Processo tributario: nelle controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione e’ competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale concedente
Con una pronuncia di indubbio rilievo dal punto di vista pratico, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 44 del 2016, è intervenuta sulla questione relativa all’individuazione della Commissione Tributaria competente per territorio nel caso di affidamenti in concessione a soggetti terzi delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali, così come consentito dall’art. 52 D.Lgs n. 446/1997.
La norma sottoposta al vaglio di legittimità da parte del Giudice delle leggi è, in particolare, l’art. 4 del D.Lgs n. 546/1992 che, non dettando specifiche disposizioni in ordine all’individuazione della Commissione Tributaria territorialmente competente a giudicare sull’impugnazione degli atti emessi dai concessionari, conferma il criterio generale per cui competente è la Commissione Tributaria del luogo nella cui circoscrizione ha sede il soggetto che ha emesso l’atto.
Il problema posto dalla richiamata disposizione normativa emerge in tutta la sua evidenza in ragione del fatto che il D.Lgs n. 446 del 1997 non pone agli Enti Locali delimitazioni geografiche per l’individuazione del soggetto cui affidare in concessione i servizi tributari, con la conseguenza che spesso – come nel caso sottoposto al giudice rimettente – gli atti impugnabili sono emessi da soggetti aventi sede anche a molti chilometri di distanza dal luogo in cui si è generata l’obbligazione d’imposta.
Ebbene, siffatta situazione è stata ritenuta dalla Consulta del tutto incompatibile con il diritto di difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost., poiché “lo «spostamento» richiesto al contribuente che voglia esercitare il proprio diritto di azione, garantito dal parametro evocato, è potenzialmente idoneo a costituire una condizione di «sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione» o comunque a «rendere ‘oltremodo difficoltosa’ la tutela giurisdizionale»“.
A questo proposito, è stato rilevato che lo stesso legislatore, all’art. 52, comma 5, lettera c), del d.lgs. n. 446 del 1997, ha precisato che l’individuazione, da parte dell’ente locale, del concessionario del servizio di accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate (determinante ai fini del radicamento della competenza) «non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente».
Pertanto, il fatto che il contribuente debba farsi carico di uno «spostamento» geografico anche significativo per esercitare il proprio diritto di difesa integra un
considerevole onere a suo carico. Questo onere, già di per sé ingiustificato, diviene tanto più rilevante in relazione ai valori fiscali normalmente in gioco, che potrebbero essere – come in concreto sono nella specie – di modesta entità, e quindi tali da rendere non conveniente un’azione da esercitarsi in una sede lontana.
Così, ravvisata l’incostituzionalità della norma censurata, la Corte è giunta ad individuare un criterio alternativo di competenza attraverso un’operazione manipolativa-sostitutiva della medesima.
In tal senso, quindi, “ritenuto irragionevole ai fini del radicamento della competenza territoriale, per le ragioni evidenziate, il riferimento alla sede del soggetto cui è affidato il servizio, non può che emergere il rapporto sostanziale tra il contribuente e l’ente impositore“, la Consulta ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, con riferimento all’art. 24 Cost., nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale concedente“.
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