(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 28, c. 2)
Il fatto
Il Tribunale di Cosenza, provvedendo sulle eccezioni processuali avanzate dalla difesa in sede dì dibattimento, dichiarava la nullità del decreto che dispone il giudizio nei confronti di imputati per il delitto di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, ordinando la trasmissione degli atti al Giudice dell’udienza preliminare dello stesso Tribunale che aveva emesso detto decreto.
Il Giudice del dibattimento, a supporto della dichiarazione di nullità, rilevava come l’udienza preliminare si fosse svolta in assenza dei predetti imputati (seppure legittimamente impediti a comparire) posto che, benché uno degli imputati fosse allora detenuto in carcere e un secondo fosse sottoposto agli arresti domiciliari, non ne era stata disposta la traduzione in udienza.
Inoltre, per due tra tre degli imputati, neppure era stata emessa l’autorizzazione a recarsi in udienza senza accompagnamento.
Volume consigliato
Il conflitto di competenza
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cosenza, ricevuti gli atti, sollevava conflitto di competenza.
A motivazione di tale determinazione si osservava come la dichiarazione di nullità emessa dal Giudice del dibattimento fosse stato il frutto della non corretta lettura degli atti processuali, e ciò in quanto dal loro esame emergeva che gli imputati erano stati autorizzati ad allontanarsi dal luogo degli arresti domiciliari senza accompagnamento per recarsi in udienza e che due tra questi imputati erano comparsi all’udienza in cui era stato emesso il decreto che dispone il giudizio.
Sicché, detta decisione, per il giudice di merito, determinava “una inammissibile regressione del procedimento”.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il conflitto sollevato, scaturito da decisioni con le quali due giudici dello stesso ufficio giudiziario avevano contemporaneamente declinato la competenza a provvedere nello stesso procedimento, veniva reputato ammissibile in quanto riconducibile alle condizioni contemplate dal comma 2 dell’art. 28 cod. proc. pen.
Si evidenziava a tal proposito, una volta fatto presente che l’ultima parte di tale previsione stabilisce che, qualora il contrasto sorga, come nel caso di specie, fra il giudice dell’udienza preliminare e il giudice del dibattimento prevale la decisione adottata da quest’ultimo, come tale disposizione sia inderogabilmente applicabile salvo che la decisione del giudice del dibattimento costituisca un atto abnorme giacché un provvedimento di tal genere, esulando dal sistema processuale in quanto non consentito e non previsto, legittima le parti al ricorso per Cassazione e non ha mai modo di imporsi al giudice dell’udienza preliminare (Sez. 1, n. 188897 del 21/03/2019; Sez. 1, n. 43563 del 10/10/2013; Sez. 1, n. 25221 del 22/05/2002; Sez. 1, n. 23217 del 22/05/2002).
A fronte di quanto appena esposto, si evidenziava oltre tutto come la giurisprudenza di legittimità abbia costantemente chiarito che non può ritenersi l’abnormità del provvedimento con cui il giudice del dibattimento rilevi la nullità del decreto di citazione a giudizio o di quello che dispone il giudizio, pur quando tale nullità non sussista, poiché la valutazione che detto giudice compie in ordine alla conformità dell’atto processuale al tipo normativo sono espressione di un potere che gli è proprio e non determinano una stasi del provvedimento, a fronte dell’esercizio del potere di rinnovazione degli atti che viene attribuito alla stessa autorità giudiziaria che ha emesso l’atto dichiarato nullo (fra le altre, Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009; Sez. 1, n. 23347 del 23/03/2017; Sez. 5, n. 1399 del 14/11/2016).
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto alla fattispecie in esame, gli Ermellini ritenevano come tale insegnamento dovesse operare in riferimento al caso in questione posto che l’atto, che aveva dichiarato la nullità, presentava tutti gli indici essenziali per la sua riconoscibilità all’esterno quale chiara espressione dei poteri propri del giudice del dibattimento, secondo il regime della rilevabilità delle nullità e dei relativi effetti, avuto riguardo in particolare alla verifica della regolarità dell’instaurazione contraddittorio che costituisce il presupposto della validità dell’attività compiuta dal giudice dell’udienza preliminare e dunque del decreto che dispone il giudizio.
Dovendo quindi trovare applicazione la regola prevista dall’art. 28, comma 2 ultima parte, cod. proc. pen., il conflitto veniva risolto dichiarando la competenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando la regola prevista dall’art. 28, comma 2 ultima parte, cod. proc. pen. – che, come è noto, stabilisce che, “qualora il contrasto sia tra giudice dell’udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest’ultimo” – è derogabile.
Difatti, in tale pronuncia, citandosi precedenti conformi, è postulato che tale previsione è derogabile nella misura in cui la decisione del giudice del dibattimento costituisca un atto abnorme.
Invero, in tale ipotesi, come rilevato nella pronuncia qui in commento, un provvedimento di tal genere, esulando dal sistema processuale in quanto non consentito e non previsto, legittima le parti al ricorso per Cassazione e non ha mai modo di imporsi al giudice dell’udienza preliminare.
Tale sentenza, quindi, può essere presa nella dovuta considerazione ove sia stata erroneamente presa in considerazione la decisione del giudice del dibattimento in quanto abnorme, ben potendosi contestare un provvedimento di tal genere, alla luce di tale orientamento nomofilattico, nei modi e nelle forme previste dal codice di rito penale.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta decisione, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
Volume consigliato
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento