(Annullamento con rinvio)
Il fatto
Il Tribunale di Grosseto assolveva l’imputato dal reato di cui all’art. 365 c.p. perché il fatto non costituiva reato rilevando, anche sulla scorta di linee guida adottate dal Procuratore della Repubblica di Firenze, che potesse escludersi che, con riguardo a lesioni stradali, il sanitario avesse l’obbligo di referto quanto alla prognosi secondaria attestata in certificati stilati a prolungamento dei giorni di malattia, rispetto ad una prima prognosi da altri espressa, seppur per sommatoria si fosse addivenuti ad un periodo di malattia superiore a 40 giorni.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso la decisione summenzionata proponeva ricorso per Cassazione il P.M. presso il Tribunale di Grosseto deducendo violazione dell’art. 365 c.p. ivi sostenendosi che l’assunto, che l’obbligo di referto sia riferibile alla notizia di reato, perseguibile d’ufficio, appresa originariamente, e non al sopravvenuto regime di procedibilità, dovesse ritenersi erroneo in quanto, rispetto al delitto di lesioni stradali, l’obbligo, secondo il ricorrente, sorge in capo al medico che ha rilasciato il certificato con cui si supera la prognosi di giorni di giorni quaranta venendo in rilievo un reato diverso perseguibile d’ufficio e un adempimento funzionale al rispetto dell’obbligo di esercizio dell’azione penale.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto fondato per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito che il delitto di omissione di referto, che ha natura di reato di pericolo, in quanto volto ad assicurare il corretto andamento dell’amministrazione della giustizia attraverso l’invio alla A.G. competente della notizia qualificata di un reato, includente elementi tecnici essenziali ai fini dello svolgimento delle indagini e dell’esercizio dell’azione penale (Sez. 6, n. 51780 del 29/10/2013), è ravvisabile, con riguardo ad una condotta omissiva che risulta apprezzabile nel momento in cui il sanitario viene a trovarsi di fronte ad un caso che può presentare i connotati di un reato perseguibile d’ufficio dovendosi inoltre valutare se il sanitario abbia avuto conoscenza di elementi di fatto dai quali desumere in termini di astratta possibilità la configurabilità di un simile delitto e abbia avuto la coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto (sul punto Sez. 6, n. 9721 del 9/7/1998).
Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, gli Ermellini facevano presente che non era stato contestato che l’imputato, a fronte di un sinistro stradale, dopo una prima diagnosi stilata al Pronto Soccorso da altro sanitario, avesse redatto certificati di prolungamento della prognosi allorché si era dato atto della guarigione con postumi da valutare e dunque, a ben guardare, ad avviso del Supremo Consesso, non vi era dubbio come l’imputato avesse avuto contezza di un periodo di guarigione superiore a quaranta giorni tale da rendere configurabile il delitto di lesioni stradali gravi, di cui all’art. 590-bis c.p. che deve considerarsi reato autonomo, procedibile d’ufficio (Sez. 4, n. 27425 del 24/5/2018).
Di conseguenza, secondo i giudici di piazza Cavour, su tali basi, la valutazione del primo Giudice doveva ritenersi erronea in quanto in contrasto con il tenore e la ratio dell’art. 365 c.p. posto che deve ritenersi come non possa avere valore assorbente, tale da esonerare dall’obbligo sopravvenuto di referto, il primo approccio con una notizia di reato non qualificata ma rilevi invece il fatto che la prestazione sanitaria, non implicante l’assunzione della veste di pubblico ufficiale, abbia posto l’esercente la relativa professione in grado di avvedersi di un reato procedibile d’ufficio tale a quel punto da imporre la redazione del referto.
Considerando quanto osservato in ordine alla natura del reato e alla finalità dell’incriminazione, veniva quindi rimarcato come, in quel momento, fosse sorto l’obbligo di porre l’A.G. in condizione di svolgere indagini in vista dell’eventuale esercizio dell’azione penale essendo inconferente che la persona offesa avesse potuto denunciare il fatto o che eventuali verifiche avessero potute essere effettuate dalla P.G. essendo altresì inconferenti ulteriori accertamenti riguardanti l’effettiva consistenza delle lesioni.
Oltre a ciò, si notava altresì che, nella fattispecie in esame, non si fosse trattato
di mero mutamento del regime di procedibilità bensì di cognizione di un reato diverso, cioè l’autonomo reato di lesioni stradali gravi, in relazione al quale l’obbligo di referto era specificamente insorto al manifestarsi di un diverso periodo di guarigione mentre, per contro, non erano ammissibili in sede di legittimità deduzioni inerenti al merito incentrate sulla rilevanza delle linee guida elaborate dalla Procura Generale di Firenze o sulla applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 365 c.p., comma 2, solo genericamente prospettata in sede di conclusioni.
Conclusioni
La decisione in esame è interessante nella parte in cui si spiega come possa configurarsi il delitto di omissione di referto.
Difatti, in tale pronuncia, dopo essere stato postulato, citandosi giurisprudenza conforme, che il delitto di omissione di referto ha natura di reato di pericolo in quanto volto ad assicurare il corretto andamento dell’amministrazione della giustizia attraverso l’invio alla A.G. competente della notizia qualificata di un reato includente elementi tecnici essenziali ai fini dello svolgimento delle indagini e dell’esercizio dell’azione penale, viene affermato, richiamandosi sempre un precedente conforme, che tale illecito penale è ravvisabile con riguardo ad una condotta omissiva che a sua volta risulta apprezzabile nel momento in cui il sanitario viene a trovarsi di fronte ad un caso che può presentare i connotati di un reato perseguibile d’ufficio dovendosi inoltre valutare se il sanitario abbia avuto conoscenza di elementi di fatto dai quali desumere in termini di astratta possibilità la configurabilità di un simile delitto e abbia avuto la coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto.
Tale pronuncia, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di valutare la sussistenza (o meno) di questo delitto.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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