Quale valutazione deve fare il giudice nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere a norma dell’art. 425, comma terzo, cod. proc. pen.

(Annullamento con rinvio)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 425, c. 3)

Il fatto

La Corte di Appello di Bari trasmetteva gli atti relativi alla impugnazione proposta dall’imputato e dal Procuratore della Repubblica di Bari avverso la sentenza del G.U.P. del Tribunale di quella città, previa riqualificazione in ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 428 co. 1 cod. proc. pen., ratione temporis vigente all’atto della presentazione dell’impugnazione.

Premesso ciò, va osservato come il G.U.P. di Bari avesse dichiarato non luogo a procedere, ai sensi degli artt. 425 e 530 co. 2 cod. proc. pen., nei confronti di una persona accusata di avere concorso nella altrui condotta delittuosa, consistita nel presentare o comunque procurare elaborati altrui ai candidati impegnati nelle prove scritte di esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense (sessione 2014/2015), ai sensi degli artt. 81,110 cod. pen., 1 e 2 della legge n. 475 del 1925  reato di plagio), nonché di falso per induzione, consumato e tentato, per avere, in un caso, indotto, e in altri, tentato di indurre in errore i componenti della commissione esaminatrice circa il regolare svolgimento delle prove, l’originalità degli elaborati e quindi l’effettiva sussistenza dei requisiti abilitativi – non avendo ravvisato né il contributo causale né l’elemento soggettivo.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Per quanto concerne i gravami proposti, il difensore adduceva un solo motivo di impugnazione sostenendo l’erroneità della pronuncia assolutoria impugnata, e invocando un più favorevole esito per l’insussistenza del fatto o per non averlo commesso non essendo emerso il contributo oggettivo fornito dal ricorrente alla condotta delittuosa altrui.

Si denunciava inoltre la genericità e l’indeterminatezza dell’imputazione evocativa di una condotta di accompagnamento presso i padiglioni della Fiera del Levante dove erano in corso di svolgimento le prove scritte.

Ciò posto, il Procuratore della Repubblica di Bari, dal canto suo, denunciava vizio della motivazione, mancante, contraddittoria e illogica.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Veniva stimato fondato, in modo assorbente, il ricorso del Pubblico Ministero.

In via preliminare, si osservava come fosse opportuno premettere, ai fini dell’individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, che, allorché si succedano nel tempo diverse discipline, e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall’una all’altra, in applicazione del principio tempus regit actum, occorre fare riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell’impugnazione (Sez. U, n.7614 del 29/03/2007).

Orbene, a fronte di tale approdo ermeneutico, ad avviso degli Ermellini, correttamente, allora, l’appello del Procuratore di Bari e del difensore dell’imputato erano stati riqualificati in ricorso per Cassazione, in ragione della disciplina vigente al momento della pronuncia della sentenza impugnata, ovvero il 27 luglio 2017 posto che la nuova disciplina di cui all’art. 428 co. 1 cod. proc. pen., introdotta con l’art. 1 co. 38 della legge 23 giugno 2017 n. 103 – con la quale, innovando alla pregressa previsione, che consentiva l’impugnazione delle sentenze di non luogo a procedere solo con il ricorso per cassazione, si prevede, ora, l’impugnabilità a mezzo dell’atto di appello – è entrata in vigore il 3 agosto 2017.

Precisato ciò, i giudici di piazza Cavour evidenziavano come, venendo al merito, il ricorso del Procuratore della Repubblica avesse posto una questione fondata, nel denunciare il vizio della motivazione della sentenza impugnata, laddove si ometteva di valutare una circostanza riferita da un collaboratore di giustizia atteso che il G.U.P., nel pronunciare la sentenza liberatoria impugnata, aveva sostanzialmente obliterato la circostanza che la segretaria della facoltà di Giurisprudenza di Bari, come aveva già fatto il giorno della prima prova scritta, anche in occasione della seconda giornata di esame, si era recata presso i padiglioni della Fiera unitamente al ricorrente; con lui aveva raggiunto il complice, appunto, al quale l’uomo si era presentato come l’autista del rettore dell’Università di Bari consegnando la busta contenente i nominativi dei candidati a cui dovevano essere consegnati i compiti.

Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, il G.U.P., pur formulando corrette premesse ermeneutiche, non si era ad esse attenuto, incorrendo, invece, in un duplice errore.

In primo luogo, veniva rilevato a tal proposito che, nel pronunciare la sentenza di proscioglimento, il GUP si era concentrato sul contenuto delle conversazioni intercettate e aveva confutato la chiave di lettura fornitane dalla Pubblica Accusa, finendo per escludere che da esse fossero desumibili elementi di certezza in ordine alla consapevolezza del piano criminoso.

Nell’operare la predetta valutazione, quindi, il G.U.P. aveva formulato un giudizio di merito sulla colpevolezza dell’imputato affermando che le conversazioni in questioni non offrivano alcuna apprezzabile certezza anche in considerazione degli esiti del servizio di appostamento effettuato il terzo giorno in cui vennero sequestrati gli elaborati, nonché ravvisando un ragionevole dubbio sulla consapevolezza in capo all’imputato di quanto stava accadendo, così escludendo che egli avesse apportato il necessario contributo causale alla consumazione del piano criminale.

In secondo luogo, il G.U.P. – pur avendo premesso l’utilizzabilità, ai fini della decisione, di “tutto il patrimonio istruttorio”, ne aveva fornito, in sentenza, per il Supremo Consesso, una valutazione solo parziale poiché non aveva tenuto in nessun conto di quegli elementi, segnalati dal Procuratore impugnate, corroboranti la tesi dell’Accusa.

Orbene, in relazione a tale stato delle cose, i giudici di legittimità ordinaria ritenevano necessario ricordare, a questo punto della disamina, che, secondo l’interpretazione del terzo comma dell’art. 425 cod. proc. pen., accolta dalla Cassazione, sulla scia delle indicazioni provenienti dalla Corte costituzionale ( sent. n. 82/ 1993; n. 71/1996; n. 51/1997 ; ord. n. 185/2001), attesa la funzione di “filtro” svolta dall’udienza preliminare (Sez. 2, n. 46145 del 05/11/2015, Rv. 265246), il giudice, nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere, a norma dell’art. 425, comma terzo, cod. proc. pen., deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio, non potendo procedere a valutazioni di merito del materiale probatorio ed esprimere, quindi, un giudizio di colpevolezza dell’imputato ed essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate ( tra le altre, Sez. 2, n. 48831 del 14/11/2013, Rv. 257645; Sez. 2, n. 15942 del 07/04/2016); Sez. 5, n. 26756 del 26/02/2016, Rv. 267189; Sez. 5, n. 565 del 26/10/2016, (dep. 2017 )).

Tal che ne consegue che il Giudice dell’udienza preliminare deve esprimere un giudizio prognostico circa l’inutilità del dibattimento senza poter formulare un giudizio sulla colpevolezza o meno dell’imputato e questo perché, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il criterio di valutazione per il G.U.P., non è l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilità del dibattimento, anche in presenza di elementi probatori contraddittori o insufficienti (Sez. 4, n. 32574 del 12/07/2016, Rv. 267457) tenuto conto altresì del fatto che il proscioglimento deve essere escluso in tutti i casi in cui gli elementi acquisiti a carico si prestino a letture alternative o aperte, o comunque ad essere diversamente valutati in dibattimento, anche alla luce delle future acquisizioni probatorie, tant’è che il G.U.P. deve emettere sentenza di proscioglimento solo al cospetto di un quadro probatorio non suscettibile di implementazione dibattimentale attraverso l’acquisizione di nuovi elementi probatori o una possibile diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito, in tal caso anche in presenza di elementi acquisiti che risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio non potendo egli formulare un giudizio sulla colpevolezza dell’imputato (Sez. 4, n. 19179 del 18/02/2016).

Stante tali le coordinate ermeneutiche, per il Supremo Consesso, il G.U.P. di Bari, come premesso, se ne era discostato, innanzitutto, perché aveva omesso di considerare, tra gli elementi di prova, le indicazioni provenienti dal collaboratore di giustizia, che, se valutate, avrebbero connotato diversamente il quadro probatorio e, anche perché costui aveva espresso – sulla base di un quadro di prove non esaminato nella sua interezza – una valutazione di merito sulla (non) colpevolezza dell’imputato, che era, invece, preclusa in quella fase processuale.

Risultando fondato il ricorso del Pubblico Ministero, l’epilogo del presente scrutinio di legittimità era, per la Corte di legittimità, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice dell’udienza preliminare di Bari al quale veniva demandato il compito di valutare, ex novo, alla luce anche degli elementi di prova segnalati dal Procuratore impugnante, la sostenibilità, in dibattimento, dell’accusa formulata a carico dell’imputato in ordine al reato di cui agli artt. artt. 81,110 cod. pen., 1 e 2 della legge n. 475 del 1925 restando assorbita l’impugnazione dell’imputato.

Conclusioni

La decisione in esame è interessante nella parte in cui si chiarisce quale valutazione deve fare il giudice nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere, a norma dell’art. 425, comma terzo, cod. proc. pen..

Difatti, in tale pronuncia, citandosi giurisprudenza conforme, si afferma, per un verso, che il giudice, nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere, a norma dell’art. 425, comma terzo, cod. proc. pen., deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio, non potendo procedere a valutazioni di merito del materiale probatorio ed esprimere, quindi, un giudizio di colpevolezza dell’imputato ed essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate dato che il criterio di valutazione per il G.U.P., non è l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilità del dibattimento, anche in presenza di elementi probatori contraddittori o insufficienti, per altro verso, che il proscioglimento deve essere escluso in tutti i casi in cui gli elementi acquisiti a carico si prestino a letture alternative o aperte, o comunque ad essere diversamente valutati in dibattimento, anche alla luce delle future acquisizioni probatorie, tant’è che il G.U.P. deve emettere sentenza di proscioglimento solo al cospetto di un quadro probatorio non suscettibile di implementazione dibattimentale attraverso l’acquisizione di nuovi elementi probatori o una possibile diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito, in tal caso anche in presenza di elementi acquisiti che risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio non potendo egli formulare un giudizio sulla colpevolezza dell’imputato.

Questo provvedimento, dunque, deve essere tenuto nella dovuta considerazione ogni volta si deve verificare se il g.u.p. abbia correttamente emesso sentenza di non luogo a procedere a norma dell’art. 425, c. 3, c.p.p..

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta decisione, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale, quindi, non può che essere positivo.

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