Quando si consuma il delitto di truffa contrattuale?

Il delitto di truffa, nella forma per l’appunto cosiddetta contrattuale, si consuma non al momento in cui il soggetto passivo, per effetto degli artifici o raggiri, assume l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma al momento in cui si realizza il conseguimento del bene da parte dell’agente con la conseguente perdita dello stesso da parte della persona offesa.

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 640)

Indice:

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

Il fatto

La Corte di Appello di Perugia, in parziale riforma di una sentenza emessa dal Tribunale di Perugia, in forza della quale l’imputato era stato ritenuto responsabile dei reati di truffa (capo a) e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (capo b) e condannato alla pena ritenuta di giustizia nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede civile ed al pagamento delle spese processuali, dichiarava non doversi procedere in ordine al reato a lui ascritto al capo a) per essersi il reato estinto per prescrizione prima della sentenza di primo grado, revocando le relative statuizioni civili; dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo b) per essersi il reato, nelle more, estinto per prescrizione con conferma delle relative statuizioni civili mentre dichiarava compensate, per metà, le spese processuali, condannandolo al pagamento della restante quota liquidata in euro 800,00 oltre accessori di legge.

In particolare, secondo la prospettazione accusatoria, fatta propria dal giudice di primo grado, l’imputato si era reso responsabile di una truffa contrattuale in danno della parte civile in occasione della vendita di una mietitrebbia alla stessa il cui prezzo doveva essere pagato, in parte, mediante permuta ed, in parte, con la previsione di un finanziamento pari ad euro 48.000,00.

Ciò posto, i giudici di seconde cure, da un lato, ritenevano pure integrata la condotta di cui all’art. 388 comma 4 c.p. di cui al capo b) in quanto l’imputato aveva ceduto a terzi un bene sottoposto a sequestro conservativo di cui era custode, dall’altro, quanto alla condotta di truffa, rilevavano che dal momento che il reato era stato consumato in corrispondenza con la intervenuta cessione del credito, in ordine a tale reato la prescrizione era maturata prima della sentenza di primo grado con la conseguenza che andavano revocate le statuizioni civili e che, ferma restando la ricostruzione del giudice di primo grado in relazione alla condotta di cui al capo b), nelle more del giudizio di appello era maturata la prescrizione anche con riferimento a tale ultimo reato.


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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento emesso dalla Corte territoriale proponeva ricorso per Cassazione i difensori di fiducia della parte civile, deducendo i seguenti motivi: 1) vizio di motivazione quanto alla statuizione relativa al capo a); 2) violazione degli artt.157, 158 e 640 c.p. nonché 1364, 1375 c.c. e 2 Cost. posto che, in relazione alla portata dell’art. 640 c.p. e degli obblighi incombenti sulla parte contraente in forza del dettato di cui all’ art. 1364 c.c. ed in virtù delle previsioni di cui agli artt. 1375 c.c. e 2 Cost. circa il dovere di collaborazione e buona fede in materia di contratti, per la difesa, risultava di tutta evidenza che la truffa si era consumata in relazione a plurimi contratti fra loro collegati che avevano dato vita ad un unico danno, dovendosi, in ipotesi parlare di una truffa a consumazione prolungata.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era ritenuto meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

Si osservava a tal proposito che, nei confronti della sentenza di primo grado che abbia dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come nei confronti della sentenza di appello che tale decisione abbia confermato, è ammissibile l’impugnazione della parte civile ove con la stessa si contesti l’erroneità di detta dichiarazione. (In motivazione la Corte ha precisato che la legittimazione della parte civile ad impugnare deriva direttamente dalla previsione dell’art. 576, comma 1, cod. proc. pen., mentre l’interesse concreto deve individuarsi nella finalità di ottenere, in caso di appello, il ribaltamento della prima pronuncia e l’affermazione di responsabilità dell’imputato, sia pure ai soli fini delle statuizioni civili, e, in caso di ricorso in cassazione, l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile in grado di appello, ex art. 622 cod. proc. pen., senza la necessità di iniziare “ex novo” il giudizio civile) [Sez. U, Sentenza n. 28911 del 28/03/2019 Ud. (dep. 03/07/2019)], con la conseguenza che l’impugnativa in questione proposta dalla parte civile ed avente ad oggetto una sentenza che ha dichiarato, in riforma della sentenza del Tribunale, la prescrizione maturata ante giudizio di primo grado, per gli Ermellini, doveva ritenersi certamente ammissibile.

Il primo motivo proposto era, quindi, reputato fondato, rimanendo assorbito il secondo.

Oltre a ciò, era altresì osservato, fermo restando che il delitto di truffa contrattuale è reato istantaneo e di danno, che il momento della cui consumazione – che segna il “dies a quo” della prescrizione va determinato alla luce delle peculiarità del singolo accordo, avuto riguardo alle modalità ed ai tempi delle condotte, onde individuare, in concreto, quando si è prodotto l’effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente. (Nella specie – in cui l’imputato, fintosi agente di prestigiosa società, con l’impiego di falsa documentazione bancaria, aveva indotto le persone offese ad effettuare investimenti finanziari, percependo il capitale senza corrispondere alcunché, alle scadenze, a titolo di interessi – la S.C. ha ritenuto che il reato fosse estinto per prescrizione, dovendo il relativo termine farsi decorrere dalla realizzazione della condotta tipica e non dalla successiva mancata distribuzione degli interessi, in quanto, già al momento della stipula dei contratti, seguita dai conferimenti di capitale, l’imputato non aveva alcuna disponibilità dei prodotti offerti in vendita) [Sez. 2, Sentenza n. 11102 del 14/02/2017 Ud. (dep. 08/03/2017)], rilevandosi al contempo che il delitto di truffa, nella forma cosiddetta contrattuale, si consuma non al momento in cui il soggetto passivo, per effetto degli artifici o raggiri, assume l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma al momento in cui si realizza il conseguimento del bene da parte dell’agente con la conseguente perdita dello stesso da parte della persona offesa [Sez. 2, Sentenza n. 49932 del 11/12/2012 Ud. (dep. 28/12/2012)].

Il Supremo Consesso, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, disponeva l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili quanto alla fattispecie di cui al capo a), con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui andava rimessa anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.

Conclusioni

La decisione in esame desta un certo di interesse essendo ivi chiarito quando si consuma il delitto di truffa c.d. contrattuale.

Difatti, in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, dopo essere stato postulato che, proprio per quanto concerne questa tipologia di condotta truffaldina, il “dies a quo” della prescrizione va determinato alla luce delle peculiarità del singolo accordo, avuto riguardo alle modalità ed ai tempi delle condotte, onde individuare, in concreto, quando si è prodotto l’effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente, si afferma che il delitto di truffa, nella forma per l’appunto cosiddetta contrattuale, si consuma non al momento in cui il soggetto passivo, per effetto degli artifici o raggiri, assume l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma al momento in cui si realizza il conseguimento del bene da parte dell’agente con la conseguente perdita dello stesso da parte della persona offesa.

Quindi, è partire da questo momento, perlomeno alla stregua di cotale approdo ermeneutico, che si deve ritenere perfezionata siffatta fattispecie criminosa.

Precisato ciò, il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

 

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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