Quando è applicabile la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità

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(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 62, co. 1, n. 4)

Indice:

Il fatto e i motivi addotti nel ricorso per Cassazione

L’imputato, per il tramite il difensore di fiducia, impugnava una sentenza con la quale era stata data conferma alla condanna alla pena ritenuta di giustizia irrogata dal Tribunale locale ai suoi danni, ritenuto responsabile del reato di cui all’art 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per aver ceduto una dose di sostanza stupefacente del tipo cocaina in misura di grammi lordi 0,5, ricevendo a titolo di corrispettivo la somma di euro 25.

In particolare, costui lamentava violazione di legge in relazione alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen..

Più nel dettaglio, ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale, quanto alla tenuità dell’offesa arrecata al bene giuridico tutelato, avrebbe argomentato facendo riferimento ad aspetti di mera potenzialità della lesività della condotta riscontrata e non guardando a quella concretamente riscontrata, rapportata al fatto accertato; in relazione alla speciale tenuità del lucro conseguito, ritenendo che tale non potesse ritenersi un corrispettivo di 25 euro, avrebbe inoltre di fatto escluso a priori l’applicazione della attenuante invocata che, così ragionando, non sarebbe mai di fatto suscettibile di riconoscimento avuto riguardo alla fattispecie contestata.

Sull’argomento, vedasi: “Le attenuanti previste dall’art. 62 c.p.: vediamo in cosa consistono

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva stimato inammissibile per le seguenti ragioni.

Si osservava a tal proposito che, secondo la giurisprudenza della stessa Cassazione (da ultimo, S. U. n. 24490 del 30/01/2020,), a seguito della nuova formulazione dell’art. 62, n. 4, cod. pen., recata dall’art. 2 legge 7 febbraio 1990, n. 19, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità è applicabile ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, purché la speciale tenuità riguardi congiuntamente l’entità del lucro (conseguendo o conseguito) e dell’evento dannoso o pericoloso e, dunque, per la sua applicazione, l’attenuante in questione richiede, la necessaria esistenza di un elemento ulteriore rispetto alla tenuità dell’offesa; elemento consistente nell’essere il delitto determinato da motivi di lucro e nell’avere l’agente perseguito, o effettivamente conseguito, un lucro di speciale tenuità.

Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, gli Ermellini osservavano come la riscontrata e argomentata incompatibilità del fatto rispetto ad uno dei suddetti elementi, di conseguenza, ad avviso del Supremo Consesso, rendesse inapplicabile la diminuente in esame.

A fronte di ciò, sempre secondo la Suprema Corte, la Corte territoriale, con motivazione sintetica ma completa nei suoi estremi, aveva escluso l’applicabilità della circostanza attenuante rivendicata dalla difesa negando, tra l’altro, la speciale tenuità del lucro conseguito nel caso dal ricorrente, in considerazione dell’importo incassato, letto alla luce dei tempi di ideazione e esecuzione della condotta e in considerazione del modesto dispiego di sostanza ceduta.

In relazione a tale iter argomentativo, per gli Ermellini, tali aspetti non erano stati contrastati dal ricorso proposto sul piano della puntualità e della logicità del ritenere e che, sempre a giudizio della Corte di legittimità, esprimevano in modo coerente (soprattutto nel raffronto tra somma incassata e quantità di sostanza ceduta), l’indicazione dei parametri valutativi utilizzati a sostegno della relativa decisione, tale da rendere la stessa incensurabile in sede di legittimità anche sotto il versante della addotta violazione di legge, del resto argomentata in modo (stimato) evidentemente apodittico nel ricorso.

Tal che se ne faceva discendere la genericità delle deduzioni riferite alle ragioni di esclusione dell’attenuante invocata correlate alla negata speciale tenuità del lucro conseguito, aspetto che da solo, per la Corte, giustificava la decisione adottata, finendo per rendere inconferenti le ulteriori osservazioni critiche spese nel ricorso che mai avrebbero potuto comunque portare a una soluzione di segno opposto.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando è applicabile la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, così come è preveduta dall’art. 62, co. 1, n. 4, cod. pen..

Difatti, in tale pronuncia, dopo essersi fatto presente che la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità è applicabile ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, purché la speciale tenuità riguardi congiuntamente l’entità del lucro (conseguendo o conseguito) e dell’evento dannoso o pericoloso, si giunge alla conclusione secondo la quale, per l’applicazione di siffatto elemento accidentale, è richiesta la necessaria esistenza di un elemento ulteriore rispetto alla tenuità dell’offesa, vale a dire un elemento consistente nell’essere il delitto determinato da motivi di lucro e nell’avere l’agente perseguito, o effettivamente conseguito, un lucro di speciale tenuità.

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba verificare se sia configurabile questa circostanza.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, non può che essere positivo.

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