La decisione che segue dell’ A.G. del Lavoro di Reggio Calabria affronta la questione del diritto alle differenze retributive conseguenziali all’ assegnazione a mansioni superiori di pubblico dipendente distaccato ad espletare la propria attività presso un consorzio, nonché quella del diritto all’ ottenimento del risarcimento danni per lesione alla identità professionale, costituente species del danno esistenziale quale “ specie particolare di danno esistenziale”- Cass. n. 8904/2003. L’ inquadramento di fattispecie risarcitorie, sussumibili sotto i principi giurisprudenziali di estensione dell’ area del danno risarcibile e di atipicità dell’ illecito ex art. 2043 c.c. che ha condotto alla enucleazione di nuove ipotesi di pregiudizio strettamente non patrimoniali seppure oggetto di quantificazione in sede civile ( danno alla salute, danno biologico, danno alla vita di relazione, danno estetico, danno da perdita di chance, danno da mobbing, danno da contrattazione collettiva, danno all’ identità professionale, da demansionamento e da dequalificazione, danno esistenziale, ecc. ecc. ) , ha esplicato effetti anche in sede contabile con riferimento ai giudizi di responsabilità amministrativo-patrimoniale – effetti particolarmente evidenti in sede di rivalsa. Pertanto, non soltanto vi è stata l’ emersione di ulteriori tipologie di nocumento erariale sostanziatesi nel danno all’ immagine, da disservizio, da tangente e via dicendo, ma anche di figure parallele a quelle prettamente civilistiche. Per cui se – ad esempio – da una pronunzia civile come quella in allegato – segue un esborso finanziario a carico del resistente, ciò potrà integrare ipotesi di danno pubblico scaturente da distacco del lavoratore e da contenzioso per demansionamento e dequalificazione – danno ragguagliabile alla sorte liquidata in sentenza oltre ad oneri accessori di legge e spese di lite e agli eventuali compensi liquidati da parte convenuta al proprio difensore se esterno al consorzio. In capo al convenuto incombe l’ obbligo di denunzia erariale alla competente Procura regionale in ragione del successivo esborso finanziario sia esso in via amministrativa che esecutiva a prescindere dall’ eventuale gravame.
Per inciso, allorquando il danno viene arrecato da un dipendente pubblico altrove distaccato o comandato ad amministrazione diversa da quella di appartenenza, si configura il cosiddetto danno obliquo.
PROSECUZIONE DEL VERBALE D’UDIENZA DEL 14/6/2006 nella controversia */*
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ex art. 281 sexies cpc
1.Parte ricorrente espone di essere dipendente del *, con la qualifica di funzionario presso l’ufficio n. 3 Ragioneria e Bilancio, di essere stato distaccato, a far data dal 18.1.1999, presso la S , con la qualifica di responsabile amministrativo, esercitando le relative mansioni senza soluzione di continuità sino al 3.9.2001, data in cui ha ripreso servizio presso il Consorzio. Deduce di avere inutilmente rivendicato il diritto all’inquadramento nella qualifica di Capoufficio, ai sensi dell’art. 13 St. lav. Lamenta la mortificazione professionale , derivante anche dall’essere rimasto inoccupato per lunghi periodi. Situazione sfociata in una depressione. Deduce quindi la lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità nel luogo di lavoro.
Chiede pertanto il riconoscimento del diritto all’inquadramento nella qualifica di responsabile amministrativo , con condanna del convenuto al pagamento delle differenze retributive a far data dal 18.1.1999 ed al risarcimento del danno.
Il Consorzio, costituendosi in giudizio, contesta la fondatezza della domanda, di cui chiede l’integrale rigetto.
2.Occorre in primo luogo chiarire il petitum del ricorso.
Il ricorrente chiede il riconoscimento del diritto all’inquadramento nella qualifica superiore di Responsabile amministrativo a far data dal 18.1.1999.
Si tratta però di una qualifica non espressamente menzionata dalla declaratoria contrattuale. Si rende pertanto necessario appurare quale qualifica possa dirsi oggetto della richiesta del ricorrente.
Dal tenore del ricorso si evince che la qualifica chiesta è quella di Capo Ufficio. Ciò che emerge dal riferimento contenuto nella seconda pagina del ricorso: “.. con nota del 10.05.2002, il ricorrente ha rivendicato il riconoscimento della qualifica di Capoufficio, .. atteso che il richiedente ha esercitato per oltre tre mesi continuativi le mansioni di Responsabile Amministrativo”.
Nel prosieguo del ricorso si legge che avverso il provvedimento con cui era stata disposta la rassegnazione del ricorrente all’ufficio n. 3, il C “ha esposto le proprie ragioni di censura .. richiamando il contenuto della richiesta del 10.5.2002 e reiterando la domanda di riconoscimento della qualifica superiore”.
Non vi è alcun passaggio del ricorso che possa far ritenere che il ricorrente abbia inteso modificare la propria pretesa rispetto a quella indicata nella nota del 10.5.02, con cui aveva chiesto per l’appunto la qualifica di Capo Ufficio.
Ne consegue che la richiesta , avanzata all’udienza del 28.1.04 – volta ad ottenere il riconoscimento del profilo di Capo Servizio – è da ritenersi contenga una mutatio libelli e pertanto è inammissibile.
Come infatti si evince dalla Pianta Organica dell’1.6.01, l’ufficio è articolazione interna del servizio. Il compito di responsabile del servizio può ritenersi rientri nel livello dirigenziale. Il profilo di responsabile dell’ufficio è da sussumere nella qualifica di quadro.
3.Ciò chiarito, e venendo al merito, risulta che con provvedimento del 14.1.1999, il Direttore Generale del Consorzio …ha disposto il distacco dell’odierno ricorrente , a far data dal 18.1.99, presso la S …… , al fine di esercitare le mansioni di responsabile amministrativo.
Tale distacco è stato revocato con delibera del 6.8.01 ed il ricorrente ha cessato di prestare attività lavorativa presso la S il 3.9.2001.
Che si sia trattato di vero distacco, è dato desumere dalla presenza di un effettivo interesse dell’ente distaccante, consistente nell’adempimento di una clausola (punto 8) dell’accordo parasociale convenuto tra i soci della S , di cui il Consorzio fa parte (ciò è detto esplicitamente nelle delibere del 14.1.1999, del 6.8.01, nella richiesta del 22.12.98). In facto, è risultato poi il carattere temporaneo dell’assegnazione.
Da ciò discende l’applicabilità alla fattispecie in esame del principio enunciato dalla giurisprudenza secondo cui “Le prestazioni che il lavoratore – pur restando alle dipendenze del proprio datore di lavoro – renda in favore di organismi promozionali dell’attività assistenziale in azienda (art. 11 della legge n. 300 del 1970), possono far sorgere il diritto alla qualifica corrispondente alle mansioni superiori, che gli sono state assegnate dal terzo beneficiario delle prestazioni lavorative, ove ricorrano, nella concreta fattispecie, i requisiti per la configurazione di un "distacco" (interesse, del datore di lavoro distaccante, a che il proprio dipendente presti l’opera a favore del terzo; temporaneità del distacco, intesa nel senso che questo duri solo per il tempo in cui persista siffatto interesse) e le mansioni rese a favore del terzo risultino "omogenee", rispetto a quelle precedentemente rese al datore di lavoro e, più in generale, presentino i requisiti richiesti dalla contrattazione collettiva ai fini dell’inquadramento del prestatore nella qualifica superiore pretesa” (Cassazione civile, sez. lav., 20 giugno 1990, n. 6181).
“La prestazione espletata dal lavoratore presso il terzo beneficiario fa sorgere il diritto alla qualifica corrispondente alle mansioni superiori, che gli sono state assegnate dal terzo medesimo ove ricorrano, nella concreta fattispecie, i requisiti per la configurazione di un "distacco" (interesse, del datore di lavoro distaccante, a che il proprio dipendente presti l’opera a favore del terzo; temporaneità del distacco, intesa nel senso che questo duri solo per il tempo in cui persista siffatto interesse) e ove le mansioni rese a favore del terzo risultino "omogenee", rispetto a quelle precedentemente rese al datore di lavoro e, più in generale, presentino i requisiti richiesti dalla contrattazione collettiva ai fini dell’inquadramento del prestatore nella qualifica superiore pretesa” (Corte appello Milano, 4 maggio 2001).
In ordine al requisito dell’omogeneità delle mansioni, esso va riconosciuto in considerazione dell’elevata qualifica. E’ avviso di questo giudice che quanto più sia elevato il profilo professionale , tanto meno rigida debba essere la configurazione da dare al requisito dell’omogeneità. Quanto più elevato è il livello professionale, tanto meno il patrimonio professionale è circoscrivibile in competenze specifiche e settoriali (il saper fare), e tanto più si sostanzia in capacità generiche, adattabili a disparati contesti organizzativi e produttivi (prevale il saper come fare).
4.Reputa questo giudice che dall’istruttoria sia emerso che il ricorrente abbia svolto mansioni superiori rispetto a quelle svolte prima del distacco ed a quelle cui è stato assegnato dopo la cessazione del distacco.
In particolare dalla prova testimoniale è risultato che l’odierno ricorrente impartiva le direttive in via esclusiva a otto collaboratori addetti a sette servizi e che rispondeva del proprio operato al solo Presidente.
Il carattere superiore della predette mansioni rispetto a quelle di preposto all’ufficio n. 3 è desumibile dal diretto rapporto intercorrente tra l’odierno ricorrente ed il Presidente della S. Laddove tra l’odierno ricorrente e il Direttore Generale del Consorzio convenuto sussiste la figura del Caposervizio.
Precisamente, ad avviso di questo giudice , le mansioni disimpegnate dall’odierno ricorrente durante il distacco sono sussumibili quanto meno nel livello Q2, mentre quelle assegnate prima e dopo il distacco sono sussumibili nel livello Q1 della declaratoria del CCNL 2000.
Ciò che differenzia il livello Q2 dal livello Q1 è la grande complessità di strutture tecnico-organizzative.. nelle quali viene espletata l’attività lavorativa nonché(la) particolare importanza e strategicità dell’attività lavorativa in relazione ai fini dei Consorzi ed Enti.
La grande complessità è arguibile dal fatto che l’odierno ricorrente si è occupato dell’amministrazione dell’intera S, per come risulta dalla delibera del 5.11.1998 del Consiglio d’amministrazione della S nonché dalla richiesta della S datata 22.12.1998.
Va pertanto dichiarato il diritto del ricorrente ad essere inquadrato nella qualifica Q2 , a decorrere dal 19.4.99, ossia dal 91° giorno successivo al provvedimento di distacco.
E’ consequenziale la condanna della parte resistente alla corresponsione delle differenze retributive a far data dal 18.1.99.
5.In ordine al quantum, dalla ctu – le cui risultanze questo giudice ritiene di far proprie ed alle quali si riporta – è emerso che le differenze retributive tra il livello Q1 e il livello Q2 , per il periodo tra il gennaio 1999 ed il 5.3.2003 – data del deposito del ricorso – ammontano a complessivi € 13.133,26. Su questa somma spettano la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma originaria annualmente rivalutata.
6.Va rigettata la domanda nella parte in cui si chiede il risarcimento del danno biologico, per insufficiente ed inidonea allegazione.
Parte ricorrente si è limitata infatti a far riferimento ad una sindrome depressiva, senza precisare se tale patologia abbia avuto carattere temporaneo o permanente, e senza determinare il grado d’invalidità derivato.
7.Va invece accolta la domanda nella parte in cui chiede il risarcimento del danno esistenziale (nel ricorso si discorre di lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità nel luogo di lavoro), discendente dalla dequalificazione.
Reputa questo giudicante che nel caso in oggetto si sia verificato un danno esistenziale, sub specie di danno all’identità professionale (il quale danno costituisce – ha precisato la S. C. , n. 8904/2003 – “una specie particolare di danno esistenziale”).
Come per ogni danno esistenziale, anche il danno all’identità professionale deve raggiungere quella soglia di apprezzabilità consistente, ad avviso di questo giudice, nell’idoneità ad incidere in modo, per così dire, strutturale su almeno una delle fondamentali dimensioni dell’esistenza (qual è indubbiamente la dimensione lavorativa). Non è sufficiente cioè un qualsiasi dover agire altrimenti, ma è necessario che tale dover agire altrimenti si consolidi nel tempo in modo da acquisire la consistenza di un’amputazione o di un considerevole pregiudizio ad una dimensione strutturante l’esistenza. Tale consolidamento si determina, in caso di sottrazione di mansioni, ove determini un’effettiva dispersione del patrimonio professionale. Non è sufficiente cioè il pericolo di depauperamento del patrimonio professionale – pericolo insito nell’illegittima sottrazione di un incarico – , occorrendo che tale pericolo si concretizzi comportando un’effettiva dispersione del corredo di nozioni e abilità che sostanziano l’identità professionale.
Per dirla con le parole della recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 6572/2006, occorre ravvisare un’alterazione delle abitudini di vita, dello stile di vita. E’ imprescindibile quindi il decorso di un certo lasso di tempo, perché possa rinvenirsi il danno esistenziale da dequalificazione.
Ora, ad avviso di questo giudice, l’assegnazione a mansioni inferiori, in concreto meno gratificanti, protratta per un congruo periodo di tempo, sostanzia un’alterazione del pregresso equilibrio esistenziale e del pregresso consolidato assetto relazionale.
Il periodo di tempo decorso il quale può determinarsi un danno esistenziale sub specie di danno non patrimoniale professionale, secondo questo giudice, può in linea di principio essere fissato in 6 mesi, in caso di mansioni ad alta obsolescenza, siccome implicanti l’esigenza di un continuo aggiornamento professionale, e in 12 mesi, in caso di mansioni a bassa obsolescenza.
Nel caso di specie, l’assegnazione a mansioni inferiori, al momento del deposito del ricorso, si era protratta per 18 mesi. Atteso il carattere elevato del profilo professionale e la complessità dell’attività lavorativa, è plausibile ritenere che si tratti di mansioni implicanti la necessità di un continuo aggiornamento professionale. E dunque, si può ritenere che il danno esistenziale si sia prodotto a partire dal decorso di 6 mesi dalla cessazione del distacco; quindi dal 6.2.2002.
Nella determinazione dell’importo del danno esistenziale da dequalificazione, la retribuzione appare congruo parametro di riferimento. Precisamente, a secondo delle circostanze del caso concreto, va fissata una percentuale dell’ammontare delle retribuzioni spettanti per il periodo durante il quale si è protratta l’assegnazione a mansioni inferiori. Percentuale che, fatta salva sempre la peculiarità dei casi concreti, può in linea di principio (tenendo conto dei precedenti della giurisprudenza di merito) oscillare tra 1/5 ed 1/3 della retribuzione.
Nel caso di specie, non essendo stati provati elementi comprovanti una particolare gravità o una particolare tenuità delle conseguenze dannose, tale percentuale può essere determinata in misura pari a ¼ della retribuzione spettante per il periodo di dequalificazione eccedente il lasso di tempo ritenuto necessario per il consolidarsi del danno; dunque, nel caso in esame eccedente i 6 mesi.
Prendendo a riferimento, quale retribuzione media spettante nel periodo in questione, l’importo di € 2.600,00, moltiplicato l’importo pari ad ¼ (€ 650,00) per 12 mesi (18 – 6), si giunge alla cifra di € 7.800,00.
Dunque parte resistente deve corrispondere al ricorrente la complessiva somma di € 20.933,26, oltre alla rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma originaria annualmente rivalutata.
8.L’inammissibilità della domanda proposta in corso di causa, il rigetto parziale della domanda induce a compensare per 1/3 le spese processuali, ponendo a carico del convenuto la restante parte , che si liquida come in dispositivo.
Vanno poste per intero a carico del convenuto le spese di ctu, che si liquidano in complessivi € 350,00, di cui 340,00 per onorario, oltre IVA e CP come per legge, in favore del dott……
Reggio Calabria, 14.6.06
Il Giudice
N. Sapone
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