- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
1. Il fatto
La Corte di Appello di Palermo confermava una decisione del Tribunale di Termini Imerese che aveva ritenuto responsabile l’imputata in ordine al delitto di calunnia ex art. 368 cod. pen. commesso ai danni di un geometra.
2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputata deducendo, con un unico motivo, vizi di motivazione e violazione di legge in ordine al delitto di cui all’art. 368 cod. pen. quanto a sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo.
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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
La sentenza impugnata, poiché il ricorso non era stimato manifestamente infondato, era annullata senza rinvio agli effetti penali per intervenuta prescrizione e con rinvio agli effetti civili al Giudice civile competente.
Difatti, essendo per l’appunto ritenuto siffatto ricorso non manifestatamente infondato, ciò imponeva, ad avviso degli Ermellini, alla luce della -medio tempore – intervenuta prescrizione, la declaratoria di estinzione del reato ex art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non emergendo, sempre a loro opinione, dagli atti, in termini di “evidenza“, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009) elementi per pervenire ad una pronuncia assolutoria ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. atteso che, secondo una pacifica giurisprudenza della Cassazione, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova, che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (Sez. 4, n. 23680 del 7/5/2013,, Sez. 6, n. 10284 del 22/1/2014).
La declaratoria di prescrizione, di conseguenza, alla stregua di siffatto approdo ermeneutico, per la Corte di legittimità, precludeva un approfondito esame nel merito della vicenda, specie quanto alla correttezza e completezza della motivazione circa le responsabilità nascenti dalla condotta illecita, e dunque, per tale ragione, era disposta la trasmissione degli atti al Giudice civile affinché costui valutasse la sussistenza degli elementi necessari ai fini del richiesto risarcimento del danno, dovendosi la pronuncia coordinare con la previsione di cui all’art. 578 cod. proc. pen. per la presenza della parte civile che, a sua volta, imponeva un esame completo del compendio probatorio e dei motivi di impugnazione proposti.
Oltre a ciò, era altresì osservato – una volta fatto presente come il ricorso facesse leva essenzialmente sull’assenza di dolo della imputata, ottuagenaria, che aveva comunque esposto in denuncia dati corrispondenti al vero provenienti dal consulente di parte – come, a fronte della circostanza che aveva visto la ricorrente, successivamente al deposito dell’elaborato, denunciare il geometra nominato consulente tecnico d’ufficio, di aver indicato distanze non conformi alla realtà, al contempo rilevando che nessuna prova tesa a verificare il passaggio di mezzi fosse stata svolta, la sentenza impugnata, per il Supremo Consesso, non analizzava le giustificazioni addotte dalla ricorrente e l’incidenza che sulla stessa avrebbero potuto avere le indicazioni provenienti dal consulente di parte al fine di scrutinare la consapevolezza di accusare il consulente del Giudice del delitto di falsa perizia.
Di conseguenza, proprio perché la Corte di merito aveva finito per rendere una dettagliata motivazione circa le ragioni che avevano portato ad escludere, attraverso un complessivo giudizio delle risultanze processuali civili e penali, che vi fosse stata in capo all’accusata l’intenzione di alterare le conclusioni della consulenza, ad avviso della Suprema Corte, risultava maggiormente evidente la carenza di motivazione sui profili giustificativi segnalati dall’appellante.
In conclusione, la circostanza che la consulenza non fosse stata determinante ai fini della regolamentazione dei rapporti tra le parti in causa e che fosse stato prospettato il commesso reato di falsa perizia, per i giudici di piazza Cavour, non esauriva la dovuta verifica circa la consapevolezza in capo alla ricorrente di accusare una persona che si sapeva essere innocente.
Detta carenza, quindi, per la Corte di legittimità, imponeva di annullare la decisione anche in punto di responsabilità civile con trasmissione egli atti al Giudice civile competente per valore in grado di appello.
4. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione.
Difatti, in tale pronuncia, si afferma, sulla scorta di un consolidato orientamento nomofilattico, che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova, che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba verificare se il giudice abbia correttamente fatto prevalere siffatta dichiarazione di improcedibilità, anziché prosciogliere l’imputato.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica giuridica, non può che essere positivo.
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