La mancata osservanza, da parte della Soprintendenza, del termine perentorio previsto ex lege per il rilascio del parere di compatibilità paesaggistica non determina l’illegittimità del parere reso oltre tale termine, ma semplicemente la perdita, da parte di quest’ultimo, del carattere vincolante impressogli dalla legge.
Il fatto
Con ricorso innanzi al competente Tar Latina i ricorrenti espongono di essere proprietari di un appezzamento di terreno sul quale insiste un fabbricato condonato, costituito da unico piano con porticato.
Detto appezzamento rientra “in zona B/2 parzialmente satura” di p.r.g., in zona altamente urbanizzata “Ts sistemi morfologico – ambientali di valore paesistico per la loro unitaria caratterizzazione” del vigente p.t.p. e nell’ambito dei “Paesaggi degli insediamenti urbani” dell’adottato p.t.p.r..
Precisano i ricorrenti di aver richiesto l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’articolo 146 del d.lgs. 42 del 2004 per la realizzazione di opere di ristrutturazione ed ampliamento di detto fabbricato e di aver ricevuto comunicazione con la quale la sopraintendenza preavvertiva il possibile rigetto perché “la demolizione e ricostruzione con ampliamento del manufatto per l’eccessivo ingombro plano volumetrico dell’edificio da realizzare si pone in contrasto con il particolare regime vincolistico presente nell’area interessata”.
Formulate le osservazioni a detto preavviso di diniego, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Lazio, rendeva parere negativo al quale seguiva il diniego di autorizzazione paesaggistica da parte del Comune.
La decisione del Tar Latina
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti argomentano l’illegittimità del diniego là ove presuppone acriticamente un parere reso oltre i termini decorsi i quali, invece, il Comune avrebbe dovuto provvedere autonomamente ed alla luce dell’avviso favorevole precedentemente espresso. L’approccio sintetizzato corrisponde alle previsioni di legge secondo le quali, trascorsi i termini assegnati alla Sopraintendenza, il comune deve provvedere sull’istanza valutata nella proposta di provvedimento.
La correttezza di detta prospettiva, non depone tuttavia per la fondatezza della richiesta relativa all’accertamento dell’inadempimento del Comune deponendo in senso contrario, non solo la mancanza di ogni pregressa iniziativa atta a sollecitare ed a far sanzionare, nelle dovute sedi, il relativo comportamento, ma e soprattutto perché tale pretesa sottende l’irrilevanza del parere della Sopraintendenza che è invece intervenuto ed è presupposto dal Comune.
Una tale evenienza impone allora l’esame della decisiva questione involgente la connotazione del parere della Sopraintendenza ed il rapporto tra tutti i pareri richiesti avendo riguardo ai termini ed alle modalità del provvedere fissati dalla legge.
Secondo la giurisprudenza:
– il mutato quadro normativo impone una più penetrante valutazione della soprintendenza sull’intervento edilizio progettato il che, ferma la collocazione della funzione nell’alveo dell’attività consultiva, situa il richiesto apporto sul versante dell’attività di tipo “codecisionale” rispetto alla determinazione del comune (Consiglio di Stato, Sez. VI, 25 febbraio 2013, n. 1129):
– “La mancata osservanza, da parte della Soprintendenza, del termine perentorio previsto ex lege per il rilascio del parere di compatibilità paesaggistica non determina l’illegittimità del parere reso oltre tale termine, ma semplicemente la perdita, da parte di quest’ultimo, del carattere vincolante impressogli dalla legge, proprio perché si colloca al di fuori del quadro normativo, ma costituisce sempre un elemento del procedimento che l’Amministrazione deve valutare, potendosene motivatamente discostare.” (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 24 gennaio 2014, n. 252; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I 4 luglio 2014, n. 1195).
Secondo l’adito Tar non può dunque convenirsi sulla richiesta declaratoria di illegittimità del comportamento per non aver il comune provveduto allo scadere dei termini assegnati alla sopraintendenza, quindi sulla richiesta di nullità – illegittimità del “parere espresso dalla Sopraintendenza dopo circa quattro mesi dalla richiesta”; è invece fondato il profilo con il quale i ricorrenti hanno censurato il diniego di autorizzazione paesaggistica perché illegittimamente riferito, dal comune, ad una configurazione (“parere negativo obbligatorio e vincolante”) estranea, per quanto sopra detto, al pronunciamento della sopraintendenza e senza considerazione alcuna della rappresentata compatibilità dell’intervento.
Con gli altri motivi del ricorso i ricorrenti lamentano la violazione di legge (articolo 12 dPR 380/2001 in relazione agli artt. 140, comma 2 e 146 d. lgs. 42/2004; articoli 1, 3, 6 e 10 – bis legge 241 del 1990) e l’eccesso di potere, sotto svariati profili, in quanto: [a] il parere della sopraintendenza, oltre a contraddire quello formatosi per silenzio sull’iniziativa del 2010 di cui quella in esame costituisce solo una variante, sarebbe affetto da difetto di motivazione perché privo di ogni indicazione atta a fondare il giudizio negativo, quindi a disattendere la proposta favorevole; [b] la sopraintendenza avrebbe frainteso il tipo di intervento, il che certificherebbe il difetto di istruttoria e la mancata valutazione della nota partecipativa. In punto di fatto va rimarcato come, richiamato il tipo di intervento e le norme applicabili, la sopraintendenza concluda per l’incompatibilità paesaggistica perché “la ristrutturazione con ampliamento del fabbricato esistente per l’eccessivo ingombro plano volumetrico dell’edificio da realizzare si pone in netto contrasto con il particolare regime vincolistico dell’area in questione.”.
Orbene, secondo l’adito Tar tali motivi colgono nel segno pur con alcune precisazioni.
Ed, infatti, la mera indicazione delle norme (articoli 16 p.t.p. n. 4 e 27 p.t.p.r. adottato) ritenute rilevanti non soddisfa l’obbligo di puntuale motivazione da rapportare ora, non più al mero controllo, ma alla definizione congiunta di una vicenda integrata in una proposta di provvedimento ricondotta a parametri normativi ben definiti.
Nello specifico il Comune ha richiamato l’art. 27 dell’adottato p.t.p.r., efficace quale misura di salvaguardia, quindi la possibilità di autorizzare gli interventi edilizi di cui alla tabella, allegata a detta disposizione, recante l’elenco riferito alle qualificazioni del D.P.R. n. 380/2001.
È evidente allora, secondo il Tar adito, l’insufficienza del richiamo all’eccessività dell’ingombro in ipotesi nella quale, per il citato articolo, sono possibili interventi edilizi. Esito analogo interessa l’altrettanto generico riferimento alla prima delle norme citate ove si consideri la relazione paesaggistica predisposta dagli interessati, acquisita dalla Sopraintendenza e richiamata nelle osservazioni ritenute, ma illegittimamente, non accoglibili difettando, in detto parere, ogni indicazione atta a giustificare l’irrilevanza di quanto partecipato al pari dell’insussistenza delle condizioni per accedere alla disponibilità manifestata per soluzioni idonee a contemperare l’aspettativa degli interessati con le esigenze di tutela del vincolo disciplinato da norma che non impedisce, in assoluto, l’edificazione.
Decisioni conformi
“La mancata osservanza, da parte della Soprintendenza, del termine perentorio previsto ex lege per il rilascio del parere di compatibilità paesaggistica non determina l’illegittimità del parere reso oltre tale termine, ma semplicemente la perdita, da parte di quest’ultimo, del carattere vincolante impressogli dalla legge, proprio perché si colloca al di fuori del quadro normativo, ma costituisce sempre un elemento del procedimento che l’Amministrazione deve valutare, potendosene motivatamente discostare.”
(T.a.r. Puglia, Lecce, sez. I, 24 gennaio 2014, n. 252).
Normativa di riferimento
D.Lgs. n. 42 del 2004
Tar Lazio, Latina, sez. I, 23 settembre 2015, n. 633
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