Quando si consuma il delitto di omessa presentazione della dichiarazione da parte del sostituto di imposta

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(Ricorso rigettato)

(Riferimento normativo: D.lgs. n. 74/2000, art. 5, c. 2)

Il fatto

Il Tribunale di Roma accoglieva l’istanza presentata personalmente da L.L. , imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 1-bis, volta a chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-bis c.p. e art. 464-bis c.p.p., e s.s..

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento suesposto, l’indagato, per mezzo del difensore di fiducia, proponeva ricorso per Cassazione affidato a un motivo con cui si deduceva la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in riferimento all’art. 2 c.p., comma 1, art. 7, comma 1, CEDU, e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5; in particolare, dopo avere evidenziato l’interesse a ricorrere avverso il provvedimento in esame, come affermato da Cass., Sez. Un., n. 33216 del 2016, ad avviso del ricorrente, il Tribunale avrebbe erroneamente rigettato, richiamando per relationem le argomentazioni contenute nella precedente ordinanza del 12/09/2018, la richiesta di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato; difatti, il difensore osservava come la fattispecie contestata al L. fosse stata introdotta dal D.Lgs. n. 158 del 2015, in vigore dal 22/10/2015 e, per l’anno di imposta 2014, il termine di presentazione della dichiarazione di sostituto d’imposta, originariamente fissato al 31/07/2015, era stato prorogato al 21/09/2015 dal D.P.C.M. 28 luglio 2015; orbene, a fronte di ciò, il legale evidenziava come, nel capo di imputazione, la data del commesso reato fosse indicata nel 21/12/2015 la quale era il risultato dell’aggiunta aritmetica di 90 giorni, operata sull’originaria data di scadenza del 21/09/2015, in forza dell’applicazione del termine di tolleranza previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2. Tal che se ne faceva conseguire che, alla data del 21/09/2015, non sarebbe esistita una fattispecie incriminatrice che puniva l’omessa presentazione della dichiarazione di sostituto d’imposta dato che la “retrodatazione” degli effetti del termine di tolleranza a una data in cui il fatto non costituiva reato avrebbe violato i precetti di cui all’art. 2 c.p., comma 1, e art. 7, comma 1, CEDU.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva dichiarato infondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava prima di tutto in via preliminare che l’art. 464-quater c.p.p., comma 7, nel prevedere il ricorso per cassazione, si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova (per tutti, Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016 – dep. 29/07/2016) il che, ad avviso della Corte, era ravvisabile nel caso in esame.

Ciò posto, gli ermellini, nel fare presente che il D.Lgs. n. 74 del 2000, all’art. 5, comma 1-bis, punisce “chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad Euro cinquantamila”; la norma è stata introdotta dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 5, comma 1, lett. a), in vigore dal 22 ottobre 2015, rilevavano come si trattasse di una nuova incriminazione in quanto, in precedenza, il fatto in esso descritto non era previsto dalla legge come reato.
Orbene, alla stregua di quanto appena esposto, i giudici di piazza Cavour evidenziavano che, a fronte del fatto che, per l’anno di imposta 2014, il termine di presentazione della dichiarazione di sostituto d’imposta, originariamente fissato al 31/07/2015, era stato prorogato al 21/09/2015 dal D.P.C.M. del 28 luglio 2015, a loro avviso, non aveva pregio la tesi del ricorrente secondo cui, al momento della scadenza (21/09/2015), il fatto non era previsto dalla legge come reato essendo la fattispecie incriminatrice entrata in vigore il 22/10/2015 dato che, in forza del termine di tolleranza di 90 giorni, previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2, il reato si era perfezionato il 21/12/2015 ossia alla scadenza dei 90 giorni decorrenti dall’originaria data di scadenza del 21/09/2015.

Tale conclusione, secondo la Corte, da un lato, si ricavava proprio dalla lettura congiunta dei commi 1-bis e 2, laddove il primo punisce “chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta” mentre il secondo stabilisce che “ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine” stante il fatto che l’espressione “non si considera omessa“, utilizzata dal legislatore, fa ritenere che, fino alla scadenza del novantesimo giorno, non solo non sorge la “punibilità” (come, ad esempio, prevede in maniera espressa il D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1-bis, in relazione al reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali) ma difetta un’omissione penalmente rilevante (in altri termini, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, commi 1-bis e 2, la tipicità dell’omissione prende corpo solo allo scadere dell’ulteriore termine dei novanta giorni successivi all’originario termine tributario), dall’altro, trovava supporto nella giurisprudenza della stessa Cassazione secondo cui il termine dilatorio di novanta giorni, concesso al contribuente – ai sensi del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, comma 2, – per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario, non si configura quale elemento di una causa di non punibilità ma costituisce un termine ulteriore per adempiere all’obbligo dichiarativo e per individuare il momento consumativo del reato di omessa dichiarazione previsto al comma 1 del citato art. 5 (Sez. 3, n. 19196 del 24/02/2017 – dep. 21/04/2017) fermo restando che, coerentemente con questa interpretazione, è stato affermato che il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione, di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, decorre dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale (Sez. 3, n. 48578 del 19/07/2016 – dep. 17/11/2016; Sez. 4, n. 24691 del 03/03/2016 – dep. 14/06/2016).

Il Supremo Consesso, di conseguenza, alla luce delle argomentazioni sin qui enunciate, affermava che il delitto di omessa presentazione della dichiarazione da parte del sostituto di imposta si consuma, ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2, allo scadere del termine dei 90 giorni successivi all’originario termine tributario.

Si faceva infine presente che, per quanto riguarda l’annualità di imposta del 2014, al ragionamento difensivo secondo cui l’interpretazione accolta (e appena esaminata) sarebbe lesiva del principio di legalità, come rilevato in dottrina, il sostituto d’imposta – su cui grava l’obbligo di presentazione della dichiarazione in quanto imposto dalla normativa tributaria -, dal 22/10/2015 – data in cui la violazione di quell’obbligo è sanzionata penalmente – ben sapeva che avrebbe avuto tempo fino al 21/12/2015 data di consumazione del reato, per adempiere e, quindi, non commettere il delitto in esame.

La Corte di Cassazione, di conseguenza, rigettava il ricorso proposto e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni

La sentenza in esame è assai interessante nella parte in cui specifica quando si consuma il delitto di omessa presentazione della dichiarazione da parte del sostituto di imposta.

Difatti, una volta fatto presente quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione, di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, decorre dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale, gli ermellini giungevano a postulare che siffatto illecito penale si consuma allo scadere del termine dei 90 giorni successivi all’originario termine tributario.

Orbene, è condivisibile questo approccio argomentativo in quanto, una volta individuato il momento iniziale a partire del quale decorre la prescrizione (novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale), questo periodo non può che riguardare, da un punto di vista temporale, anche il momento in cui cotale si consuma (vale a dire la scadenza del termine di 90 giorni entro cui si deve presentare la dichiarazione): difatti, il “termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione” (art. 168, c. 1, c.p.).

Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale pronuncia, pertanto, non può che essere positivo.

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