Quando si consuma il reato di acquisto di sostanze stupefacenti

     Indice

  1. La questione
  2. La soluzione adottata dalla Cassazione
  3. Conclusioni

1. La questione

Il Tribunale di Potenza, sezione del Riesame, aveva confermato un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città con la quale era stata applicata all’indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione a due reati ambedue di cui agli artt. 110, 81 cod. pen., 73 DPR 309/90.

Avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato che, tra i motivi addotti, in relazione ad uno dei due capi di accusa, deduceva il fatto che il Tribunale del Riesame non avrebbe sufficientemente risposto alle censure relative alle conversazioni intercettate e alla memoria che evidenziava che dal tenore delle intercettazioni non vi fosse la prova che il ricorrente avesse incontrato il coindagato e che quest’ultimo gli avesse consegnato qualcosa.

Orbene, ad avviso del legale, sulle specifiche censure della difesa non vi sarebbe stata risposta da parte del Tribunale del Riesame.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

Il motivo summenzionato era ritenuto inammissibile in quanto, ad avviso del Supremo Consesso, siffatta doglianza non si sarebbe confrontata con le (reputate) approfondite motivazioni contenute nell’ordinanza impugnata.

Difatti, per gli Ermellini, a fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell’iter argomentativo sviluppato dal Giudice del gravame nell’ordinanza impugnata, il ricorso si sarebbe risolto nella mera sollecitazione di una diversa valutazione su aspetti squisitamente di merito, non consentita in sede di legittimità, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003), rilevandosi al contempo come il ricorso in questione proponesse una (stimata) – parziale – rilettura del contenuto delle intercettazioni, omettendo di confrontarsi con il principio per cui è possibile, in sede di legittimità, prospettare un’interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n.6722 del 21/11/2017, N. 38915 del 2007, N. 11189 del 2012, N. 7465 del 2013).

Di guisa che, nel prospettare una interpretazione minimalista delle fonti di prova, sempre secondo i giudici di piazza Cavour, il ricorrente si sarebbe limitato a ripercorrere i fatti e ad offrirne una lettura alternativa mentre dal testo dell’ordinanza impugnata non era dato ravvisare alcuna disarticolazione del ragionamento probatorio con il quale si ometteva il confronto (Sez. un. n. 8825 del 27/10/2016), prospettando una diversa concludenza delle prove e sostanzialmente richiedendo, in sede di legittimità, una inammissibile rivalutazione dei fatti e dei dati dimostrativi (ex multis Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017).

Ciò posto, con riferimento alla consegna dello stupefacente, considerato che, per la Corte di legittimità, l’odierno ricorrente non aveva in alcun modo ragionevolmente inferito che la stessa non fosse avvenuta, lo stesso aveva, comunque, richiamato la giurisprudenza che ritiene rilevante ai fini della configurazione del reato di cessione nella forma consumata anche il solo accordo.

Orbene, rilevava la Suprema Corte nella decisione qui in commento, costituisce orientamento consolidato e più volte ribadito quello secondo il quale la “consumazione del reato di acquisto di sostanze stupefacenti non richiede la cessione e la conseguente ricezione della droga, perfezionandosi la compravendita con il solo incontro delle volontà del compratore e del venditore” (ex multis Sez. 4, n. 3950 del 11/10/2011); in altri termini, la “fattispecie di acquisto di sostanza stupefacente si consuma allorquando sia stato raggiunto, tra l’acquirente e il venditore, l’accordo sulla quantità, sulla qualità e sul prezzo della sostanza, senza che sia richiesta l’effettiva “traditio” della stessa, sussistendo la quale si configurerebbe la condotta di detenzione” (Sez. 4, n. 6781 del 23/01/2014). 

3. Conclusioni 

La decisione in esame desta un certo interesse specialmente nella parte in cui è ivi chiarito quando si consuma il reato di acquisto di sostanze stupefacenti.

Difatti, si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la fattispecie di acquisto di sostanza stupefacente si consuma allorquando sia stato raggiunto, tra l’acquirente e il venditore, l’accordo sulla quantità, sulla qualità e sul prezzo della sostanza, senza che sia richiesta l’effettiva “traditio” della stessa, sussistendo la quale si configurerebbe la condotta di detenzione.

È dunque sconsigliabile, perlomeno alla luce di tale approdo ermeneutico, intraprendere una linea difensiva che, invece, escluda la consumazione di siffatto illecito penale, solo perché la sostanza stupefacente non è stata consegnata.

Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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