- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
[Riferimenti normativi: d.P.R. n. 309/1990, artt. 73, co. 5, 80, co. 1, lett. a)]
1. Il fatto
Il Tribunale del riesame di Roma rigettava una istanza di riesame, confermando una ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Roma con cui era stata disposta la misura della custodia cautelare in regime di arresti domiciliari, in relazione all’imputazione provvisoria di cui al delitto di cui agli artt. 73, commi 1 e 4 e 80, comma 1 lett. a) d.P.R. 309/1990, per avere l’indagato ceduto in più occasioni, anche a soggetti minorenni, sostanza stupefacente del tipo marijuana, hashish e cocaina.
2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato il quale deduceva i seguenti motivi: 1) falsa applicazione della legge penale in relazione al disposto dell’art. 73, comma 5 d.P.R. 309/1990, dolendosi la difesa a tal proposito che il giudice del riesame, nell’escludere l’invocata riqualificazione, da un lato, non aveva tenuto in considerazione l’elaborazione della giurisprudenza di legittimità in ordine alla compatibilità dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 1 lett. a) d.P.R. 309/1990 con il reato di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. cit., dall’altro, aveva enfatizzato pretestuosamente la modalità delle cessioni, avvenute attraverso una grata dell’appartamento del ricorrente, preesistente allo spaccio e non predisposta all’uopo; ciò posto, il difensore sottolineava altresì che, pur minorenni, gli acquirenti erano sostanzialmente coetanei dell’indagato, elemento questo non valutato dall’ordinanza impugnata che, sempre il ricorrente, avrebbe omesso di confrontarsi con la pronuncia della Sezioni unite che avevano ritenuto configurabile la fattispecie lieve nell’ipotesi di sporadiche cessioni in favore di soggetti prossimi alla maggiore età, da parte di coetanei (richiama Sez. Unite, n. 35737 del 24/06/2010, omissis), assumendosi al contempo che il provvedimento impugnato non aveva oltre tutto affrontato la valutazione complessiva degli indici di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. 309/1990, al fine di inquadrare il reato ascritto all’indagato, accontentandosi di una motivazione del tutto apparente; 2) falsa applicazione dell’art. 274 cod. proc. pen. per avere il Tribunale per il riesame fatto ricorso ad argomentazioni del tutto tautologiche, che, a detta del ricorrente, non affrontavano l’attualità e la concretezza delle esigenze rispetto a fatti risalenti ad oltre un anno fa, accontentandosi di affermare che lo spaccio a minori era sintomatico di espansione dei traffici, ciò costituendo, tuttavia, per la difesa, una mera presunzione priva di qualsiasi solidità.
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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso era ritenuto manifestatamente infondato per le seguenti considerazioni.
Prima di affrontare le questioni proposte nel ricorso, si reputava utile prima di tutto ricordare, sul piano generale, il pacifico orientamento della giurisprudenza della Cassazione in base al quale l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato essere limitato al riscontro dell’esistenza di un logico apparato argomentativo.
Premesso ciò, il primo motivo era stimato non meritevole accoglimento in quanto, seppure non vi sia dubbio che l’aggravante di cui all’art. 80, comma 1 lett. a), d.P.R. n. 309/1990 sia compatibile con il reato di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. 309/1990 [le Sezioni unite, infatti, ancor prima della modifica legislativa intervenuta con il d.l. 36/2014 conv. con med. nella l. 79/2014, avevano ritenuto che “L’aggravante della cessione di sostanze stupefacenti a soggetto minore di età è astrattamente compatibile con l’attenuante del fatto di lieve entità; ne consegue che il giudice deve valutarne la compatibilità caso per caso, tenendo conto di tutte le specifiche e concrete circostanze nelle quali la cessione a minore si realizza”. (Fattispecie nella quale l’attenuante era stata riconosciuta in relazione alla cessione a soggetto minore di età di un grammo di hashish, posta in essere senza particolari accorgimenti). (Sez. Unite, n. 35737 del 24/06/2010, omissis, Rv. 247912)], nondimeno, ad avviso della Corte di legittimità, non era solo in relazione alla cessione a minorenni che il Tribunale del riesame rigetta la richiesta di riqualificazione del reato.
Invero, secondo la Suprema Corte, il Collegio della cautela si era mossa proprio dal presupposto della compatibilità dell’aggravante contestata con la fattispecie c.d lieve osservando che, nel caso di cessione di piccoli quantitativi a minorenni, per valutare la configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5 cit. è necessario che i parametri di giudizio di cui alla disposizione abbiano una maggiore forza compensativa, denotando mera occasionalità del fatto, in assenza di particolari accorgimenti, quali la predisposizione di mezzi o metodologie di spaccio più insidiose e di più difficile accertamento, rifacendosi ad una recente pronuncia – Sez. 6, n. 14592 del 16/02/2021 – che nel riprodurre il principio già enunciato dalle Sezioni unite, ha, tuttavia, precisato i criteri di valutazione, ritenendo che, a fronte dell’aggravante della cessione a minorenni, sia necessario, per inquadrare il reato nella fattispecie lieve, che il fatto sia connotato da particolare modestia quanto alle modalità, ai mezzi ed alle circostanze dell’azione.
Orbene, per il Supremo Consesso, si trattava di un nucleo argomentativo da doversi reputare condivisibile pure in questa occasione.
Ed infatti, quando la sostanza sia ceduta a soggetti minorenni, i parametri di valutazione che condizionano il riconoscimento dell’ipotesi del fatto di lieve entità e che attengono a tutti profili della condotta, investendo mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza, devono essere applicati con il massimo rigore al fine di poter ravvisare la minima offensività del fatto dal momento che la destinazione della sostanza a minorenni rappresenta una modalità della condotta che già di per sé è indice di una maggiore offensività e richiede che gli altri parametri di giudizio abbiano una maggiore forza compensativa così da tradursi, nel caso concreto, in indici di una mera occasionalità del fatto, o di una cessione realizzata senza particolari accorgimenti, con modalità non denotanti una predisposizione di mezzi o metodologie di spaccio insidiose e di più difficile accertamento (così: Sez. 6, n. 14592 del 16/02/2021).
Ebbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, per gli Ermellini, l’ordinanza impugnata aveva motivatamente escluso la sussistenza dell’ipotesi del fatto lieve, valorizzando proprio la frequenza elevata dello spaccio e le sue modalità organizzative, tali da escludere l’occasionalità e la estemporaneità della cessione operata anche nei confronti di soggetti minorenni, atteso che il Tribunale aveva dato atto di come l’indagato disponesse di una vera e propria rete di acquirenti, cui forniva diversi tipi di droghe (hashish, marijuana, cocaina), dando appuntamento agli acquirenti presso la propria abitazione e che molti di quelli identificati, di cui alcuni minori, oltre al fatto che costoro, non solo avevano affermato di essersi rivolti in più di un’occasione all’indagato, ma avevano altresì fornito indicazioni specifiche sui prezzi praticati, tenuto conto altresì delle modalità di spaccio, consistenti nella cessione attraverso una grata dell’abitazione e nell’accettazione di diverse modalità di pagamento, posto che l’indagato riceveva non solo denaro, ma anche buoni pasto e prestazioni presso un parrucchiere, a dimostrazione della pervasività e non occasionalità dell’attività.
Siffatti considerazioni, pertanto, per i giudici di piazza Cavour, erano, di per sé, ed indipendentemente dalla sussistenza dell’aggravante, in grado di escludere il c.d. fatto lieve.
Ciò posto, anche il secondo motivo era stimato parimenti manifestamente infondato, deducendosi in particolare che, a fronte dell’articolazione del ragionamento del giudice del riesame, le argomentazioni introdotte con il motivo di impugnazione erano stimate meramente enunciative ed inidonee ad intaccare la logica e l’efficacia della motivazione, risolvendosi nella mera riproposizione delle richieste presentate al Tribunale del riesame, in principalità, senza alcun effettivo confronto con la motivazione resa nell’ordinanza.
4. Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito quando l’aggravante della cessione di sostanze stupefacenti a soggetto minore di età è compatibile con il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
Difatti, in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, si asserisce che, a fronte dell’aggravante della cessione a minorenni, è necessario, per inquadrare il reato nella fattispecie lieve, che il fatto sia connotato da particolare modestia quanto alle modalità, ai mezzi ed alle circostanze dell’azione, nel senso che, quando la sostanza sia ceduta a soggetti minorenni, i parametri di valutazione che condizionano il riconoscimento dell’ipotesi del fatto di lieve entità e che attengono a tutti profili della condotta, investendo mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza, devono essere applicati con il massimo rigore al fine di poter ravvisare la minima offensività del fatto dal momento che la destinazione della sostanza a minorenni rappresenta una modalità della condotta che già di per sé è indice di una maggiore offensività e richiede che gli altri parametri di giudizio abbiano una maggiore forza compensativa così da tradursi, nel caso concreto, in indici di una mera occasionalità del fatto, o di una cessione realizzata senza particolari accorgimenti, con modalità non denotanti una predisposizione di mezzi o metodologie di spaccio insidiose e di più difficile accertamento.
Tale provvedimento, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare se, pur in presenza dell’aggravante di cui all’art. 80, co. 1, lett. a), d.P.R. n. 309/1990, sia possibile ritenere sussistente il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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