Il fatto
Il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di un indagato avverso un’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro, che aveva applicato al ricorrente (indagato per i reati di cui agli artt. 648 cod. pen. e 452 quaterdecies cod. pen.) la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla p.g..
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’imputato deducendo i seguenti motivi: 1) violazione della legge penale, in relazione all’art. 648 cod. pen., e vizio della motivazione poiché l’ordinanza aveva individuato gli elementi su cui fondare la dimostrazione della provenienza delittuosa del rame che, in un’isolata occasione, il ricorrente aveva conferito presso un centro illegale di smaltimento di rifiuti, desumendoli dalla combustione della guaina protettiva di quei cavi, circostanza che non era sufficiente considerando le dimensioni dei cavi in questione (del diametro di pochi centimetri e quindi potenzialmente provenienti da attività non illecite, come invece per cavi di maggiori dimensioni riferibili ad impianti di pubblica necessità); 2) violazione di legge, in relazione all’art. 452 quaterdecies cod. pen., in quanto all’indagato era stato contestato un reato introdotto successivamente alla data di commissione degli episodi di conferimento dei rifiuti, peraltro non integranti il fatto tipico trattandosi di conferimento in un centro autorizzato al riciclo; 3) violazione di legge, in relazione all’art. 274 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, illogica e contraddittoria, perché ancorata alla sussistenza di una pluralità di condotte mentre il delitto di cui all’art. 648 cod. pen. era stato ravvisato in un unico episodio.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva stimato manifestatamente infondato per le seguenti ragioni.
Si osservava prima di tutto che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, «in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017) e ciò, in quanto «il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento» (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017).
Orbene, a fronte di tale approdo ermeneutico, gli Ermellini osservavano come la lettura del ricorso avesse messo in luce con evidenza che esso si fondava (quanto al primo motivo) sulla rivalutazione in fatto – non consentita – delle circostanze storiche e dei dati indiziari valutati dal Tribunale del riesame per delimitare le caratteristiche dei materiali suscettibili di qualificazione in termini di provenienza delittuosa attraverso una valutazione plausibile di tale qualità desunta dalla circostanza dell’essere i cavi nudi o combusti (in quanto l’eliminazione della guaina rappresentava il mezzo attraverso il quale rimuovere le tracce che potessero consentire l’identificazione della provenienza dei cavi).
Chiarito ciò, pure il secondo motivo veniva stimato manifestamente infondato atteso che, secondo la Suprema Corte, l’indicazione della norma violata discendeva dall’epoca di commissione del fatto (trattandosi di “condotta perdurante” e, quindi, permanente) fermo restando che, in ogni caso, il fatto contestato al ricorrente sarebbe ricaduto sotto la disciplina dell’art. 260 d. leg. 3 aprile 2006 n. 152, norma rispetto alla quale vige(va) continuità normativa (Sez. 3, n. 16036 del 28/02/2019) così come, per la Suprema Corte, era del tutto generica anche la censura sull’insussistenza del carattere illecito del conferimento, in assenza di qualsivoglia elemento, che potesse sostenere l’abilitazione del ricorrente alle attività di trasporto e conferimento di rifiuti speciali.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando può ritenersi ammissibile il ricorso per Cassazione con cui si deduce l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o l’assenza delle esigenze cautelari.
Difatti, in tale pronuncia, è ivi postulato, citandosi precedenti conformi, che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per Cassazione, che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se si denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando si propongono censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito.
Tale provvedimento, dunque, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba proporre un ricorso per Cassazione di tal genere al fine di evitare che esso venga dichiarato inammissibile.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta decisione, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, pertanto, non può che essere positivo.
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