valutare la fondatezza del ricorso, a ricordare il proprio principio giurisprudenziale secondo il quale è competenza dello Stato l’individuazione delle figure professionali; rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina collegata alle peculiarità locali.
Tale principio, configurandosi quale limite di ordine generale, risulta invalicabile dalla legge regionale che mai potrà dar vita a nuove figure professionali (sentenze nn. 153 e 424 del 2006, sentenza n. 57/2007).
La Corte si sofferma in particolare su alcuni aspetti. La Legge n. 37, nell’istituire la figura di autista soccorritore all’art. 1, ne disciplina il percorso di formazione e le modalità per ottenere il titolo abilitativo (art. 2). Tanto nella fase formativa, quanto in quella operativa, sono riconosciute all’autista soccorritore competenze e compiti riconducibili direttamente allo svolgimento di professioni sanitarie quali: la “capacità di riconoscere le principali alterazioni alle funzioni vitali attraverso la rilevazione di sintomi e di segni fisiologici”, “la conoscenza delle procedure da adottare in caso di TSO (trattamento sanitario obbligatorio)” (allegato B ed art. 5), il supporto al personale responsabile della prestazione sanitaria e agli altri operatori dell’equipaggio per la “liberalizzazione delle vie aeree, il mantenimento della temperatura corporea, il mantenimento delle funzioni vitali e la defibrillazione effettuata a mezzo DAE (defibrillatore semiautomatico esterno) o per “le procedure diagnostiche e la stabilizzazione del paziente sul luogo dell’evento” (allegato A ed art. 5).
Il profilo professionale che si viene a delineare contrasta con la previsione dell’art. 1 della legge 1 febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali) secondo il quale “sono professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2001, n. 251 […] i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione”.
La conclusione a cui giunge la Consulta, a seguito delle argomentazioni svolte, è la dichiarazione d’illegittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata 13 novembre 2009, n. 37 la quale, istituendo la figura di autista soccorritore e regolandone il percorso formativo diretto al conseguimento del relativo attestato di qualifica, nonché attribuendole compiti e funzioni riconducibili allo svolgimento di professioni sanitarie, non rispetta il limite imposto dall’art. 117 comma 3 Cost. ed il relativo principio dell’individuazione delle figure professionali e dei percorsi abilitanti a carico dello Stato visto il suo carattere necessariamente unitario (sentenza n. 179/2008).

3. Differenti modus operandi dei legislatori regionali

Il principio sancito dalla Consulta circa i profili professionali risulta essere espresso in toni chiari e perentori.
Rimanendo in un contesto di materia oggetto di legislazione concorrente ex art. 117 comma 3 Cost., e con l’obiettivo di delineare i confini della figura del soccorritore, può risultare assai interessante la lettura di alcune disposizioni normative regionali volte a disciplinarla.
In un contesto nel quale lo Stato è rimasto sino ad oggi inerte, le Regioni svolgono certamente un ruolo da protagoniste, seppur con evidenti limitazioni.
Ecco che l’analisi si sposta sulla stesura dell’atto normativo regionale al fine di valutarne le caratteristiche e, se presenti, le modalità per “aggirare gli ostacoli” posti tanto dalla mancanza di legislazione nazionale in materia (eccezion fatta per il d. P. R. 27 marzo 1992), quanto dalla giurisprudenza costituzionale citata.
Le modalità d’intervento possono essere distinte in due categorie, per ognuna delle  quali sarà utile prendere in esame delibere e progetti di legge esistenti.

3.1. Il caso Piemonte

La prima categoria include quei casi d’interventi di rango regionali volti a riconoscere la figura del soccorritore professionale e professionista, disciplinandone compiti, ruoli, percorso formativo e modalità per l’ottenimento del titolo abilitante.
Si tratta di una normativa regionale che, nel positivizzare il ruolo di soccorritore come già esistente ed operante nella realtà quotidiana dell’emergenza sanitaria, si mostra indifferente a possibili richiami di legittimità costituzionale. Utilizzando una terminologia niente affatto tecnica, potremmo definire queste norme come “sfacciate ed intraprendenti”.
Ovviamente rientra in questa categoria proprio la Legge della Regione Basilicata n. 37 del 2009 ed oggetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 300 del 2010.
Altro esempio risulta essere il progetto di legge regionale n. 50 del Piemonte datato 26 luglio 2010 volto al riconoscimento della figura del soccorritore professionale.
Il progetto citato prevede che il soccorritore, dopo aver frequentato e superato positivamente un corso di base ed un più approfondito corso professionale della durata di 500 ore, acquisisca una qualifica professionale abilitante a svolgere attività di: collaborazione nell’intervento del soccorso sanitario in tutte le fasi del suo svolgimento con particolare riguardo alla messa in sicurezza del luogo dell’evento, conduzione dei mezzi di soccorso sanitario provvisti di segnalatori di allarme acustico e luminosi a luci lampeggianti blu, nonché salvaguardia della sicurezza degli occupanti dei mezzi medesimi, manutenzione dell’efficienza e della sicurezza del veicolo di soccorso affidatogli (art.1).
Tale riconoscimento, frutto di un approfondito iter d’apprendimento, garantisce al soccorritore di poter svolgere tutta una serie di attività proprie del soccorso extra-ospedaliero: dalla collaborazione con altri mezzi complementari di soccorso, alla effettuazione di manovre di mobilizzazione, allo svolgimento di funzioni di capo equipaggio; con le necessarie competenze tecniche, cognitive e relazionali (art. 4 ; allegati A – B).
Tanto nell’esempio lucano, quanto in quello piemontese, possiamo riscontrare degli elementi in comune: un percorso formativo complesso ed approfondito, l’acquisizione di competenze e conoscenze proprie del settore sanitario al fine di poter collaborare fattivamente negli interventi di soccorso con il personale medico ed infermieristico, l’acquisizione di un titolo spendibile a livello regionale e fortemente professionalizzante tanto da rendere il soccorritore una figura autonoma e portatrice di un proprio bagaglio operativo.
Questa impostazione, seppur apprezzabile, porta in dote quei vizi sostanziali individuati dal Giudice costituzionale nella sentenza 300/2010 quali la creazione di una nuova figura professionale e la disciplina di corsi professionali contrastanti con la Legge n. 43/2006, poiché aventi ad oggetto nozioni e competenze afferenti alle professioni sanitarie.
A parere di chi scrive anche il provvedimento della Regione Piemonte, se mai dovesse giungere alla conclusione del proprio iter legislativo, rischierebbe una fine ingloriosa in caso di ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri presso la Corte Costituzionale, seguendo un percorso del tutto identico a quello della Legge n. 37/2009 della Regione Basilicata.

3.2. Il caso Lombardia  

Diversa è l’impostazione utilizzata, invece, in una seconda categoria di norme regionali la cui precorritrice è senza dubbio la Regione Lombardia.
Nelle molteplici delibere regionali in materia, di cui l’ultima in ordine di tempo è la IX/1964 del 6 luglio 2011, si può notare una tecnica di redazione normativa sopraffina: senza mai parlare apertamente di soccorritore professionale o professionista, di fatto persegue indirettamente tale obiettivo, rischiando di cadere nelle medesime censure rivolte alle norme sopra analizzate.
Approfondendo, si può notare come nella delibera citata la giunta regionale parli di soccorritori ed autisti senza mai far seguire tali termini da aggettivazioni ”professionalizzanti”. Questa non è, però, una panacea per tutti i mail. Prendendo in esame il punto in cui si indica la composizione dell’equipaggio di un singolo MSB (mezzo di soccorso base) si fa riferimento a “soccorritori non sanitari” ma al contempo “certificati”.
Sulla terminologia utilizzata sorgono, allora, numerose perplessità. Difatti, pur non volendo espressamente creare una nuova figura professionale, nella delibera in esame (cosi come in quelle che l’hanno preceduta nell’ultimo decennio) si istituisce un percorso formativo, con appositi organi preposti, che in poco o nulla differiscono da quelli disciplinati nella Legge della Regione Basilicata e tacciati d’incostituzionalità.
Nei corsi della durata di 120 ore vengono somministrate agli allievi soccorritori nozioni di fisiologia, rianimazione cardiopolmonare, mobilizzazione e trauma, defibrillazione precoce attraverso DAE semiautomatici, trattamento e relazione con il paziente psichiatrico, aspetti medico-legali del soccorso e trattamento sanitario obbligatorio (TSO). In definitiva, riprendendo le parole utilizzate dalla Consulta nella sentenza n. 300/2010, nozioni che forniscono al personale laico soccorritore (altro bizantinismo utilizzato in precedenti delibere della Regione Lombardia) capacità e competenze proprie del personale sanitario cosi come statuito dalla Legge n. 43 del 2006.
Se la forma utilizzata pare ad una prima occhiata corretta e rispettosa del dettato costituzionale, andando più a fondo si sollevano incongruenze e perplessità.
Lo “slalom” linguistico utilizzato dalla Giunta lombarda è comprensibile per il fine che intende raggiungere, tra paletti normativi e giurisprudenziali; ma troppi sembrano i possibili punti di debolezza capaci di far crollare la struttura organizzativa dell’emergenza sanitaria fondata sull’ambigua figura del soccorritore certificato.

4. Riflessioni conclusive

La sentenza della Corte Costituzionale n. 300 del 2010 è divenuta un fondamentale punto di partenza, nonché passaggio obbligato, per analizzare lo stato dell’arte del soccorso extraospedaliero in Italia.
Alcuni dati possono chiarire le dimensioni della struttura contraddistinta dal numero unico nazionale 118.1
Le centrali operative 118 dislocate lungo il territorio nazionale superano il centinaio. Queste, nel solo anno di rilevamento 2005, hanno ricevuto l’impressionante numero di 13841182 chiamate, delle quali ben più di 8000000 effettive telefonate di soccorso.
In riferimento all’ultimo dato indicato, le chiamate si sono trasformate in interventi con invio di un mezzo di soccorso per la quasi metà dei casi, con un numero di accessi al pronto soccorso pari a 2680646.
Il numero di soccorritori impegnati non viene stimato nella ricerca del Ministero della Sanità, ma è facilmente ipotizzabile una quantificazione in diverse decine di migliaia.
Si può allora affermare, alla luce dei dati sopra osservati e senza timore d’esser smentito, che uno dei nervi scoperti nell’attuale organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale sia la mancanza di una normazione univoca capace di definire ruolo e status del personale addetto al soccorso primario.
Le valutazioni espresse dalla Consulta sono ineccepibili. E’ competenza dello Stato centrale definire i profili di nuove figure professionali, stante la necessità di garantire uniformità su tutto il territorio nazionale. Alle regioni viene riservato uno spazio minimo nel quale poter agire, disciplinando gli aspetti prossimi alle specifiche esigenze e realtà locali.
Un principio di tale portata non può essere derogato nella definizione della figura dell’autista soccorritore e, più in generale, di soccorritore professionale. L’esigenza avvertita da più parti di professionalizzare tale ruolo non può essere appannaggio di alcune regioni a discapito di altre. Le conseguenze negative, d’altronde, oltre che di natura “morale”, sarebbero primariamente di natura costituzionale. A parere di chi scrive, difatti, una normazione a “macchia di leopardo” sul tema comporterebbe una esplicita negazione dei diritti all’eguaglianza, alla libertà personale ed alla salute cosi come riconosciuti e garantiti dalla nostra Carta.
D’altro canto il silenzio dello Stato in materia è assordante. La mancanza di una normazione dedicata alla figura del soccorritore rappresenta un vulnus grave e preoccupante, soprattutto alla luce del ruolo svolto da chi si trova quotidianamente in prima linea nell’assistere la cittadinanza.
Un’occasione mancata, in tal senso, è stata la legge 43 del 2006 citata dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 300/2010. Con quella legge il legislatore ha disciplinato ruoli e percorsi formativi attinenti a diverse figure professionali sanitarie, escludendo quella del soccorritore. Le ragioni di tale mancanza possono essere molteplici: scarsa conoscenza dell’argomento, lievitazione dei costi della sanità da evitare, qualche interesse politico da conservare.2  Certo è che si sarebbe trattato di un passaggio epocale per tutto il settore, con un riconoscimento di professionalità propedeutico ad un innalzamento di standards e ad un incremento di strumenti messi a disposizione per la salute pubblica.
Se il legislatore nazionale continua a far orecchie da mercante, seppur stimolato da istanze provenienti da numerose associazioni di categoria, la via da seguirà dovrà essere un’altra.
Nel mezzo dei due poli analizzati, normazione statale e normazione regionale, potrebbe trovare spazio una normazione di rango secondario (leggasi regolamenti o decreti ministeriali) capace di intervenire in maniera generale ed astratta li dove questo non è mai stato fatto.
Ancor più nello specifico si può immaginare un regolamento ministeriale frutto di incontri, approfondimenti e discussioni tra il Ministero della Sanità e le Regioni (con un ruolo attivo e di primo piano rivestito dalla Conferenza Stato-Regioni).
In tal modo, attraverso un provvedimento amministrativo di qualità, si potrebbe segnare un primo passo fondamentale verso il riconoscimento della figura del soccorritore professionista.
In un periodo storico contraddistinto da tagli finanziari e risparmio spinto alle più estreme conseguenze, quello che si otterrebbe, senza eccessivi oneri di spesa, è una definizione univoca di soccorritore che favorirebbe la creazione di un unico linguaggio e di un unico contesto a livello nazionale; superando i localismi più disparati ed aiutando concretamente a far crescere in Italia una cultura del soccorso di urgenza ed emergenza, ad oggi relegato quale fatto di cronaca o di mera fiction televisiva.

Telesca Emanuele

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