(Le novità introdotte dal Decreto Legge 9 giugno 2021, n. 80)
Premessa
A distanza di pochi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del Decreto Legge 31 maggio 2021, n. 77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure), noto anche come Decreto Semplificazioni-bis[1], il Governo italiano ha adottato il Decreto Legge 9 giugno 2021, n. 80 (Misure urgenti per il rafforzamento della capacita’ amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia), destinato anch’esso, sul piano sistematico, alla costruzione della cornice normativa necessaria all’attuazione delle misure contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza[2] (appresso PNRR), trasmesso alla Commissione Europea lo scorso 31 maggio 2021.
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 9 giugno 2021 (Serie generale n. 136), in base alle previsioni contenute all’articolo 19, è entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione. Contestualmente alla sua pubblicazione in Gazzetta, è stato avviato in Senato l’iter di conversione in legge con la presentazione di un apposito disegno di legge[3].
Già ribattezzato da più parti come “Decreto Assunzioni” (o “Decreto Reclutamento”) – per via delle molteplici norme che autorizzano assunzioni di personale da destinare alle attività di attuazione, gestione, monitoraggio e controllo, degli obiettivi del PNRR – il DL 80/2021 è strutturato in due Titoli, suddivisi in due Capi ciascuno, per un totale di diciannove articoli e quattro allegati.
Scopo del presente articolo è richiamare l’attenzione sui contenuti generali dell’odierno provvedimento normativo, con particolare riferimento al concetto di capacità amministrativa e all’introduzione di un nuovo strumento di programmazione imposto alle pubbliche amministrazioni.
Le novità del DL 80/2021: non solo assunzioni
Il DL 80/2021, sul piano funzionale, presenta una portata e un impatto che vanno ben oltre il perimetro della materia “assunzioni” nelle pubbliche amministrazioni come, invece, lascerebbe intendere il titolo breve riferito in premessa.
Per rendersene conto è sufficiente richiamare l’attenzione sul tenore letterale della rubrica che accompagna l’odierno provvedimento e sulle rubriche dei singoli Titoli e Capi che lo compongono. Fatto questo semplice esercizio risulta oltremodo evidente che la definizione di “Decreto Assunzioni” (o “Decreto Reclutamento”), non solo, non è esauriente, ma, a ben vedere, è anche sostanzialmente errata o, quanto meno, fuorviante. Essa coglie solo uno degli aspetti (le assunzioni) di un complesso processo di (ri)organizzazione della pubblica amministrazione che il Governo intende innescare e portare avanti.
Indubbiamente, l’apporto di nuove risorse umane – da destinare ai diversi settori/organi della pubblica amministrazione e della giustizia – rappresenta un elemento fondamentale per l’attuazione delle missioni comunicate a Bruxelles, soprattutto dopo anni di blocco del turnover imposto da politiche di contenimento della spesa pubblica. Allo stesso tempo però, il mero dato assunzionale, ancorché riferito a profili qualificati, non può considerarsi fattore di per sé sufficiente a garantire il raggiungimento di tali missioni.
Ciò non deve affatto stupire perché, assumendo una prospettiva di analisi di tipo manageriale[4], le risorse umane sono solo uno dei fattori, assieme alle risorse finanziarie e a quelle strumentali, che assumono rilevanza per qualsiasi attività gestionale. É dall’impiego congiunto di tutte tali risorse che dipende, in concreto, la capacità (appunto manageriale) di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Proprio nel concetto di “capacità”, e più dettagliatamente nel rafforzamento della cd. capacità amministrativa, deve individuarsi il valore funzionale dell’intero impianto normativo recato dal DL 80/2021.
Con tale decreto il legislatore nazionale, infatti, ha voluto stimolare e rafforzare la capacità amministrativa della pubblica amministrazione, quale scelta strategica per l’attuazione degli obiettivi del PNRR.
Più che di “Decreto Assunzioni/Reclutamento” sarebbe, quindi, più corretto parlare di “Decreto sulla capacità amministrativa”.
Capacità amministrativa
Non esiste una norma che definisca il concetto di capacità amministrativa. Si tratta di un concetto complesso, quasi sfuggente, quanto meno per due ordini di motivi.
In primo luogo, perché si presta ad essere letto e analizzato da molteplici punti di vista con l’effetto che, l’unico approccio utile per cercare di avvicinarne l’esatto contenuto, appare essere quello multidisciplinare. In questo senso, nel concetto di capacità amministrativa sembrano convivere, per così dire, due componenti: una giuridica e una economico-gestionale.
In secondo luogo, perché la capacità amministrativa, sul piano fattuale e operativo, tende ad assumere geometrie e contenuti variabili, tanto nel tempo quanto nello spazio. Infatti, le iniziative e le strategie che possono essere valutate come espressione di un buon livello di capacità amministrativa, in un determinato momento e con riferimento ad un determinato contesto amministrativo/istituzionale, non è detto che lo siano anche in futuro, riguardo allo stesso contesto di riferimento, o che lo siano, nella stessa unità di tempo, riguardo ad un contesto amministrativo/istituzionale differente.
Sul piano giuridico – come spesso accade quando manca una norma definitoria – per mettere a fuoco il significato della capacità amministrativa, può risultare utile ragionare in termini “negativi”, stabilendo cosa essa non è. A tal riguardo deve osservarsi che la capacità amministrativa non è un tertium genus di capacità che si affianca a quella giuridica e a quella di agire. Essa non individua un particolare status giuridico riconosciuto dall’ordinamento in presenza di determinati fatti ritenuti giuridicamente rilevanti e, per l’effetto, non attribuisce, al soggetto giuridico cui essa inerisce, facoltà e poteri altrimenti prima inesistenti.
Chiarito ciò che la capacita amministrativa “non è”, per metterne meglio a fuoco il contenuto è necessario assumere (anche) una prospettiva di tipo economico-gestionale.
In questo senso, la capacità amministrativa può essere definita come l’attitudine, l’abilità e l’idoneità, da valutare in concreto e non in astratto, di una determinata pubblica amministrazione ad esercitare le proprie funzioni e, conseguentemente, a raggiungere gli obiettivi assegnati dall’ordinamento con le risorse (finanziarie, umane e strumentali) messe a sua disposizione o comunque dalla stessa reperibili[5].
La capacità amministrativa rappresenta, in sintesi, la capacità della pubblica amministrazione di attendere e svolgere le proprie funzioni[6].
Ad avallare la ricostruzione in questi termini della capacità amministrativa, a ben vedere, è indirettamente lo stesso legislatore nazionale che, proprio nel DL 80/2021 qui in esame, utilizza le espressioni “capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni” e “capacità funzionale della pubblica amministrazione” in modo sostanzialmente equivalente[7]
Obiettivo dell’odierno decreto legge non è, quindi, come sopra si è cercato di precisare, la mera inaugurazione di una stagione di assunzioni nella pubblica amministrazione, piuttosto, il rafforzamento della capacità amministrativa/funzionale di quest’ultima. Detto in altri termini, le assunzioni previste da DL 80/2021, devono essere lette in chiave strumentale a innescare detto rafforzamento.
Da un’analisi complessiva e attenta del provvedimento normativo in esame risulta poi chiaramente che, detta politica di assunzioni, non è stata l’unica strategia messa in campo dal legislatore per stimolare il rafforzamento di cui si è appena detto. Egli, infatti, ha operato anche a livello di programmazione introducendo un nuovo strumento: il Piano integrato di attività e organizzazione (appresso per brevità “Piano”).
Piano integrato di attività e organizzazione
La disciplina relativa al Piano è contenuta all’articolo 6 del DL 80/2021.
Previsto come obbligatorio per le pubbliche amministrazioni – escluse le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative – di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165[8], con più di cinquanta dipendenti, detto Piano è chiamato a definire, su base triennale e con aggiornamento annuale, diversi profili di interesse dell’attività e dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni.
In particolare, attraverso tale strumento devono essere definiti aspetti quali:
- obiettivi programmatici e strategici della performance, secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 10, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (cd. “Decreto Brunetta”);
- strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo;
- obiettivi formativi annuali e pluriennali;
- reclutamento di nuove risorse e valorizzazione delle stesse;
- strumenti e fasi per giungere alla piena trasparenza[9] dell’attività e dell’organizzazione amministrativa nonché per raggiungere gli obiettivi in materia di anticorruzione;
- elenco delle procedure da semplificare e reingegnerizzare ogni anno, anche mediante il ricorso alla tecnologia e sulla base della consultazione degli utenti, nonché la pianificazione delle attività inclusa la graduale misurazione dei tempi effettivi di completamento delle procedure effettuata attraverso strumenti automatizzati;
- modalità e azioni finalizzate a realizzare la piena accessibilità alle amministrazioni, fisica e digitale, da parte dei cittadini ultrasessantacinquenni e dei cittadini con disabilità ;
- modalità e azioni finalizzate al pieno rispetto della parità di genere, anche con riguardo alla composizione delle commissioni esaminatrici dei concorsi.
Si tratta di contenuti decisamente eterogenei che riguardano diversi aspetti dell’attività e dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni.
Del Piano, e dei successivi aggiornamenti, è prevista la pubblicazione, entro il 31 dicembre di ogni anno, sul sito istituzionale della singola amministrazione tenuta alla relativa adozione e, inoltre, la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, per la pubblicazione (anche) sul relativo portale. Siamo dunque in presenza di un doppio livello di pubblicità istituzionale (articolo 6, comma 4, DL 80/2021).
Al fine di semplificare l’adozione in concreto del Piano è prevista la definizione di un “Piano tipo”. Alla relativa predisposizione è chiamato il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, entro il medesimo termine indicato al comma 4 dell’articolo 6 qui in commento[10], previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. All’interno del Piano tipo devono essere previste “modalità semplificate per l’adozione del Piano ….. da parte delle amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti” (articolo 6, comma 6, DL 80/2021).
Il chiaro riferimento alla necessità di individuare delle modalità semplificate di costruzione del Piano, per le amministrazione con meno di cinquanta dipendenti, lascia intendere che, sebbene non obbligate, queste ultime possano comunque autodeterminarsi nel senso di adottare tale nuovo strumento di programmazione.
Un tratto peculiare dell’odierno Piano è senza dubbio il suo carattere integrato, sia nel senso, come sopra indicato, di una evidente eterogeneità dei contenuti, sia soprattutto nel senso che, attraverso lo stesso, si vuole realizzare una vera e propria “concentrazione” di piani, programmi e previsioni, già disciplinati da altre normative di settore.
Depongono in questo senso le previsioni contenute al comma 5, dell’articolo 6, del DL 80/2021, secondo le quali “Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti del Presidente della Repubblica,adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati e abrogati gli adempimenti relativi ai piani assorbiti da quello di cui al presente articolo”.
Come per ogni altro strumento di programmazione, anche per il Piano de quo, fisiologica e vitale è l’esigenza di prevedere modalità e forme di verifica e monitoraggio dell’attuazione degli obiettivi in esso individuati. Infatti, solo grazie ad esse è possibile valutare la congruità delle azioni messe in campo e, all’occorrenza, ponderare la necessità di misure correttive.
Un’esigenza questa che è particolarmente evidente laddove, come nel nostro caso, lo strumento di programmazione presenti un’architettura pluriennale con aggiornamento annuale.
A conferma della centralità del tema del controllo, l’articolo 6, comma 3, del DL 80/2021, prevede che “Il Piano definisce le modalità di monitoraggio degli esiti, con cadenza periodica, inclusi gli impatti sugli utenti, anche attraverso rilevazioni della soddisfazione dell’utenza mediante gli strumenti di cui al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonché del monitoraggio dei procedimenti attivati ai sensi del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198”.
Dunque, in buona sostanza, ciascun Piano deve prevedere le modalità di monitoraggio periodico dello stato di attuazione degli interventi e delle azioni programmate. Si tratta, con ogni evidenza, di un contenuto obbligatorio. Vista l’ampiezza della norma qui richiamata è facile ritenere che, dalla redazione del Piano tipo, potranno derivare indicazioni di maggior dettaglio sul punto.
Dal canto suo il legislatore si limita a richiamare l’attenzione su alcuni strumenti di rilevazione quali, quello afferente la soddisfazione dell’utenza, previsti dal D.Lgs. n. 150/2009[11] e quello afferente il monitoraggio dei procedimenti attivati ai sensi del D.Lgs. 198/2009[12].
La mancata adozione del Piano è sanzionata al comma 7, dell’articolo 6, del DL 80/2021, per il quale “trovano applicazione le sanzioni di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ferme restando quelle previste dall’articolo 19, comma 5, lettera b), del decreto-legge 25 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.”.
Si tratta di un impianto sanzionatorio decisamente importante, tanto per le figure dirigenziali, quanto per la singola amministrazione pubblica inadempiente.
Infatti, è fatto divieto di erogare la retribuzione di risultato ai dirigenti che, per omissione o inerzia nell’adempimento dei propri compiti, abbiano concorso alla mancata adozione del Piano e, quanto all’amministrazione inadempiente, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati. Non solo, laddove la mancata adozione del Piano sia dipesa da omissione o inerzia dell’organo di indirizzo politico-amministrativo della singola amministrazione, l’erogazione dei trattamenti incentivanti e delle premialità è fonte di responsabilità amministrativa del titolare dell’organo che ne abbia dato disposizione e che abbia concorso alla mancata adozione del Piano (articolo 10, comma 5, D.Lgs. 150/2009).
A tutto ciò devono poi aggiungersi anche le sanzioni ex articolo 19, comma 5, lettera b), del Decreto Legge 25 giugno 2014, n. 90, espressamente fatte salve dalla norma[13].
La disciplina del Piano termina, infine, con una clausola di invarianza contenuta al comma 8, dell’articolo 6, del D.Lgs. 80/2021, in forza della quale “All’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.”
Conclusioni
Con il DL 80/2021 continua l’impegno del Governo nell’adozione delle misure legislative previste all’interno del PNRR[14].
Nuove assunzioni di personale e introduzione del Piano integrato di attività e organizzazione, sono le due principali azioni individuate per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni.
Ancora una volta (dopo il DL 77/2021) la pubblica amministrazione o, più in generale, la sua attività, è al centro della decretazione d’urgenza del Governo, ampiamente consapevole del fatto che è proprio lì che c’è necessità di intervenire onde evitare che, nei relativi ingranaggi, possano incagliarsi gli interventi attuativi del PNRR.
É sicuramente presto per capire se quanto finora previsto sarà in grado di soddisfare le esigenze di efficienza ed efficacia da più parti auspicate, ad ogni modo, le direttrici[15] lungo le quali si stanno orientando questi primi provvedimenti sembrano essere quelle giuste.
Note
[1] Per un’analisi delle modifiche introdotte dal DL 77/2021, alla L 241/1990, sia consentito rinviare a mio precedente articolo “Le modifiche alla legge 241/1990 introdotte dal decreto semplificazioni bis” già pubblicato su questa rivista e reperibile al link: https://www.diritto.it/le-modifiche-alla-legge-241-1990-introdotte-dal-decreto-semplificazioni-bis/
[2] Per un quadro dei contenuti di detto Piano si rinvia a dossier illustrativo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, del 27 maggio 2021 (http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/DFP28.pdf?_1623223226218).
[4] Senza dubbio applicabile anche alla pubblica amministrazione a seguito della privatizzazione del pubblico impiego e, con essa, della separazione della funzione di indirizzo politico, propria degli organi elettivi, da quella gestionale, rimessa invece ai dirigenti (pubblici).
[5] Nella storia del diritto pubblico italiano, non è affatto raro rinvenire altri esempi di concetti dotati di una natura complessa proprio come si è qui cercato di sottolineare con riguardo alla capacità amministrativa. Il precedente forse più illustre è rappresentato dal concetto di “buon andamento della pubblica amministrazione” codificato all’articolo 97, comma 2, della Costituzione la cui declinazione, in termini di efficacia, efficienza ed economicità, si è avuta solo in termini relativamente recenti.
[6] Per questa sua dimensione “funzionale” la capacità amministrativa può essere considerata, per certi versi, come un indice con il quale ponderare, a livello di singola amministrazione, la declinazione del principio “buon andamento della pubblica amministrazione” ex articolo 97 della Costituzione.
[7] Ciò, ad esempio, è particolarmente evidente confrontando la rubrica del DL 80/2021 e del relativo Titolo primo, con quella del Capo primo del medesimo Titolo.
[8] E quindi, tenuto conto dell’esplicita esclusione delle “scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative”, sono tenute alla relativa adozione: tutte le amministrazioni dello Stato, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
[9] Per un quadro generale della recente evoluzione del principio generale della trasparenza dell’attività amministrativa, sia consentito rinviare a mio precedente articolo “Trasparenza: l’evoluzione continua di un principio generale dell’attività amministrativa” già pubblicato su questa rivista e reperibile al link: https://www.diritto.it/trasparenza-levoluzione-continua-di-un-principio-generale-dellattivita-amministrativa/ .
[10] Poiché il comma 4, dell’articolo 6, del DL 80/2021, fissa al 31 dicembre di ogni anno il termine per la pubblicazione del Piano – e dei relativi aggiornamenti – sul sito istituzionale dell’amministrazione tenuta alla relativa adozione, è ragionevole ritenere che il “Piano tipo” dovrà essere adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in termini utili per consentire il rispetto di tale scadenza. Il tutto, ovviamente, salve eventuali proroghe che non è escluso potranno intervenire già in sede di conversione del DL 80/2021.
[11] Il riferimento, in particolare, dovrebbe essere all’articolo 19-bis del D.Lgs. 150/2009 concernente la partecipazione dei cittadini al processo di misurazione della performance organizzativa e alla connessa rilevazione del loro grado di soddisfazione in merito alle attività e servizi erogati dall’amministrazione.
[12] Il D.Lgs. 198/2009 ha attuato le previsioni contenute all’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari pubblici.
[13] In base alla norma testé richiamata, salvo che il fatto costituisca reato, si applica, nel rispetto delle norme previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, una sanzione amministrativa non inferiore nel minimo a euro 1.000,00 e non superiore nel massimo a euro 10.000,00.
[14] In base alla programmazione contenuta nel PNRR tali misure legislative sono in totale 53 tra decreti-legge, leggi delega, leggi e decreti legislativi.
[15] “Semplificazioni”, con il DL 77/2021, e “rafforzamento della capacità amministrativa”, con il DL 80/2021.
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