Quando si può ricorrere al differimento facoltativo della pena detentiva ai sensi dell’art. 147 cod. pen., comma primo, n. 2), c.p.

(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimento normativo: C.p., art. 147, c. 1, n. 2)

Il fatto

 Con ordinanza del 27 giugno 2018 il Tribunale di sorveglianza di Messina rigettava, su conforme parere del Procuratore generale, l’istanza, proposta nell’interesse di A. M. in relazione all’esecuzione della pena di trenta anni di reclusione inflittagli dal Tribunale di Catania, con sentenza del 25 marzo 2014, per il reato di omicidio pluriaggravato, compiuto nel 2013 ai danni del cugino, intesa al differimento della pena, ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2), cod. pen., in ragione della grave infermità fisica che affligge il condannato.

Il Tribunale di sorveglianza aveva motivato tale decisione sul rilievo che M. fosse affetto da patologia di tipo esclusivamente psichiatrico che non determinava alcuna incompatibilità alla detenzione palesando una buona risposta al trattamento che gli veniva fornito all’interno della struttura che in atto lo ospitava; conclusivamente codesto Tribunale aveva, comunque, raccomandato alla Direzione della Casa Circondariale in cui M. era ristretto di sollecitare la sua partecipazione alla attività terapeutiche e trattamentali offerte dall’Istituto.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Proponeva, tramite il difensore, avv. V. L. P., ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo con il quale deduceva violazione della legge penale ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 147 e 148 cod. pen., nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen..

Si rilevava, al riguardo, come l’assistito fosse affetto da un grave disturbo della personalità NAS e da un disturbo d’ansia generalizzato e come il perito nominato, nel processo di cognizione, in sede cautelare, prof. D. R., avesse suggerito la sua sottoposizione ad un percorso terapeutico riabilitativo da intraprendere presso una comunità terapeutica assistita.

Si aggiungeva inoltre come il consulente della difesa, prof. P., avesse obiettato che, nonostante il costante monitoraggio e trattamento delle sue condizioni psichiche, egli pativa un progressivo e devastante impoverimento della personalità che avrebbe dovuto imporre il suo trasferimento presso una struttura specializzata, in grado di offrire risorse riabilitative più adeguate al trattamento.

Oltre a ciò, si segnala come i sanitari della Casa circondariale di Barcellona P.G., ove egli era recluso, avesse riferito, nelle relazioni del 24 aprile 2018 e del 24 maggio 2018, che egli manifestava una chiusura che lo portava quasi all’isolamento e che le competenze specialistiche esterne, alle quali predetti sanitari avevano confermato di poter attingere, non risultavano essere mai state coinvolte.

Si rimprovera inoltre al Tribunale di essersi mosso su un piano di osservazione estremamente generico e deficitario, privo di un’organica disamina degli elementi necessari a vagliare la sussistenza della dedotta incompatibilità, trincerandosi dietro la considerazione superficiale che non poteva ammettersi il differimento, trattandosi di patologia esclusivamente psichiatrica.

Il ricorrente riteneva, conclusivamente, che il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto, quantomeno, ricorrere all’ausilio di un perito al fine di rimuovere i dubbi avanzati dalla difesa, con il conforto del parere di un autorevole esperto, in ordine all’attitudine del mero trattamento farmaceutico, che si traduceva, in ultimo, nello «stordimento» del condannato, a salvaguardarne la salute psichica, sottoposta ad un inesorabile e progressivo deterioramento, e la stessa dignità di M..

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva dichiarato inammissibile alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si osservava prima di tutto come il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen. si fondi sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali (art. 3 Cost.), su quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27 Cost.) e, infine, su quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell’individuo (art. 32 Cost.).

Chiarito ciò, gli ermellini denotavano come il giudice, quindi, al cospetto di una richiesta di differimento dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, sia tenuto a valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all’interno dell’istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata del trattamento e dell’età del detenuto, a loro volta soggette ad un’analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato, e ciò anche in ragione del fatto che in tal senso si è attestata la giurisprudenza di legittimità ferma nel ritenere che in «tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell’art. 147 cod. pen., comma primo, n. 2), è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività (Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, omissis, Rv. 258406)».

Tal che se ne faceva discendere come la decisione, in casi di questo tipo, debba essere il frutto dell’equilibrato bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza ed indefettibilità della pena e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un’esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, che non consente il mantenimento della restrizione carceraria che finisca con il rappresentare una sofferenza aggiuntiva intollerabile da vivere in condizioni umane degradanti (in questo senso cfr. tra le altre, Sez. 1, n. 3262 del 01/12/2015, dep. 2016, omissis, Rv. 265722) fermo restando che detto bilanciamento deve essere estrinsecato attraverso una motivazione compiuta, ancorché sintetica, che consenta la verifica del processo logico decisionale ancorato ai concreti elementi di fatto emersi dagli atti del procedimento.

Una volta conclusa questa disamina di ordine prettamente giuridico, i giudici di piazza Cavour facevano presente come, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Messina, nel respingere l’istanza di differimento della pena per motivi di salute proposta nell’interesse di M., avesse fatto corretto uso dei principi sopra indicati essendo stato evidenziato da parte del giudice di merito che la patologia la quale affliggeva il condannato sarebbe stato adeguatamente curabile in costanza di detenzione ricorrendo, se del caso, all’ausilio di specialisti esterni, come attestato dalla relazione sanitaria di aggiornamento trasmessa dalla Casa circondariale ove egli era, in atto, ristretto, ed aggiunto che anche il perito nominato dalla Corte di assise di appello di Catania, prof. D. R., aveva concordato sull’idoneità dell’allocazione di M. presso la Casa circondariale di Barcellona P.G., struttura a vocazione psichiatrica e dotata di reparto per la tutela della salute mentale.

Oltre a ciò, si considerava ulteriormente che dal diario clinico, non emergendo alcun elemento critico e che, anzi, M. offriva una buona risposta al trattamento fornito all’interno della struttura che lo ospita, veniva pertanto, seppur implicitamente, escluso che il mantenimento dello stato di detenzione di M. potesse tradursi in un trattamento inumano o degradante e che, considerato l’ampio monitoraggio sanitario garantito dalla struttura penitenziaria, fossero necessari ulteriori approfondimenti medici in punto di compatibilità delle condizioni di salute col regime carcerario.

Si riteneva di conseguenza come le argomentazioni addotte dal Tribunale di Sorveglianza apparissero scevre da vizi logici e giuridici e, anzi, conformi ai principi affermati dagli artt. 27, comma 3, e 32 Cost., in quanto tenevano conto delle complessive condizioni di salute e di detenzione — e quindi della concreta adeguatezza del trattamento terapeutico assicurato nel caso specifico (sul punto, cfr. Sez. 1, n. 30495 del 05/07/2011, omissis, Rv. 251478) — e le rapportavano alla pericolosità sociale del detenuto.

A fronte di ciò, osservavano i giudici di legittimità ordinaria in tale pronuncia, il ricorrente, per contro, da un lato, si era limitato a confutarle dolendosi della motivazione sottesa al provvedimento impugnato e ad insistere su una rivalutazione di elementi fattuali, non consentita in sede di legittimità, oltre che sul parere formulato dal consulente di parte con il quale il tribunale di sorveglianza si era tuttavia adeguatamente confrontato spiegando per quali ragioni aveva ritenuto di disattenderlo e così attenendosi ai principi di diritto sopra evocati, dall’altro, aveva errato nell’imputare al Tribunale di sorveglianza di essere pervenuto al rigetto dell’istanza di differimento dell’esecuzione della pena sul rilievo della natura meramente psichiatrica della patologia che affliggeva il condannato evincendosi con chiarezza dal provvedimento impugnato che la decisione era invece scaturita dal positivo riscontro della compatibilità tra le condizioni di salute di M. e lo stato detentivo, onde perfetta coerenza sussisteva, anche sotto questo versante, tra l’ordinanza del tribunale di sorveglianza e la normativa di riferimento.

Di talchè se ne faceva discendere come le contestazioni difensive, riferite all’affermazione di compatibilità dello stato di salute con la restrizione carceraria, apparissero, pertanto, inammissibili, perché manifestamente infondate e tendenti a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti esclusivamente attinenti all’apprezzamento del merito, che risultava invece essere correttamente operato.

Volume consigliato 

Balistica forense

Tra tutte le scienze forensi, la balistica è forse quella che più spazia per tipologia di esami e varietà di conoscenze da acquisire. La presente opera nasce dalla volontà di far comprendere anche ai non addetti ai lavori quali siano i reperti e le tracce che si possono trovare sulla scena del crimine attraverso l’impiego di armi da fuoco e, nel contempo, di delineare la natura e la potenzialità delle tecniche scientifiche utilizzabili. Il testo è pensato anche come ausilio per i professionisti nel campo giudiziario e, pertanto, si prefigge di discutere il complesso mondo della balistica forense con un linguaggio chiaro e comprensibile anche per le persone non necessariamente dotate di formazione scientifica. Seguendo questi obiettivi, l’opera si sviluppa in un percorso logico che ripercorre quello dell’indagine balistica reale, iniziando dal primo sopralluogo sulla scena del crimine, per giungere alla fase di approfondimento e rielaborazione finale delle evidenze raccolte. Sebbene venga data naturale enfasi al settore della balistica, la trattazione dei vari argomenti viene comunque resa con un approccio multidisciplinare al problema, prestando quindi la necessaria attenzione ai reperti e alle competenze delle altre branche delle scienze forensi. Il testo dedica una prima parte alla descrizione delle attività di sopralluogo e di repertamento delle tracce. Poi, si concentra sugli esami tecnici di laboratorio esperibili sui reperti e sulle tracce e si sofferma, con molta attenzione, sulla comparazione balistica: fondamentale strumento di indagine che permette di identificare l’arma usata nel delitto dall’analisi dei reperti balistici. Infine, sviluppa il tema della ricostruzione della dinamica di svolgimento dell’azione di fuoco e dell’individuazione dell’autore del reato. La trattazione degli argomenti proposti è arricchita da numerose immagini esplicative e da case report, riferiti a indagini balistiche reali, utili per agganciare la teoria con le attività pratiche svolte sul campo. Emanuele Paniz Nato a Belluno nel 1975, si è laureato in Fisica a Padova nel 2000. Arruolato nel 2002 come Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, sino al 2018 ha operato presso il RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche) di Messina e Parma svolgendo di persona centinaia di indagini balistiche, anche di rilevanza nazionale. Congedato dall’Arma con il grado di Tenente Colonnello, attualmente ricopre l’incarico di Direttore Generale del Banco Nazionale di Prova per le Armi da Fuoco Portatili e per le Munizioni Commerciali.

Emanuele Paniz | 2019 Maggioli Editore

28.00 €  26.60 €

Conclusioni

La sentenza in questione è sicuramente condivisibile.

Nell’affermare difatti che, in tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell’art. 147 cod. pen., comma primo, n. 2), è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività, si fa un buon governo di consolidati principi di diritto elaborati in subiecta materia.

Ogniqualvolta dovesse sorgere una situazione processuale di questo genere, ben potrà essere presa nella dovuta considerazione questa decisione al fine di elaborare una valida strategia difensiva.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale pronuncia, dunque, si ribadisce, non può che essere positivo.

 

 

Sentenza collegata

68397-1.pdf 164kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento