Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata per difetto del titolo esecutivo o perché non pignorabili i beni, si può proporre opposizione all’esecuzione; l’opposizione dà vita ad un giudizio di ordinaria cognizione.
L’articolo 615 c.p.c., comma 1, disciplina l’ipotesi in cui l’esecuzione non è ancora iniziata, in questo caso si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’art. 27. Quando, invece, l’esecuzione è iniziata, l’opposizione si propone con ricorso innanzi al giudice dell’esecuzione stessa; questi fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti assegnando un termine perentorio per la notifica del ricorso e del decreto.
L’opposizione all’esecuzione investe l’an dell’esecuzione, il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni; il debitore, in sostanza, con l’opposizione ex art. 615, comma 1, può contestare l’esistenza del credito, negandolo, o contestare la sussistenza originaria del titolo o la validità del titolo esecutivo o, ancora, affermare la sopravvenuta inefficacia del titolo esecutivo; ma il debitore potrà contestare, ex art. 615 comma 2, anche la pignorabilità di determinati beni o crediti che altro non è se non negare il diritto di procedere all’esecuzione su determinati beni.
L’opposizione all’esecuzione è strutturata come un ordinario giudizio di cognizione, siffatta disciplina, per un verso, implica che i giudizi di cognizione occasionati dall’intimazione del precetto o, più in generale, dal processo esecutivo, non consentono la proposizione di opposizioni atipiche, per altro verso consentono che negli stessi giudizi siano introdotte domande diverse da quelle di opposizione, accessorie a quella principale di contestazione dell’azione esecutiva, domande accessorie valutate dal giudice condizionatamente alla fondatezza della domanda propria di opposizione.
La legittimazione attiva a proporre l’opposizione all’esecuzione spetta al debitore esecutato, destinatario del precetto. Può verificarsi il caso in cui il legittimato a proporre l’opposizione non coincida con il debitore indicato nel titolo. Ciò può accadere nel caso in cui in una società di capitali sia conferita un’impresa individuale, in questo caso la società di capitali succede in tutti i rapporti attivi e passivi della ditta; ne consegue che la società nella quale è confluita l’azienda è soggetta all’esecuzione forzata fondata su un titolo giudiziale pronunciato nei confronti del conferente l’azienda, ed è, quindi, legittimata a proporre opposizione all’esecuzione stessa (Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2008, n. 10676).
Può proporre l’opposizione all’esecuzione anche il terzo proprietario assoggettato all’esecuzione forzata, quale acquirente del bene ipotecato (Cass. civ., sez. III, 27 luglio 2000, n. 9887).
La legittimazione passiva spetta al creditore, cioè il soggetto che ha notificato il precetto o ha eseguito il pignoramento.
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