Provvedimenti in materia edilizia

Il presente contributo è un approfondimento sui vari provvedimenti in materia edilizia.

Volume consigliato: La legge 241/90 – Commentata con la giurisprudenza

Indice

1. SCIA edilizia

Il testo unico sull’edilizia [1] del 2001 riordinò l’intera materia.
Con il termine “edilizia” è tradizionalmente indicato il complesso delle attività che consistono nella realizzazione, modifica, ristrutturazione, recupero, manutenzione o demolizione di edifici o altri manufatti.
Gli articoli 10 e 22 del Testo Unico Edilizia prevedevano la possibilità di incidere sull’applicabilità dei titoli edilizi da parte delle regioni individuando altri interventi sottoposti a permesso di costruire.
In un primo momento, quando venne introdotta la DIA edilizia, si pensava che fosse ampiamente differente dal modello previsto all’articolo 19 della Legge 241/90.
Con la riforma del 2005 la distanza tra la DIA ordinaria e quella edilizia diminuì, infatti, era stata soppressa l’inapplicabilità della DIA alle concessioni edilizie.
Una prima differenza, che poteva essere riscontrata, era in relazione ai poteri inibitori perché, se in quella edilizia i poteri potevano intervenire soltanto all’inizio, nel meccanismo deviato dall’articolo 19 l. 241/90, i poteri inibitori potevano consistere anche in un divieto di proseguire l’attività iniziata.
Con l’entrata in vigore della SCIA si aprì un dibattito relativo all’applicabilità della SCIA in ambito edilizio; la questione sorgeva dal fatto che ci fossero sia argomenti a favore sia a sfavore dell’applicabilità della stessa.
La Legge 122 del 2010 [2] non faceva riferimento all’edilizia e non andava a modificare il T.U. edilizia [3].
Inizialmente era anche difficile da capire che si sarebbe potuto applicare all’ordinamento edilizio la possibilità di avviare e quindi segnalare l’attività e i lavori alla Pubblica Amministrazione immediatamente.
Se si fosse esclusa l’applicabilità della SCIA all’edilizia si sarebbe andato a creare un vuoto normativo, poiché non esisteva più una disciplina generale della DIA nell’articolo 19 l. 241/90 con la conseguenza che non ci si poteva più riferire al suddetto articolo per tutte le questioni che il testo unico non disponeva [4].
Le argomentazioni a favore dell’applicabilità della SCIA in ambito partono invece, dall’articolo 49 comma 4-ter che esplicava l’effetto sostitutivo della SCIA e di conseguenza l’operatività anche nel Testo Unico sull’edilizia che prevedeva la DIA edilizia.
L’articolo 49 primo comma regola, tutt’ora, la necessità di corredare la SCIA non solo con certificazioni e attestazioni, ma anche alle asseverazioni di tecnici abilitati in cui si fa riferimento all’articolo 23 del Testo Unico [5].
Inoltre, l’articolo 49 al comma quattro ter regola che la disciplina della SCIA costituisca un livello essenziale delle prestazioni in relazione ai diritti civili e sociali, pertanto, si vuole assicurare la massima portata applicativa ampliandola anche a quella edilizia.
Oltre all’argomento letterale vi è l’intenzione del legislatore in quanto se egli avesse voluto escludere la DIA edilizia nell’ambito delle applicazioni della SCIA lo avrebbe detto espressamente così come ha fatto in altri casi [6]. Sotto il profilo sistematico, l’art. 49 comma 4 ter [7]sottolinea come si voglia dare alla SCIA la massima portata applicativa, ampliandola quindi, anche all’edilizia [8].

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2. L’istituto della CILA

Il Testo Unico Edilizia regolato dal D.P.R. del 6 giugno 2001 numero 380 disciplina in maniera particolare nel titolo II i titoli abitativi; l’ambito di applicazione del suddetto Testo Unico riguarda la disciplina dell’attività edilizia contenendo i principi fondamentali e generali [9].
In particolare, è doveroso soffermarsi nel titolo II rubricato “titoli abitativi” e in particolare nel capo primo delle disposizioni generali in cui si regola l’attività edilizia libera e all’articolo 6 bis rubricato “gli interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata” la cosiddetta CILA. Tale istituto è stato introdotto dall’articolo 3 del decreto legislativo 222 del 2016 [10], ha carattere residuale [11] tant’è che al comma primo va a menzionare gli interventi non riconducibili negli elenchi di cui agli articoli 6, 10 e 22.
Nel comma secondo invece si rinviene il ruolo del tecnico nell’asseveramento in cui prevede che l’interessato trasmetta all’amministrazione l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata ad un tecnico abilitato che attesterà sotto la propria responsabilità che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici.
È importante sottolineare come la comunicazione deve contenere inoltre i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei lavori.
Inoltre, l’articolo 6 bis si sofferma sui poteri delle regioni a statuto ordinario [12]; infatti, nel comma 4 si estende la disciplina della CILA eventualmente anche a ulteriori interventi edilizi rispetto a quelli già previsti e lascia libere le modalità di effettuazione dei controlli anche a campione da parte delle regioni.
L’articolo 117 della Costituzione prevede che, in merito alla materia del governo del territorio, in cui rientrano anche i profili edilizi, ci sia legislazione concorrente nella quale “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.
Tant’è che, come si è visto il Testo Unico edilizio, fa ripetutamente richiamo al potere legislativo regionale.
La precedente disciplina dell’articolo 6 del TUE circoscriveva l’utilizzo della CILA esclusivamente agli interventi di manutenzione straordinaria e alle modifiche interne di carattere edilizio su fabbricati ad uso produttivo, che però non dovevano riguardare le parti strutturali degli edifici [13], invece ad oggi risulta più ampia.
Se ci si sofferma sull’articolo 22 TUE è possibile leggere che sono sottoposti a CILA non solo gli interventi di restauro e risanamento, ma anche gli interventi di manutenzione straordinaria cosiddetta “leggera” [14].
In tema CILA anche la giurisprudenza più recente [15] ha definito la stessa come uno strumento di liberalizzazione delle attività edilizie private che sono sottratte al regime di preventivo assenso dell’amministrazione e presenta comunque carattere di residualità riguardando gli interventi che non sono disciplinati da altre norme.
Si tratta quindi di un atto del privato che produce effetti ex lege abilitativi mediante la dichiarazione attestante la sussistenza dei presupposti normativamente stabiliti.
Infine, si potrebbe quindi fare un breve confronto tra SCIA e CILA.
Entrambi gli istituti non sono qualificati alla stregua di provvedimenti amministrativi.
Nello specifico, la CILA non risulta essere sottoposta neppure ad un controllo sistematico, come invece avviene in materia di SCIA, ai sensi dell’articolo 19 della L. 241/90.
Ciò in quanto la CILA è una mera comunicazione diretta a consentire la conoscenza all’amministrazione interessata la portata del dell’opera, perché al fine di verificare l’impatto sul territorio dei lavori, come è stato ritenuto da costante giurisprudenza.
Tuttavia, occorre osservare che il legislatore con l’introduzione dell’articolo 6 bis del Testo Unico non ha effettivamente previsto in maniera espressa il controllo sistematico di cui all’articolo 19 anche con riguardo alla CILA [16].
Quindi per concludere, in tema edilizio le fattispecie di semplificazione come la SCIA e la CILA, non hanno caratteristiche provvedimentali e di conseguenza ci si è posti il problema su come la Pubblica Amministrazione possa adottare il potere di autotutela nei suddetti istituti.

3. Problematiche sull’applicazione dell’autotutela in ambito edilizio: dottrina e giurisprudenza

La SCIA edilizia e la CILA non sono dei provvedimenti amministrativi [17] e che al tempo stesso, tutti sono concordi nell’applicare il potere dell’annullamento d’ufficio solo ai provvedimenti.
Fermo restando quanto detto, è importante sottolineare che manca l’esplicito riferimento per cui la SCIA sarebbe un istituto inoppugnabile e pertanto la tutela dei terzi avverso tale segnalazione sarebbe soltanto quella di sollecitare l’amministrazione ad effettuare verifiche e controlli.
Pertanto, la questione è se effettivamente l’istituto della SCIA e della CILA possono essere soggette all’annullamento in autotutela.
In relazione a ciò è possibile richiamare l’articolo 21 nonies nell’articolo 19, ma solo nella parte dedicata ai presupposti di legittimità dell’annullamento d’ufficio e non quella dedicata ai relativi effetti [18].
L’articolo 19 prevede al terzo comma che l’amministrazione competente, nel caso in cui accertasse la carenza di requisiti, nel termine di 60 giorni (o di 30 nel caso di SCIA edilizia) dal ricevimento della segnalazione adotti motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione della attività.
È pur vero che il termine dei 18 mesi sancito nell’articolo 21 nonies L. 241/90 circoscrive temporalmente il lasso di tempo entro cui l’amministrazione può agire in autotutela [19], ma non si hanno termini espliciti e specifici per i titoli edilizi.
Per quanto riguarda invece i problemi del fondamento e dei limiti in relazione all’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio illegittimo, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le pronunce numero 8 e 9 del 17 ottobre 2017 li affrontava con importanti riflessi sistematici [20].
Con la pronuncia numero 8 l’Adunanza Plenaria si è espressa circa la materia dell’annullamento d’ufficio del titolo edilizio illegittimo, in quanto vi erano due orientamenti giurisprudenziali differenti che si erano andati a creare proprio in merito.
Il primo orientamento sosteneva che l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio illegittimo era in re ipsa, corrispondente all’interesse pubblico concreto e di conseguenza al ripristino della legalità violata, in tale ottica l’amministrazione deve svolgere una ponderazione di interessi in gioco [21].
In relazione alla motivazione dell’annullamento d’ufficio, quest’ultima, verrebbe meno, in quanto non sarebbe necessaria visto la presenza di un titolo contra ius.
Buona parte della giurisprudenza sosteneva infatti che, essendo l’interesse pubblico in re ipsa, la motivazione non sarebbe dovuta in quanto l’interesse del singolo sarebbe venuto meno [22].
Un altro orientamento, invece, è più attento alle ragioni del privato soffermandosi sulla valenza giuridica dell’annullamento d’ufficio, in relazione all’art. 21 nonies, l. 241/90, in cui si presuppone non solo l’atto da annullare ma anche l’interesse dei destinatari che si vedono annullare l’atto, quindi codesto orientamento tutela maggiormente il cittadino (che si presuma abbia iniziato i lavori sulla base del titolo edilizio illegittimo) [23].
L’Adunanza Plenaria ha sostenuto che non può valere l’illegittimità del provvedimento in re ipsa [24].
Tale posizione appare favorevole all’orientamento più garantista per il privato, in primo luogo per responsabilizzare l’amministrazione; in secondo luogo, l’abrogazione dell’art. 1 c. 136 L. 311/2004 [25] comporterebbe l’espunzione in via ermeneutica di due presupposti riportati esplicitamente sull’articolo dell’annullamento in autotutela.
Proprio per questo motivo, continua il Consiglio di Stato, l’annullamento d’ufficio deve essere motivato.
Sul decorso del termine in relazione all’ordine di demolizione derivante dal titolo illegittimo è stato doveroso l’intervento nomofilattico dell’Adunanza Plenaria che con la sentenza numero 9 del 2017 si è pronunciata.
In tal caso vi erano due orientamenti che sono stati rimessi al Consiglio di Stato: nel primo orientamento il privato possessore del titolo edilizio abusivo non può avere un legittimo affidamento al mantenimento dello status de quo e tale affidamento non sorge per l’effetto del decorso del termine, in quanto, l’inerzia prolungata dell’amministrazione, non gliene da diritto poiché il privato stesso è a conoscenza del titolo illegittimo con cui stato operando [26].
Altra parte della giurisprudenza ritiene invece che se decorre un lungo lasso di tempo dall’ottenimento del titolo a quando questo dovrebbe essere annullato, sorge in capo al privato un affidamento [27] nei confronti della Pubblica Amministrazione [28].
L’Adunanza Plenaria spiega come il provvedimento di demolizione di un manufatto edificato con un titolo edilizio illegittimo e la mera inerzia da parte dell’amministrazione in merito all’esercizio di un potere- dovere non è idonea a far divenire legittimo quel determinato provvedimento che è illegittimo dall’origine.
Infatti, il decorso del tempo e l’inerzia l’amministrazione non può essere correlata alla sostanziale perdita del potere di contrastare il grave fenomeno dell’abusivismo edilizio [29].
Sempre in relazione all’annullamento dei titoli edilizi illegittimi, vi è pure l’ulteriore questione sulla loro stabilità [30], in quanto in capo alle regioni vi è la facoltà di demolire entro dieci anni l’opera attuata dal privato. Proprio questa situazione costituisce un elemento di debolezza del titolo edilizio [31], infatti necessiterebbe di una maggiore chiarezza da parte del legislatore proprio su tale fronte.

Note

  1. [1]

    D.P.R. n. 380 del 2001.

  2. [2]

    Decreto-legge 31 maggio 2010 n.78, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 luglio 2010, n.122 ha introdotto la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) che sostituisce integralmente la disciplina della Dichiarazione di Inizio Attività (DIA)

  3. [3]

    F. ALBANESE, La SCIA non sostituisce la DIA regolata dal D.P.R. 380 del 2001, in Lexambiente.it, 2010.

  4. [4]

    Le prime delucidazioni in merito giungono da una nota esplicativa scritta dall’Ufficio legislativo del Ministero per la Semplificazione Normativa, in risposta ala richiesta di chiarimenti inoltrata dall’Assessore Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia, secondo il quale la SCIA sostituirà anche la DIA edilizia. Con nota 16 settembre 2010, l’Ufficio legislativo argomenta in alcuni punti l’applicabilità della disciplina della SCIA alla materia edilizia.

  5. [5]

    Art. 23 comma 1 ter T.U. Edilizia: “La denuncia, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la denuncia si considera presentata al momento della ricezione da parte dell’amministrazione.”

  6. [6]

    L’articolo 49, comma 5 del Decreto-legge 31 maggio 2010 n.78 dispone quanto segue: “Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, puo’ riguardare anche gli atti di assenso formati in virtu’ delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.”

  7. [7]

    L’art. 49 comma 4-ter disciplina, tra l’altro, che: “costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m” dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione”.

  8. [8]

    Ad incidere sul tema in modo definitivo è il c.d. decreto sviluppo che all’articolo 5 prevede l’estensione della SCIA agli interventi edilizi. Viene aggiunto il comma 6-bis all’articolo 19 della legge 241 del 1990, il quale prevede che nei casi di SCIA in materia edilizia, il termine di sessanta giorni è ridotto a trenta giorni. Ancora, l’articolo 5 chiarisce che le disposizioni dell’articolo 19 si interpretano nel senso che le stesse si applicano alle denunce di inizio attività in materia edilizia disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con esclusione dei casi in cui le denunce stesse, in base alla normativa statale o regionale, siano alternative o sostitutive del permesso di costruire.

  9. [9]

    Art. 1 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia disciplina quanto segue: “1. Il presente testo unico contiene i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia. 2. Restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, (ora d.lgs. n. 42 del 2004 – n.d.r.) la normativa di tutela dell’assetto idrogeologico, e le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia. (comma modificato dall’art. 54, comma 1, legge n. 221 del 2015). 3. Sono fatte salve altresì le disposizioni di cui agli articoli 24 e 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed alle relative norme di attuazione, in materia di realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e riconversione di impianti produttivi.”

  10. [10]

    “Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124.”

  11. [11]

    Cons. Stato, Sez. VI, 8 maggio 2018, n. 2743, sostiene che la norma ha disciplinato, in modo flessibile, un tertium genus di opere: quelle non del tutto libere, in quanto non ricomprese nell’elencazione tassativa prevista dall’art. 6; quelle non subordinata a permesso di costruire o s.c.i.a. Nello stesso senso, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 24 maggio 2018, n. 5757.

  12. [12]

    Si veda art. 117 Cost. in merito alla suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni.

  13. [13]

    T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. III, 18 settembre 2018, n. 1189.

  14. [14]

    T.A.R. Umbria, Perugia, Sez. I, 28 novembre 2018 n. 629.

  15. [15]

    T.A.R. Liguria, Sez. I, Sent. 450/2023.

  16. [16]

    S. TUCCILLO, Le liberalizzazioni possibili nel settore edilizio e il ruolo dell’amministrazione, in F. LIGUORI, C. ACOCELLA (a cura di), Liberalizzazioni, Napoli, 2015, p. 144.

  17. [17]

    Ad. Plen. 15/2011, Art. 19 comma 6 ter l. 241/90.

  18. [18]

    M. MACCHIA, Sui poteri di autotutela una riforma in senso giustiziale, in Giorn. Dir. Amm., 2015, p.621 ss.

  19. [19]

    L’unica incertezza della norma è riconosciuta dalla facoltà per l’amministrazione di annullare il provvedimento decorso il termine di 18 mesi nei casi disciplinati ai sensi dell’articolo 21 nonies comma 2 bis: “I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”.

  20. [20]

    M. TRIMARCHI, Il contrasto all’abusivismo edilizio tra annullamento d’ufficio e ordine di demolizione, in Giorn. Dir. Amm., 2018.

  21. [21]

    Si ricorda che il rilascio del titolo edilizio illegittimo determinerebbe la sussistenza di una permanente situazione contra ius.

  22. [22]

    Cons. Stato, Sez. IV, 27 agosto 2012, n. 4619; Sez. V, 8 novembre 2012, n. 5691.

  23. [23]

    Cons. Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 351; Sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 915.

  24. [24]

    Ad. Plen. n. 8/2017, par. 9. Di conseguenza, “grava in via di principio sull’amministrazione […] l’onere di motivare puntualmente in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione dell’atto, tenendo altresì conto dell’interesse del destinatario al mantenimento dei relativi effetti”

  25. [25]

    Direttiva in materia di annullamento d’ufficio di provvedimenti illegittimi, ai sensi dell’articolo 1, comma 136, della legge 30.12.2004, n. 311 e dell’articolo 21-nonies della legge 7.8.1990, n. 241, come introdotto dalla legge 11.2.2005, n. 15 in cui si prevedeva che l’amministrazione poteva annullare d’ufficio qualunque provvedimento, anche se fosse ancora in corso.

  26. [26]

    Cons. Stato, Sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5943; Sez. VI, 15 gennaio 2015, n. 13; Sez. VI, 23 ottobre 2015, n. 4880; Sez. VI, 10 maggio 2016, n. 1774; Sez. IV, 28 febbraio 2017, n. 908; Sez. VI, 8 aprile 2016, n. 1393; Sez. VI., 5 gennaio 2015, n. 13; Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3568; Sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2228; Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3568; Sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2228; Sez. V, 23 dicembre 2013, n. 6197; Sez. IV, 10 giugno 2013, n. 3182; Sez. V, 23 dicembre 2013, n. 6197; Sez. IV, 26 novembre 2013, n. 5615; Sez. VI, 28 gennaio 2013, n. 496; Sez. VI, n. 6072/2012; Sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2592; Sez. VI, 5 aprile 2012, n. 2038; Sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2592; Sez. V, 27 aprile 2011, n. 2497; Sez. VI, 11 maggio 2011, n. 2781; Sez. I, 30 giugno 2011, n. 4160; Sez. IV, 31 agosto 2010, n. 3955; Cass. Pen., Sez. III, 24 ottobre 2008, n. 45070; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 7 novembre 2016, n. 5096; Sez. III, 27 agosto 2016, n. 4109; Sez. VI, 13 aprile 2016, n. 1778; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 23 febbraio 2015, n. 3117; Sez. I, 3 settembre 2014, n. 9354;

  27. [27]

    F. MERUSI, L’affidamento del cittadino, Milano, 1970, p. 104 ss.; F. TRIMARCHI BANFI, L’annullamento d’ufficio e l’affidamento del cittadino, in Dir. amm., 2005, p. 844 ss.

  28. [28]

    Cons. Stato, Sez. IV, n. 1016/2014; Sez. V, n. 3847/2013.

  29. [29]

    Ad. Plen. n. 9/2017, par. 4.1.

  30. [30]

    Art. 309 T. U. Edilizia: “1. Entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione, possono essere annullati dalla regione.
    2. Il provvedimento di annullamento è emesso entro diciotto mesi dall’accertamento delle violazioni di cui al comma 1, ed è preceduto dalla contestazione delle violazioni stesse al titolare del permesso, al proprietario della costruzione, al progettista, e al comune, con l’invito a presentare controdeduzioni entro un termine all’uopo prefissato.
    3. In pendenza delle procedure di annullamento la regione può ordinare la sospensione dei lavori, con provvedimento da notificare a mezzo di ufficiale giudiziario, nelle forme e con le modalità previste dal Codice di procedura civile, ai soggetti di cui al comma 2 e da comunicare al comune. L’ordine di sospensione cessa di avere efficacia se, entro sei mesi dalla sua notificazione, non sia stato emesso il decreto di annullamento di cui al comma 1.
    4. Entro sei mesi dalla data di adozione del provvedimento di annullamento, va adottato il provvedimento di demolizione delle opere eseguite in base al titolo annullato.
    5. I provvedimenti di sospensione dei lavori e di annullamento vengono resi noti al pubblico mediante l’affissione nell’albo pretorio del comune dei dati relativi agli immobili e alle opere realizzate.
    5-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01, non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della scadenza del termine di 30 giorni dalla presentazione della segnalazione certificata di inizio attività.”

  31. [31]

    M. A. SANDULLI, in Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc.3, 1° GIUGNO 2022, pag. 171.

Volume consigliato

Questa nuova edizione è stata elaborata al fine di dare evidenza degli effetti giurisprudenziali maturati sull’assetto complessivo della legge n. 241/1990 a distanza di due anni dall’entrata in vigore del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77 (c.d. Decreto Semplificazioni-bis), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, recante “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.

Federica Masini

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