Querela presentata durante la sospensione dei termini a causa della pandemia

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 30549 del 25 luglio 2024, ha fornito chiarimenti in merito alla querela presentata durante la sospensione dei termini a causa della pandemia.

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Corte di Cassazione – Sez. II Pen. – Sent. n. 30549 del 25/07/2024

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Indice

1. I fatti

Il Tribunale di Locri ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in relazione al delitto di cui all’art. 641 cod. pen. ritenendo l’azione penale improcedibile per la intempestività della querela, proposta all’insorgere dell’emergenza pandemica da Covid-19.
Avverso tale decisione è stato proposto ricorso per Cassazione dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Locri deducendo erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 124 cod. pen., all’art. 83, comma 2, d.l. 18 del 2020 ed all’art. 11 del d.l. 43 del 2020. Nello specifico, è stato dedotto che, per effetto delle disposizioni indicate, il termine per la proposizione della querela era stato sospeso e che, quindi, la querela doveva ritenersi tempestiva.
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2. Querela presentata durante la sospensione dei termini a causa della pandemia: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel ritenere fondato il ricorso, ha osservato che, durante la pandemia, fu adottato il d. 18 del 2020 che, all’art. 83, comma 2, aveva stabilito che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali“.
Secondo una prima lettura, la sospensione dei termini avrebbe riguardato anche quello stabilito per la proposizione della querela, dovendo considerarsi l’art. 124 cod. pen. una norma “procedurale” anche se non processuale in senso stretto.
Secondo altri, non risultando alcun riferimento all’art. 124 cod. pen., la sospensione non avrebbe, invece, riguardato quel termine che è funzionale all’adozione di un atto prodromico all’instaurarsi del procedimento penale.
Ad ovviare a questo dubbio, è giunto il c.d. “Decreto rilancio” (d.l. 34 del 2020) il quale ha chiarito che “per il periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e l’11 maggio 2020 si considera sospeso il decorso del termine di cui all’art. 124 del codice penale”.
Questo ha scatenato ulteriori dubbi sulla legittimità della retroattività della norma “sfavorevole al reo”, ma la Suprema Corte ha chiarito che il problema non si pone laddove la disposizione di nuovo conio sia qualificata come una norma meramente interpretativa, diretta, cioè, a chiarire quanto già (sia pure implicitamente) previsto nel testo originario del decreto.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione chiarisce che la natura interpretativa della norma escluderebbe “il profilo di retroattività con effetto deteriore per il reo, non consentito dal combinato disposto degli artt. 25 Cost. e 2 cod. pen..
Questa, ad avviso della Suprema Corte, è una soluzione che risulta coerente con la ratio dell’intervento normativo che era stata quella di ridurre al minimo gli spostamenti delle persone, nonché le riunioni in generale e l’attività degli studi legali in particolare.
Per questi motivi, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata con conseguente rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

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