È legittimo pubblicare in un articolo giornalistico il contenuto del decreto di perquisizione e delle intercettazioni se l’interessato è un noto imprenditore con ambizioni politiche. Per un valido supporto per professionisti in materia di intercettazioni consigliamo: La nuova disciplina delle intercettazioni dopo la riforma Nordio
1. I fatti
Un reclamante lamentava al Garante per la protezione dei dati personali che una testata giornalistica on line aveva violato la normativa in materia di privacy, in quanto aveva pubblicato numerosi articoli di giornale riportando la notizia di una vicenda giudiziaria che lo aveva visto coinvolto.
In particolare, il reclamante aveva ricevuto un decreto di perquisizione personale e locale nell’ambito di una indagine preliminare volta ad appurare fenomeni di corruzione e di appalti pubblici truccati in un Comune. A seguito della ricezione di detto decreto, la testata giornalistica on line aveva divulgato la notizia, riportando l’oggetto delle indagini (cioè appalti, corruzione ecc.) e il fatto che vi erano dei pubblici ufficiali coinvolti. Negli articoli successivi aveva poi divulgato il contenuto integrale del decreto di perquisizione e i nominativi dei soggetti coinvolti nell’indagine nonché i fatti indicati nei capi di accusa. Successivamente, nonostante le indagini fossero ancora in corso e non fosse stato adottato nessun nuovo provvedimento nei confronti del reclamante, il giornale aveva continuato a pubblicare articoli sulla vicenda, riportando anche il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche effettuate durante l’inchiesta, selezionando alcuni stralci in modo da far credere che vi erano altri ipotesi accusatorie in realtà non previste nelle indagini. In particolare, secondo il reclamante, il giornale aveva così ricostruito la vicenda, associando il nome del reclamante a altri soggetti e fatti, in modo da far pensare che egli avrebbe esercitato pressioni su pubblici ufficiali (mentre nelle indagini non vi era alcuna ipotesi di estorsione o altre fattispecie similari). Infine, il reclamante concludeva che il giornale aveva pubblicato ben 12 articoli che contenevano il suo nominativo, senza che egli avesse prestato il proprio consenso alla diffusione e senza che vi fosse il necessario requisito dell’essenzialità dell’informazione rispetto a fatti di interesse pubblico.
Il Garante invitava la società editrice a fornire le proprie difese in ordine a quanto rappresentato nel reclamo e quest’ultima sosteneva, in primo luogo, che tutti gli articoli pubblicati riportavano fatti e atti di una importante indagine condotta dalla Procura della Repubblica, che aveva dato luogo al decreto di perquisizione nei confronti del reclamante (nonché degli altri soggetti coinvolti nella vicenda).
In secondo luogo, il giornale evidenziava che nel raccontare la suddetta notizia, il giornalista – oltre a non aver aggiunto alcun proprio personale commento – aveva riservato la stessa attenzione a tutti gli indagati.
In terzo luogo, la testata giornalistica precisava che il reclamante non era un soggetto comune, ma uno dei più importanti imprenditori del comune, il quale aveva delle ambizioni politiche di diventare Sindaco del comune (come in effetti dimostrava la stessa testata giornalistica, nel corso dell’istruttoria, provando che egli aveva concorso alle ultime elezioni comunali quale candidato sindaco per una delle liste elettorali che si erano presentate alle elezioni).
Infine, il giornale faceva presente di aver anche dato spazio alla versione dei fatti del reclamante medesimo, avendo pubblicato anche un articolo nel quale era contenuta l’intervista del reclamante.
In ragione di tutto quanto sopra, quindi, il giornale riteneva di aver legittimamente esercitato il diritto di cronaca nel pubblicare articoli su una notizia particolarmente rilevante dal punto di vista politico-giudiziario ed aveva coinvolto numerosi politici, amministratori locali, professionisti e imprenditori.
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2. Le valutazioni del Garante
Preliminarmente il Garante ha precisato che il giornalista può diffondere dati personali anche senza il consenso dell’interessato se rispetta i limiti posti al diritto di cronaca. In particolare, deve essere rispettato il requisito dell’essenzialità dell’informazioni: secondo cui l’informazione deve essere essenziale riguardo a fatti di interesse pubblico.
Il mancato rispetto di detta regola determina l’illiceità del trattamento dati.
Il requisito dell’essenzialità dell’informazione si applica anche con riferimento alle cronache relative ai procedimenti penali e pertanto il Garante ha più volte ritenuto che la pubblicazione dei dati identificativi delle persone a carico delle quali il procedimento è instaurato non è preclusa dall’ordinamento vigente e va inquadrata nell’ambito delle garanzie volte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull’attività di giustizia.
Nel caso esaminato dal Garante, gli articoli di giornale riportavano una notizia di interesse pubblico, in cui veniva dato conto dell’importante indagine giudiziaria e del coinvolgimento del reclamante (anche in considerazione del suo ruolo di imprenditore e di esponente di una corrente politica che mirava a governare la città), mediante il solo richiamo al contenuto del decreto.
Inoltre, dall’istruttoria è emerso che il reclamante avesse ricevuto la notifica del decreto di perquisizione un giorno prima rispetto alla pubblicazione del primo articolo sul giornale. Pertanto, egli era venuto a conoscenza del proprio coinvolgimento nell’indagine penale prima della diffusione della notizia da parte del giornale.
3. La decisione del Garante
In considerazione di tutto quanto sopra, quindi, il Garante ha ritenuto che la diffusione degli articoli pubblicati dalla testata giornalistica on line, compresi gli estratti delle intercettazioni telefoniche ivi riportati, non abbia violato le disposizioni relative al corretto trattamento dei personali in ambito giornalistico. Infatti, secondo il Garante, sussisteva l’interesse pubblico alla conoscenza delle vicende richiamate e sussisteva altresì il rispetto del principio di essenzialità dell’informazione.
Ciò a maggior ragione, visto che il giornale aveva raccolto e pubblicato anche la versione dei fatti del reclamante.
Il Garante ha quindi concluso che il trattamento dati posto in essere dal giornale ed oggetto del reclamo è lecito conseguentemente ha rigettato le richieste del reclamante di imporre la limitazione definitiva del trattamento mediante il divieto di utilizzo dei dati e di adottare una sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti del giornale.
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