Quando ricorre la quasi flagranza di reato

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La condizione di “quasi flagranza” presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato.

(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Normativa di riferimento: C.p.p art. 382)

Il fatto

Con ordinanza datata il 5.7.2017, il Giudice monocratico del Tribunale di Napoli Nord non aveva convalidato l’arresto di M. H. e M. A., per il reato di cui agli art. 110 cod. pen. e 256-bis, d. Lgs. 152/2006, perché mancava lo stato di flagranza di cui all’art. 382 cod. proc. pen., siccome la Polizia giudiziaria aveva arrestato i prevenuti esclusivamente sulla scorta di informazioni di terzi e aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per l’incensuratezza dei prevenuti e le modalità rudimentali della condotta che escludevano una prognosi di recidiva, essendo sufficiente l’efficacia special-preventiva del procedimento in corso, nonché per difetto di elementi a sostegno del concreto ed attuale pericolo di fuga perché entrambi avevano collaborato con la Polizia giudiziaria operante, né, sempre ad avviso del giudice di merito, il pericolo avrebbe potuto trarsi sic et simpliciter dalla loro condizione di clandestinità.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Il Pubblico ministero impugnava l’ordinanza per violazione di legge con riferimento agli art. 381-391 cod. proc. pen..
Nel ricorso proposto si assumeva come il Giudice avesse errato nell’escludere lo stato di flagranza o quasi flagranza degli imputati, perché dagli atti era emerso che il 3.7.2017 i Carabinieri avevano ricevuto una telefonata del Comandante pro tempore della Polizia locale di …, il quale aveva riferito che presso il suo ufficio erano stati portati due extracomunitari sorpresi precedentemente in un terreno vicino ad una fossa, scavata a regola d’arte, di mt 2×2,50 e profonda mt 3, nella quale erano stati inceneriti dei rifiuti di cui era ancora in corso la combustione; intorno alla fossa v’erano buste di colore bianco, contenenti cassette di plastica e cassette di legno, oltre ulteriori elementi di plastica.

Era evidente quindi, ad avviso della pubblica accusa, che i Carabinieri erano intervenuti, recandosi negli uffici della Polizia municipale, pochi minuti dopo che i prevenuti erano stati bloccati dagli Operanti della Polizia municipale, nell’atto di incendiare materiale plastico, allertati dalla segnalazione di privati.

Oltre a ciò, si riteneva che, nel caso di specie, vi fosse stata l’immediata ed autonoma percezione, da parte di chi aveva proceduto all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato atteso che i Carabinieri, dopo aver avuto le delucidazioni del caso dalla Polizia locale, si erano recati in sito verificando la combustione.

Si chiedeva pertanto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, essendo stata mal interpretata la norma sulla flagranza o quasi flagranza.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

La Cassazione riteneva il ricorso proposto manifestamente infondato alla stregua delle seguenti considerazioni.
Si evidenziava come il Giudice del Tribunale di Napoli Nord avesse fatto puntuale applicazione del principio di diritto che si ricava dalla pronuncia a Sezioni unite n. 39131/16, PM in proc. omissis, Rv 267591, secondo cui è illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, poiché, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di “quasi flagranza”, la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato mentre nella specie l’arresto era stato eseguito sulla base delle sole indicazioni della persona offesa, riguardanti le generalità dell’aggressore.

Oltre a ciò, si faceva altresì presente come, nelle successive sentenze, fosse stato ribadito il medesimo principio e si citavano a tal proposito le seguenti pronunce: a) Sez. 2, n. 20867/17, omissis, Rv. 270360, che aveva precisato che in caso di arresto nella quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del “reo” con cose o tracce del reato richiede l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le “cose” o le “tracce” del reato, e dunque il susseguirsi, senza soluzione di continuità, della condotta del reo e dell’intervento degli operanti a seguito della percezione delle cose o delle tracce; b) Sez. 4, n. 23162/17, PM in proc. omissis, Rv. 270104, per la quale era stato stimato illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, poiché, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di “quasi flagranza”, la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato; c) Sez. 4, n. 53553/17, PM in proc. omissis, Rv. 271683, secondo cui non era necessario che la polizia giudiziaria avesse diretta percezione della commissione del reato, essendo sufficiente l’immediata percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato.

Posto ciò, una volta delineato questo quadro ermeneutico, gli ermellino osservavano come nel caso di specie fosse pacifico che il verbale di arresto sottoposto alla convalida del Giudice era stato redatto dai Carabinieri e non dalla Polizia municipale la quale aveva chiamato i Carabinieri riferendo che si era recata sul terreno da cui provenivano odori nauseabondi come da segnalazione dei cittadini ed aveva constatato l’attività di combustione in corso di materiale vario (tra cui plastica e legno) oltre alla presenza di due algerini vicino al fossato che avevano dichiarato di lavorare per altro soggetto e di ricevere la paga giornaliera di C 25,00.

A fronte di ciò, i giudici di Piazza Cavour facevano presente che se era vero quello che aveva affermato il Pubblico ministero nel suo ricorso, e cioè che i Carabinieri erano intervenuti pochi minuti dopo che gli indagati erano stati già bloccati dagli Agenti della Polizia municipale e portati al loro Ufficio, era altrettanto vero però che dal verbale, di cui il Pubblico ministero aveva riportato un ampio stralcio, si desumeva come i Carabinieri non avessero constatato di persona i fatti ed avevano proceduto all’arresto sul narrato della Polizia municipale evidenziandosi al contempo che se il Pubblico ministero sosteneva che i Carabinieri, appresi i fatti nel Comando della Polizia municipale, si erano recati sul terreno ove avevano verificato la combustione ancora in corso, tale circostanza veniva reputata irrilevante perché i Carabinieri non avevano potuto verificare di persona il collegamento tra gli algerini arrestati e la combustione, fatto del quale, invece, avevano saputo dalla Polizia municipale e, pertanto, si era al di fuori del caso della quasi flagranza che, secondo quanto rilevato dalla stessa Corte, invece, presuppone pur sempre un’autonoma percezione dei fatti, ivi compresa la riferibilità all’autore, da parte di chi procede all’arresto.

Si denotava infine come il Pubblico ministero non si fosse confrontato con la giurisprudenza delle Sezioni unite citata dal Giudice, ma si era limitato a segnalare una risalente pronuncia del 2007 (la n. 21172/07, PM in proc. omissis, Rv 236671) relativa alle conseguenze dell’accoglimento del suo ricorso in termini di annullamento senza rinvio.
Tal che, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, si dichiarava inammissibile il ricorso.

Conclusioni

La sentenza è sicuramente condivisibile in quanto in essa è stata fatta una corretta applicazione dei criteri ermeneutici elaborati in sede nomofilattica in relazione alla quasi flagranza di reato.

Va da sé che questa pronuncia può essere utilmente presa in considerazione ogniqualvolta gli operatori del diritto, ossia il giudice e il pubblico ministero, da un lato, e la difesa dell’arrestato, dall’altro, si trovino a dover affrontare questa tematica giuridica.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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