Non tutti i beni passano in eredità. Non tutti i rapporti obbligatori si trasmettono con l’eredità. (Il presente articolo è estratto dall’e-book “Gestire l’eredità -Guida pratica per la gestione della successione ereditaria propria o altrui”, a cura di Giovanni Turina)
Indice
1. Beni e diritti che si trasmettono
Si trasmettono i diritti reali, tranne quelli che presuppongono l’esistenza in vita del defunto: uso, usufrutto ed abitazione non si trasmettono.
Si trasmettono i rapporti negoziali, tranne quelli basati sul rapporto fiduciario tra il defunto e l’altro contraente: i contratti intuitu personae. Il contratto tipico in oggetto è il mandato, ma lo sono anche i contratti d’opera professionale ed i negozi fiduciari.
Si trasmettono anche i debiti del defunto: essi comprendono il capitale, e gli interessi maturati e maturandi (ossia: fino al saldo). I debiti gravano sugli eredi in proporzione delle rispettive quote (cfr. art. 754 c.c.). Quindi ciascuno paga per la percentuale in cui partecipa utilmente alla massa ereditaria. L’eccezione però è a carico del debitore-erede: se infatti un creditore del de cuius promuove un giudizio in danno di uno solo dei coeredi, e questi non fa valere l’art. 752 c.c., sarà chiamato a rispondere dell’intero debito ereditario. Dovrà eventualmente poi agire in via di regresso in danno degli altri co-debitori (con possibili difficoltà dettate dalla mancata integrazione del contraddittorio). Cass. civ., sentenza n. 6431 del 31/03/2015 dice, espressamente, che “L’art. 754 cod. civ., per il quale gli eredi rispondono dei debiti del “de cuius” in relazione al valore della quota nella quale sono stati chiamati a succedere, si interpreta nel senso che il coerede convenuto per il pagamento di un debito ereditario ha l’onere di indicare al creditore la sua condizione di coobbligato passivo, entro i limiti della propria quota, sicché, integrando tale dichiarazione gli estremi dell’istituto processuale della eccezione propria, la sua mancata proposizione consente al creditore di chiedere legittimamente il pagamento per l’intero.”. Da segnalare la recente Cass. civ., sentenza n. 3391 del 03/02/2023 per cui “Il coerede che sia stato convenuto in giudizio per il pagamento di un debito ereditario è tenuto ad eccepire la propria qualità di obbligato “pro quota”, in virtù dell’esistenza di altri coeredi, mentre, laddove tale qualità sia sopravvenuta all’inizio di un processo originariamente introdotto nei confronti del “de cuius”, tra i coeredi si instaura una condizione di litisconsorzio necessario processuale, applicandosi conseguentemente la regola di cui all’art. 754 c.c., secondo la quale ciascuno di essi risponde, nei confronti del creditore, nei limiti della propria quota ereditaria.”.
Lo stesso non vale per i crediti ereditari, ossia non vengono beneficiati gli eredi “direttamente” e “pro quota”. I crediti dell’eredità, infatti, partecipano all’attivo ereditario e verranno ripartiti solo in sede divisionale.
Si trasmettono anche i diritti potestativi, ossia quei diritti dove la volontà unilaterale di un soggetto produce effetti nella sfera giuridica di un altro soggetto, senza che quest’ultimo possa opporvi. Si trasmettono i seguenti diritti potestativi, come ad esempio il diritto di riscatto nella vendita con patto di riscatto (cfr. art. 1500 c.c. per cui “Il venditore può riservarsi il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalle disposizioni che seguono. Il patto di restituire un prezzo superiore a quello stipulato per la vendita è nullo per l’eccedenza”).
Si trasmette il diritto di accettare l’eredità, come dispone l’art. 479 c.c. (“Se il chiamato all’eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi. Se questi non sono d’accordo per accettare o rinunziare, colui che accetta l’eredità acquista tutti i diritti e soggiace a tutti i pesi ereditari, mentre vi rimane estraneo chi ha rinunciato. La rinuncia all’eredità propria del trasmittente include rinunzia all’eredità che al medesimo è devoluta”). “Si trasmette”, dunque, anche la rinuncia.
Si trasmettono ovviamente le posizioni processuali (se il defunto era parte nel processo, il processo si interrompe e può/deve essere continuato dagli eredi) ed i crediti per risarcimento dei danni di qualsivoglia natura.
Si trasmettono, infine, i rapporti tributari (debiti di imposta, così come eventuali crediti IVA).
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2. Beni e diritti che non si trasmettono
Non si trasmettono:
- diritti personalissimi (diritto al nome, onore, libertà e riservatezza. Il diritto agli alimenti. Il diritto al riconoscimento di paternità);
- status relativi alla famiglia;
- rapporti di diritto pubblico (multe o ammende anche di carattere penale, licenze di commercio, etc.);
- diritti reali che presuppongono l’esistenza in vita del defunto: uso, usufrutto ed abitazione non si trasmettono;
- contratti intuitu personae, dove cioè la persona del de cuius è elemento essenziale del contratto. Il mandato, ad esempio, è un contratto intuitu personae. Lo stesso dicasi per i contratti di prestazione d’opera professionale;
- contratto di locazione, quando non vi sono eredi conviventi o persona convivente more uxorio
3. Rapporti pendenti del defunto
Trattiamo dei rapporti pendenti del defunto, ossia dei rapporti obbligatori da questi trattenuti in vita.
Abbiamo visto che i contratti intuitu personae (es. mandato, contratto di prestazione d’opera professionale, etc.) non continuano, mentre gli altri sì. C’è una successione nel contratto.
Ciò ha significativo impatto sui rapporti con banche ed altri istituti di credito, assicurazioni, contratti di locazione.
Alla base dell’apertura ed attività di un conto corrente bancario c’è un contratto in essere con la banca di riferimento.
È onere (ed obbligo) degli eredi comunicare alla banca che il suo cliente è deceduto. La banca, da quel momento, congelerà in tutto oppure in parte il conto corrente esistente, e tutti i dossier titoli eventualmente presenti.
A questo punto, occorre fare le specificazioni del caso.
Il conto corrente può infatti essere intestato, o no:
- se il c/c è cointestato ed è a gestione disgiunta (come nella prassi: ognuno preleva o deposita senza l’assenso degli altri cointestatari) allora i cointestatari superstiti sono liberi di gestire la propria quota, mentre gli eredi devono liquidare la quota del defunto oppure continuare il rapporto bancario. La banca per la liquidazione chiede, oltre alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà dello stato di famiglia del defunto, anche la dichiarazione di successione. Nella mia esperienza, alcune banche hanno bloccato (cioè imposto l’inoperatività) anche la parte di terzi, ossia dei soggetti del tutto estranei alle vicende successorie;
- se il c/c è cointestato ed è a gestione congiunta il conto viene congelato. L’attività successiva è quella spiegata qui sopra;
- se il c/c non era cointestato, ossia il defunto era l’unico titolare, la prassi è quella sopra indicata;
- in tutti i casi devono essere restituiti alla banca i blocchetti degli assegni, se esistenti, carte di credito e di debito, e quanto nella disponibilità del de cuius.
Medesima sorte hanno i dossier titoli bancari: azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni di investimento, libretti postali etc. passano nell’attivo ereditario.
Per quanto riguarda le assicurazioni sulla vita del defunto, come già evidenziato in questo testo, la liquidazione che spetta ai superstiti è un loro diritto iure proprio. In sostanza, non fa parte della massa ereditaria. L’unica voce rilevante sotto questo profilo è la somma corrisposta dal defunto alla società di assicurazione a titolo di premio assicurativo: tale importo sostanzia una donazione indiretta a favore dei beneficiari finali, quantomeno così dispone la giurisprudenza di legittimità.
Il de cuius potrebbe essere stato parte, al momento della sua morte, di un contratto di locazione: come proprietario, oppure come conduttore.
Se era conduttore (inquilino) di un immobile ad uso abitativo il contratto continua con gli eredi che erano con lui conviventi (più la persona del convivente more uxorio anche se non formalizzato in coppia di fatto). Lo dispone l’art. 6 della L. 392/1978. I non conviventi non succedono nel rapporto: il contratto si risolve di diritto per morte dell’inquilino. Se ci sono canoni non pagati, il debito è degli eredi pro quota.
Se era conduttore (inquilino) di un immobile ad uso non abitativo, succede l’erede che può continuare la sua attività professionale (cfr. art. 37 L. 392/1978). Quella degli eredi è una facoltà e non un obbligo.
L’art. 1614 c.c. stabilisce che “nel caso di morte dell’inquilino, se la locazione deve ancora durare per più di un anno ed è stata vietata la sublocazione, gli eredi possono recedere dal contratto entro 3 mesi dalla morte. Il recesso si deve comunicare mediante disdetta comunicata con preavviso non inferiore a 3 mesi.”
Se il de cuius era locatore si segue la disciplina generale: subentrano a lui i suoi eredi, previa comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Ovviamente, tale subentro è qualificato come accettazione tacita dell’eredità.
Se il defunto era titolare di partecipazioni in società, occorre fare un distinguo.
Se il de cuius era socio di una società di persone occorre vedere cosa dice l’atto costitutivo ed, in generale, gli accordi negoziali tra soci.
Se il de cuius era socio di una società di capitali in genere ciò è ininfluente: le quote, o le azioni, passeranno agli eredi (si tratta di beni comuni, in quote proporzionali alle quote ereditarie).
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